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“28 anni dopo” di Danny Boyle

Sì, lo so, sarà un mese che non pubblico nulla e il motivo è presto detto: sto leggendo Pensieri lenti e veloci di Kahneman, saggio davvero molto interessante ma per nulla scorrevole (sono a metà). Detto questo, era anche parecchio che non andavo a farmi rapinare al cinema (10,50 euro) ed eccomi quindi qui a (s)parlarti di 28 anni dopo di Danny Boyle, seguito di 28 giorni dopo (quell’altra roba in mezzo nemmeno la consideriamo), questa volta senza Cillian Murphy, che resta solo in veste di produttore.

La trama, per questo tipo di film, è a mio parere pressoché inutile, ma comunque… Il virus si è evoluto e la Gran Bretagna è stata abbandonata dal resto del mondo, che invece vive tranquillamente. Quello che vediamo noi è una comunità su un’isoletta minuscola che è riuscita a isolarsi dalla terraferma, raggiunngibile solo con la bassa marea tramite una strada presidiata. Qui un padre, Aaron Taylor Johnson, cerca di preparare il figlio agli orrori causati dal virus, mentre sua moglie ha evidenti problemi di testa dovuti a una qualche sconosciuta malattia. La faccio breve: il figlio scappa con la madre sulla terraferma in cerca di un medico, Ralph Fiennes, che vive isolato tra i morti. Mi fermo.

Il film è scritto da Alex Garland (Ex Machina, Men, Civil War…) e questo avrebbe potuto renderlo qualcosa di grandioso, tuttavia – neanche tanto per colpa del sopravvalutato Danny Boyle – si colloca anonimamente nel filone zombie (perché alla fine è di questa salsa che si parla, virus o non virus). È brutto? È bello? Mah… Ormai il canone del genere è talmente standardizzato che, seguendo le regole base, è anche difficile tirare fuori una ciofeca (molto di più, una qualche novità). È, appunto, anonimo, dimenticabile. Come tutti gli altri è eterno debitore del genio di Romero e non sarà certo l’evoluzione del virus, che crea fantomatici elementi più intelligenti denominati Alpha, a renderlo memorabile.

Un film da piattaforma online, non da cinema, considerato il costo. Non vale l’investimento. Credo che l’ultimo film ad essermi piaciuto di questo genere, dopo quelli del già citato Romero, sia stato World War Z, fosse anche solo per la presenza di Brad Pitt. Pare che ci saranno altri due seguiti, sempre con Garland alla scrittura ma non con Boyle alla regia. Non che cambi qualcosa, questa volta, davvero, non credo sia colpa di Boyle (che, chiariamolo, ha fatto film divertenti, ma non capisco proprio l’adulazione nei suoi confronti). Siamo a livelli di The Walking Dead, nulla di più. D’altra parte, se ci si riflette, in comune hanno anche l’inizio della serialità (alla faccia delle innovazioni): un uomo si risveglia dal coma in ospedale e nel frattempo nel mondo è successo qualcosa…

Una nota: il film è interamente girato con l’Iphone. Non si nota e questo la dice lunga sull’evoluzione della tecnologia.

“La pelle fredda” di Albert Sánchez Piñol

Un giovane ex combattente per l’indipendenza irlandese decide di ritirarsi a lavorare, come incaricato per la registrazione degli agenti atmosferici, su una minuscola isola della Patagonia. Al momento dello sbarco, aiutato dall’equipaggio della nave, perlustra il fazzoletto di terra, largo poco più di un chilometro. Sono presenti solo due strutture: la casa del suo predecessore – del quale non vi è più traccia – e un faro, il cui guardiano, tale Batís Caffó, pare totalmente impazzito. Nonostante i suggerimenti del comandante, il giovane decide di fermarsi e assolvere al proprio compito. Durante la prima notte subisce un forte attacco da parte di creature dall’aspetto umanoide ma con pelle di pesce, si difende sbarrando porte e finestre e combattendo anche con i denti. Dal giorno successivo, tenta di entrare in contatto con il guardiano del faro e ottenere qualche risposta sui misteri che circondano l’isola. Ma Batís Caffó è tutt’altro loquace e per nulla disposto a condividere la sua postazione fortificata. Anche perché Batís Caffó vive con una di queste creature che, a prima vista, pare essere una sua schiava… Mi fermo.

Un paio di anni fa ho visto Cold Skin – La creatura di Atlantide e, onestamente, non lo ricordo come un gran film (l’ho rimesso in lista, così ripasso e cerco di capire). Avevo però deciso di leggere comunque La pelle fredda, il romanzo di Albert Sánchez Pinol dal quale il film è stato tratto. Non ricordo perché, forse semplicemente perché mi attraggono molto le storie e le ambientazioni con i fari (tipo i recenti The Lighthouse e The Vanishing). Il libro l’ho recuperato con colpevole ritardo, anche perché mi è piaciuto parecchio, il fatto che l’abbia letto in tre giorni ne è la prova.

Lo stile ricorda in qualche modo i classici di Verne o di Wells, tuttavia le tematiche sessuali presenti nella trama lo “svecchiano” discostandolo dai classici che, appunto, di sesso non potevano/volevano parlarne. La sensazione diventa quindi quella di una storia d’altri tempi raccontata in modo realistico. Un po’ come se L’uomo invisibile avesse sfruttato davvero (strizzatina d’occhio, strizzatina d’occhio) i proprio poteri, per capirci.

Io non voglio svelarti troppo di questo romanzo, ma i temi trattati sono sicuramente profondi, sebbene la trama vada avanti con un certo grado di leggerezza (non sempre in modo veloce, tuttavia). L’introspezione continua del protagonista e il conflitto con il nemico/alleato Batís Caffó si prestano a molteplici interpretazioni che riguardano la natura umana e, in un certo modo, il concetto dell’eterno ritorno. I mostri marini – le ranacce, come le chiama Caffó – sono fuori e dentro l’isola, fuori e dentro l’animo. È difficile stabilire chi sia il nemico di chi, dove stia il Bene e il Male e il confine tra quello che attrae e quello che respinge.

Un romanzo che sicuramente ti consiglio, anche per la capacità dell’autore di portarti su quell’isola insieme ai suoi personaggi, tanto da chiederti se, alla fine, anche tu non sia un po’ Batís Caffó.

“L’estate dei morti viventi” di John Ajvide Lindqvist

Doverosa premessa: non siamo di fronte a un romanzo sugli zombie del tipo de La notte dei morti viventi di Romero o di quelli più recenti di The walking dead. Questo per chiarire da subito la situazione: morti viventi, sì, ma di una razza un po’ diversa da quelli a cui siamo abituati (o assuefatti).

Terzo libro di Lindqvist che leggo e, forse, quello che dei tre mi ha entusiasmato meno, sebbene sempre originale nel trattare un tema noto in modo inconsueto. Lo “Stephen King svedese”, così come viene spesso definito, ha comunque dalla sua la capacità di creare atmosfere caratteristiche e avvolgenti, che ti tirano dentro in una sorta di angoscia riflessiva tipica del suo stile.

In L’estate dei morti viventi a risvegliarsi sono circa 2000 deceduti svedesi che, semplicemente, non fanno nulla. Qualcuno di loro parlotta in modo sconclusionato ma, in pratica, la gran parte si limita a vegetare. Il romanzo segue le vicende di tre famiglie, ognuna con un morto fresco e riesumato, che devono vedersela non tanto con i morti quanto con il signifcato della morte, della vita e dell’esistenza nel suo complesso. Quello di Lindqvist è un horror spirituale/riflessivo, non cannibale e mostruoso. Cosa succederebbe alla società se accadesse che…? Ecco.

Detto questo, il romanzo mi è comunque parso riuscito per 3/4, un po’ come se gli mancasse qualcosa nel significato. La deriva metafisica è interessante ma non mi ha soddisfatto del tutto. Non aggiungo altro perché sarebbe impossibile non spoilerare.
Lindqvist non ha scritto molti libri – mi pare otto in totale – procederò oltre, in ordine cronolgico potendo, visto che quelli che ho già letto sono proprio i primi tre.

Libri che ho letto di Lindqvist:
Lasciami entrare (2006)
L’estate dei morti viventi (2008)
Il porto degli spiriti (2010)

“Endurance” di Alfred Lansing

L’incredibile viaggio di Shackleton al Polo Sud.

Che libro, che avventura, che storia incredibile. Questo è qualcosa che DEVI leggere, te lo dico subito, senza mezzi termini. Un racconto di altri tempi, altri valori, un racconto di vita vera, vita che vale la pena di essere vissuta. Trecento pagine di una vicenda irripetibile ai giorni nostri, nelle medesime condizioni. La ricostruzione del giornalista Alfred Lansing utilizza documenti dell’epoca e i diari dei partecipanti alla spedizione e ti fa salire a bordo dell’Endurance, insieme a Sir Ernest Shackleton.

endurance relitto
Endurance tra i ghiacci

1 agosto 1914, Shackleton e un equipaggio di ventisette uomini partono diretti verso il Polo Sud, a bordo della goletta Endurance. L’obiettivo è quello di attraversare, poi, l’Antartide a piedi, per primi nella storia. Le cose non vanno per il verso giusto e questi uomini si trovano bloccati tra i ghiacci, dove l’Endurance viene prima stritolata e poi affonda (il relitto è stato recentemente individuato a 3000 metri di profondità). Seguono mesi di sofferenza, cammini forzati e soste su banchi ghiacciati in balia delle correnti. Un’isola, una speranza, ma non è la fine: è inospitale. 22 uomini restano a terra, cibandosi di foche e pinguini, 6 – Shackleton compreso – ripartono su una baleniera da sei metri e attraversano 650 miglia del mare più difficile del pianeta, con onde da 30 metri e nessun tipo di riparo. Non è ancora finita, devono anche attraversare a piedi un’isola con cime da 3000 metri per raggiungere una zona frequentata da altri esseri umani. Un’odissea interminabile che, nel complesso, giunge a conclusione due anni dopo la partenza.

Questa è l’avventura vera: il non sapere cosa ti troverai di fronte. Nessuna tecnologia, temperature a -30°, tempeste di ghiaccio. Shackleton e i suoi uomini hanno fatto cose impossibili, anche per l’uomo moderno, in anni in cui il GPS sarebbe comparso solo nei libri di fantascienza. Hanno dovuto anche sacrificare 60 cani che sarebbero serviti a trainare le slitte, alcuni di questi sono stati mangiati nei periodi in cui foche e pinguini migravano altrove. Non è il paradiso degli animalisti, certo, ma offre una buona idea del livello, non tanto di disperazione, quanto di determinazione nella sopravvivenza.

endurance relitto
Endurance relitto

endurance relitto

Due anni interi tra i ghiacci. L’agonia di chi aspetta a casa e perde la speranza. Il non sapere di quei 22 uomini lasciati indietro che attendono i 6 partiti sulla baleniera, senza in realtà essere certi se questi arriveranno mai da qualche parte o se nessuno tornerà più. Gli arti che si congelano, le infezioni e, ancora, il freddo, il freddo vero. I vestiti bagnati, sempre bagnati. I sacchi a pelo che si sfaldano per l’acqua di mare che li corrode.

Un resoconto di 300 pagine può solo fare vagamente immaginare quello che sia accaduto e la dimensione dell’avventura e la forza di questo equipaggio e del suo capo. Ripeto: vite vere, vite degne di essere vissute.
E una dimensione epica che probabilmente, oggi, non esiste più.

 

Libri sul genere storie vere/sopravvivenza estrema che ti consiglio perché mi sono piaciuti molto (ecco perché non c’è Walden di Thoreau nell’elenco):
12 anni schiavo di Solomon Northup (1853)
La verità sul Titanic di Archibald Gracie (1913)
Endurance di Alfred Lansing (1°ed. 1959 – Tea 2009)
Papillon di Henri Charrière (1969)
Tabù di Piers Paul Read (1974)
Verso il Polo con Armaduk di Ambrogio Fogar (1983)
127 ore di Aron Ralston (2004)
Wild di Cheryl Strayed (2012)
Fuga dal Campo 14 di Blaine Harden (2012)

Nella serie Exploits di Corbaccio:
La conquista del K2 di Ardito Desio (1954)
Nelle terre estreme di Jon Krakauer (1996)
Aria sottile di Jon Krakauer (1997)
Z – La città perduta di David Grann (2005)

“Fuoco nella polvere” di Joe R. Lansdale

Un po’ di intro su cose che non hanno a che fare con il romanzo di Lansdale, chiamiamoli aggiornamenti.
1 – Un proposito (che probabilmente non rispetterò): le mie letture, d’ora in poi, seguiranno un ordine alternato tra narrativa e non narrativa (saggi, biografie, finanza, crescita personale…). Questo perché la narrativa è un ottimo svago ma è spesso (non sempre) inutile; la saggistica, invece, migliora le conoscenze e le competenze. Non che tutto ciò serva a qualcosa nella vita, ma ho deciso così.
2 – I post tenderanno a diventare più schematici. Ultimamente ho molta meno voglia di portare avanti il blog e la qualità dei post ne ha risentito, rispetto a qualche anno fa. Le visite dovrebbero essere calate, seguendo una logica-logica, invece sono nettamente aumentate. Questo accade perché la qualità non premia nel mondo moderno, quindi tanto vale sbattersene e riprendere a dare al blog il senso iniziale, cioè quello di un bloc-notes dove appuntare ciò che ho letto per non dimenticarlo.

Veniamo a Fuoco nella polvere e iniziamo con una polemica. Questo romanzo fa parte della trilogia di Ned la foca che, al momento, risulta tradotta solo per i primi due libri. Il terzo, del 2019, non è ancora uscito in Italia. I lavori si finiscono o non si cominciano, per come la vedo io. Questa abitudine di iniziare una cosa e poi vedere come và e, in caso, se va male, lasciare che il consumatore “si attacchi” comincia un po’ stufarmi. È anche uno dei motivi per cui non guardo le serie, perché spesso vengono piantate lì a metà quando il pubblico dimostra un calo di interesse. Hai comprato? Hai pagato? Gnam gnam, io ho mangiato.

Avevo letto un po’ di recensioni su Fuoco nella polvere e mi aspettavo fosse una cagata pazzesca (cit.), mi sono in gran parte dovuto ricredere. Non è certo il miglior Lansdale che abbia letto, ma le 180 pagine sono volate via in un attimo, leggere e intrattenenti. È un romanzo assurdo, che mischia steampunk e citazionismo estremo, coinvolgendo personaggi della storia con quelli della letteratura, in una sorta di mondo parallelo in cui tutto è intrecciato.

Eccone alcuni: Buffalo Bill, Wild Bill Hickok, Annie Oakley, Toro Seduto, Ned Buntline, il mostro di Frankenstein, Dracula, l’Uomo di latta…
Tieni conto che, insieme a questi, compaiono varianti di altri personaggi come il Capitano Nemo e Jack lo squartatore. Tutto ciò è frullato in una trama che riprende in gran parte L’isola del Dottor Moreau di H.G. Wells. Una battaglia iniziale tra zeppelin (il titolo originale è Zeppelins West), con fuga dal Giappone, fa naufragare i personaggi su un’isola, dove il dottor Momo sta ibridando uomini con animali. Qui succede di tutto, con tanto di mostro di Frankenstein che titilla il bullone erotico dell’Uomo di latta dopo avergli dichiarato eterno amore. Una cosa tipicamente alla Lansdale, dove il non-sense e l’uomorismo si aggrovigliano tra loro. Devo dire che, nonostante a me le storie troppo assurde generalmente non piacciano, questa è riuscita davvero a coinvolgermi, forse perché segue un percorso “logico nell’illogico” ben definito.

Ho già il secondo romanzo, Londra tra le fiamme, che cercherò di non leggere a stretto giro e alternare così la narrativa con qualcosa di diverso da Lansdale (se ci riesco, altrimenti chi se ne frega). Così magari nel frattempo mi traducono il terzo, eh? (Questo è sarcasmo.)

 

Romanzi che ho letto di Joe R. Lansdale:
La morte ci sfida (1984)
La sottile linea scura (2002)
Notizie dalle tenebre (2014)

Trilogia Drive-in:
Il drive-in (1988)
Il drive-in 2 (non uno dei soliti seguiti) o Il giorno dei dinosauri (1989)
La notte del drive-in 3. La gita per turisti (2005)

Trilogia Ned la Foca:
Fuoco nella polvere (2001)

Ciclo Hap & Leonard:
Una stagione selvaggia (1990)
Mucho Mojo (1994)
Il mambo degli orsi (1995)
Bad chili (1997)

“Come trattare gli altri e farseli amici” di Dale Carnegie

Questo è forse il primo libro che leggo, relativamente al mio percorso di crescita delle competenze finanziarie e personali, non strettamente legato all’economia. Non mi sarei mai avvicinato a un titolo come Come trattare gli altri e farseli amici se non l’avessi trovato consigliato un po’ ovunque, nei blog e, appunto, nei libri letti precedentemente (oltre che da vari youtuber). In realtà, sebbene il titolo sia molto ammiccante allo stile di comunicazione dei moderni guru che vendono corsi sul successo assicurato, Dale Carnegie l’ha scritto nel 1936, quindi agli albori della vendita dei corsi dedicati alle strategie di successo.

Ho scoperto ora da Wikipedia che, con oltre 30 milioni di copie vendute, questo manuale è in realtà uno dei libri più venduti di sempre, con lettori e ammiratori del calibro di Warren Buffett e Charles Manson (si presume con scopi diversi). Quindi sì, probabilmente partivo un po’ prevenuto.

Carnegie spiega in circa una decina di pagine di teoria – e 240 di esempi – quali sono le tecniche per “piegare” gli altri alle proprie ragioni e porsi in un punto di forza in ogni discussione (apparendo tuttavia mansueti). Io non ho trovato grosse novità o trucchi segreti nei consigli dell’autore (ma forse 90 anni fa la situazione era diversa), tuttavia non si può dire non siano interessanti e/o efficaci.
Lasciare parlare il prossimo, sorridere sempre, dare più importanza all’interlocutore che a sé stessi, puntare sulla reputazione di chi non fa abbastanza per motivarlo, lodare i pregi prima di fare notare i difetti, impartire gli ordini come se fossero consigli… questi sono solo alcuni dei punti che Carnegie sviluppa. Nulla di nuovo, appunto, il difficile è, effettivamente, seguire queste linee guida con il sangue alla testa e la vena dell’occhio che sta per esplodere (situazione mediamente standard di quando discuti con qualcuno).

Carnegie ha riempito le sale conferenze ai suoi tempi, quindi sapeva il fatto suo. Chiaramente, ad oggi, il testo risulta un po’ fuoritempo (più che altro perché molte di queste tecniche le conosciamo già e quindi le disinneschiamo anche) ma potrebbe comunque risultare molto utile per le menti più semplici. Oggettivamente, a riuscire a mettere in pratica tutto senza farsi venire un ictus per il nervoso, si hanno di certo maggiori possibilità di portare a casa il risultato.

Te lo consiglio? Sì, anche se è davvero prolisso nella quantità di esempi, come dicevo, siamo davvero attorno al 10% di testo informativo e 90% di casi riportati (veri e/o inventati). Questo è stato ciò che me lo ha fatto digerire poco…

Libri che ho letto per accrescere le competenze finanziarie e/o personali:
Come trattare gli altri e farseli amici di Dale Carnegie (1936)
Padre ricco padre povero di Robert T. Kiyosaki (1997)
Giocati dal caso di Nassim Nicholas Taleb (2001)
Capire l’economia for dummies di Roberto Fini (2014)
Il metodo Warren Buffett di Robert G. Hagstrom (1994 aggiornato 2014)
Il piccolo libro dell’investimento di John C. Bogle (2017)
Diventare milionario con uno stipendio normale di Andrew Hallam (2018)
Investire for dummies di Massimo Intropido (2020)
La psicologia dei soldi di Morgan Housel (2020)
L’economista sul tapis roulant di Luciano Canova (2023)
Sei già ricco ma non lo sai di Riccardo Spada (2024)

“Hellblazer – Abitudini pericolose” di Garth Ennis / William Simpson

Come sai, non sono un lettore abituale di fumetti, li leggo, sì, ma senza diventare fanatico sui nomi dei disegnatori e degli sceneggiatori. Se mi appassiona la storia, bene, altrimenti è difficile che mi fermi a valutare la qualità del disegno o simile. Questo potrebbe attirare le ire di un vero appassionato ma tant’è, ed è anche il motivo per il quale i miei post sui fumetti sono abbastanza brevi, non faccio lunghe analisi…
Avevo mollato anche Dylan Dog dopo il numero 400 ma l’ottima direzione artistica di Barbara Baraldi mi ha fatto, in quel caso, ritornare sui miei passi. A tal proposito, se anche tu avessi mollato Dylan dagli un’altra possibilità: da quando c’è la Baraldi la situazione è nettamente migliorata.

Veniamo a Hellblazer – Abitudini pericolose. Ho recuperato per caso questa edizione che fa parte della raccolta Dark Side de La Gazzetta dello Sport. Per fortuna è anche parecchio malridotta, così ho potuto leggerla senza paturnie per il timore di rovinarla con pieghette o simile (sì, in questo sono come il collezionista medio: psicopatico).
Il protagonista è John Constantine, che forse conoscerai per il film con Keanu Reeves, personaggio creato da Alan Moore nel 1985 – prima apparizione su Swamp Thing – e poi protagonista della serie a fumetti di 300 numeri pubblicata tra il 1988 e il 2013. Constantine non ha superpoteri, è una sorta di demonologo, occultista e truffatore dal brutto carattere esperto nell’utilizzo della magia bianca. Abitudini pericolose, a quanto ho capito, raccoglie i numeri compresi tra il 50 e il 60, quando Constantine scopre di avere un tumore terminale ai polmoni causato della sua passione per il tabacco. In questo arco narrativo, sostanzialmente, Constantine prova tutti gli stratagemmi per uscire da questa brutta situazione sfruttando tutti i suoi contatti, poteri, e piangendosi addosso per i rimpianti causati da una vita di stronzaggine. Un pacco…
Ce la farà? I numeri, come detto, sono 300, quindi fai tu.

Sì, non mi è piaciuto granché. Da quello che si intuisce (entrando così, a mezza storia) la parte divertente è stata quella precedente e, si spera, lo sarà anche quella successiva. Questo viaggio carcinomatico nei rimpianti di un personaggio che non conosco (e del quale, quindi, non ho vissuto gli errori) è risultato piuttosto noioso. Forse, più che altro, si tratta di un errore nella scelta della sequenza narrativa da pubblicare, perché è difficile parlare di tumore ed empatizzare con i rimorsi di situazioni che non hai mai avuto modo di vedere.

Peccato, non ho gradito nemmeno molto la colorazione, fatta di colori pieni negli sfondi che mi hanno dato un’impressione di velocità ed economia produttiva.

Hellblazer, insomma, non è il mio fumetto.

“Hap & Leonard – Bad chili” di Joe R. Lansdale

Un paio di cose prima di andare alla ciccia. Uno: ho l’influenza e la febbre, quindi cercherò di terminare il post velocemente, prima di morire. Due: incredibilmente sono stato costretto a fotografare il libro perché la copertina che vedi, al momento, non riesco a trovarla da nessuna parte online, manco fosse una variant in edizione limitata…

Come promesso, ho iniziato il secondo volume di Einaudi che raccoglie il quarto, quinto e sesto romanzo della serie di Hap & Leonard, rispettivamente Bad chili, Rumble Tumble e Capitani oltraggiosi. Sono già in ansia perché i successivi tre romanzi non sono stati ancora raccolti in un unico volume e questo creerà un incredibile squilibrio estetico nella mia libreria. Spero che Einaudi faccia una magia a breve…

Veniamo a Bad chili. Raul, l’ex fidanzato di Leonard, è scomparso dopo aver piantato Leonard e averlo lasciato in condizioni psicofisiche deprecabili. Ma non è solo scomparso, è proprio morto e pare che fosse invischiato in loschi traffici che comprendevano snuff movie gay. Hap e Leonard scoprono così un mondo di torture e videocassette e, ovviamente, indagano. Hap riesce anche a prendere la rabbia facendosi mordere da uno scoiattolo, ma non tutto il male viene per nuocere perché in ospedale conoscerà la provocante infermiera Brett…

È stato un periodo complicato e ci ho messo un po’ a leggere questo romanzo, ma la colpa non è stata di Lansdale, posso accollarmela tutta io. Devo tuttavia dire la verità: a livello di trama questo quarto romanzo è stato forse quello che mi è piaciuto meno, perché un po’ più dispersivo. Però, dal punto di vista psicologico, Bad chili scava nel dolore di Leonard facendolo conoscere molto meglio come personaggio. Ecco, sì, forse tra quelli che ho letto questo quarto episodio è il più “emotivo”.

In definitiva, ormai, con Hap e Leonard comincio a sentirmi a casa e questo non può che farmi piacere. I libri della serie, raccolte di racconti comprese, dovrebbero essere quindici, quindi sono solo all’inizio di questa strada che, posso ormai esserne certo, percorrerò per intero.

Libri che ho letto di Joe R. Lansdale:
La morte ci sfida (1984)
La sottile linea scura (2002)
Notizie dalle tenebre (2014)

Trilogia Drive-in:
Il drive-in (1988)
Il drive-in 2 (non uno dei soliti seguiti) o Il giorno dei dinosauri (1989)
La notte del drive-in 3. La gita per turisti (2005)

Ciclo Hap & Leonard:
Una stagione selvaggia (1990)
Mucho Mojo (1994)
Il mambo degli orsi (1995)
Bad chili (1997)

“Sei già ricco ma non lo sai” di Riccardo Spada

Pensavi di esserti liberato del mio studio sulla finanza personale, eh? In effetti te ne ho dato modo, l’ultimo post su un libro riguardante questo tema risale a maggio dell’anno scorso (ho controllato). Non è che nel frattempo io non mi sia dedicato all’argomento, solo che mi sono spostato dal cartaceo all’audiovisivo, tutto qui. Anzi, è proprio da Youtube che devo partire per spiegarti come sono arrivato a Sei già ricco ma non lo sai di Riccardo Spada. In effetti ho seguito il corso Educati e finanziati sul canale di Paolo Coletti (professore e, successivamente, divulgatore youtuber) e, arrivato all’ultima puntata, lo stesso Coletti aveva come ospite Riccardo Spada e invitava a “proseguire il corso” ascoltando il suo podcast The Bull – Il tuo podcast di finanza personale su Spotify (perlomeno io l’ho ascoltato lì).

Ma andiamo per ordine, che se no mi perdo.
Per prima cosa ti consiglio il corso di Coletti su Youtube, su questo non c’è dubbio. È un corso informativo e spiega parecchie cose di finanza senza illuderti di fornire un qualche trucco per diventare ricco in breve tempo. In pratica è un corso per persone intelligenti, non per chi è alla ricerca di presunte magiche scorciatoie. Certo, all’inizio ti sembrerà di sapere già molto, ad esempio nella puntata dedicata ai conti correnti, ma in ogni puntata c’è sempre quella chicca per cui vale la pena ascoltare anche il già sentito.
Per seconda cosa (non per forza come seconda, però) ti consiglio anche il podcast The Bull. Vale tutto quanto già detto sopra (ma senza tabelle Excel). Al momento credo che sia attorno alle 180 puntate da 20/30 minuti l’una, io sono circa alla quarantesima e lo ascolto rigorosamente in ordine cronologico. Spada è molto chiaro e anche lui fa informazione, non magheggi da “fuffa guru”.

Una precisazione. C’è un motivo per cui continuo ad ascoltare e leggere cose che, ormai, in parte già conosco abbastanza bene. Come dice Spada nel suo libro, la finanza personale è fatta anche da tanta psicologia: investire richiede disciplina e razionalità per non lasciarsi trasportare dalle emozioni del momento (che possono essere entusiasmo o paura, entrambe molto dannose). Quindi, o sei circondato da persone giuste con le adeguate competenze che ti accompagnano lungo il percorso offrendoti i giusti stimoli (non è il mio caso), o questi stimoli li devi cercare nelle voci di chi scrive e parla di finanza personale in modo intelligente e costruttivo. È un po’ come avere a fianco un trainer che ti dice “vai, vai vai” e ti dà la giusta carica anche nei momenti bui. Lo sforzo lo fai tutto tu, ma a volte aiuta che qualcuno ti dica che non stai facendo troppe cazzate.

Veniamo al libro che, come di consueto in questo settore, ha un titolo “accattivante”. Ecco, questo, se lo aggiungiamo al tipico accento milanese di Spada, potrebbe fare storcere il naso a qualcuno, ma è solo una facciata. Sei già ricco ma non lo sai è un manuale molto completo che spiega le basi per la gestione delle proprie finanze. Che poi sono, appunto, le “solite” cose, ma dette in modo chiaro e comprensibile per tutti. Pilastri, asset allocation, strumenti finanziari, eccettera. È un manuale che dovresti leggere? Sicuramente sì, soprattutto se non hai intenzione di andare a farti consigliare dal consulente della banca, magari munito di un barattolo extralarge di lubrificante.

Sia il libro che il podcast di Spada, poi, ti faranno entrare in una ragnatela di ulteriori letture (cosa che mi piace parecchio). Molte erano già nel mio elenco dei libri da comprare, altre già sulla mensola dei comprati, ma altre ancora me le sono segnate. Come dicevo, la finanza personale viene affronata a 360°, con tanto di spiegazione di bias (costrutti mentali tipici della nostra natura che ci inducono in errore) e psicologia. Questo mi è piaciuto molto, non a caso sulla famosa mensola c’è anche il più volte citato Pensieri lenti e veloci di Kahneman (che non ho ancora trovato il coraggio di affrontare).

Credo di aver finito per ora, anche perché il mio cane mi sta guardando male perché vuole uscire (è uno sguardo che dice: «Se hai intenzione di lasciarmi qui sul pavimento ad annoiarmi puoi portarmi pure in un canile a morire di stenti e privazioni»). Tranquillo, che mi sa che al prossimo giro ti ripropongo Hap & Leonard. Vedremo.

Libri che ho letto per accrescere le competenze finanziarie e/o personali:
Padre ricco padre povero di Robert T. Kiyosaki (1997)
Giocati dal caso di Nassim Nicholas Taleb (2001)
Capire l’economia for dummies di Roberto Fini (2014)
Il metodo Warren Buffett di Robert G. Hagstrom (1994 aggiornato 2014)
Il piccolo libro dell’investimento di John C. Bogle (2017)
Diventare milionario con uno stipendio normale di Andrew Hallam (2018)
Investire for dummies di Massimo Intropido (2020)
La psicologia dei soldi di Morgan Housel (2020)
L’economista sul tapis roulant di Luciano Canova (2023)
Sei già ricco ma non lo sai di Riccardo Spada (2024)

“Hap & Leonard – Il mambo degli orsi” di Joe R. Lansdale

Terza avventura di Hap & Leonard, Il mambo degli orsi, è forse anche la storia più drammatica di questa serie tra quelle che ho letto fino ad ora (sono solo al terzo episodio eh). Il livello di tensione è stato davvero palpabile e, per la prima volta, anche la sensazione che la strana coppia non sia poi così invulnerabile. Lansdale è riuscito ancora a giocare nuove carte, a rinnovare il repertorio e tirar fuori dal cilindro un coniglio che è un po’ diverso dai conigli precedenti.

Florida, ex di Hap conosciuta nel secondo episodio, è scomparsa improvvisamente mentre indagava su uno strano suicidio avvenuto nella prigione di Grovetown. Il problema è che Grovetown sembra uscita da un altro tempo: il razzismo è di casa, la diffidenza e l’odio verso lo straniero e il diverso sono all’ordine del giorno e il Ku Klux Klan non è mai passato di moda. Hap e Leonard si trasferiscono in loco per indagare ma la cosa è parecchio complessa perché Leonard è nero, Leonard è gay e Hap è amico di un nero per di più gay. Non ti anticipo altro, ma sappi che l’ambiente di Grovetown è davvero ostile e che i nostri due eroi si beccheranno uno dei pestaggi più duri e spietati che abbiano mai avuto modo di ricevere.

Fare una classifica dei vari episodi di Hap & Leonard è difficile, perché in qualche modo ognuno è diverso (per ora) dal precedente. Ho preferito il secondo episodio per la trama, più complessa, ma il terzo è stato di certo migliore per la tensione drammatica. Il duo è sempre un duo “comico”, ma ne Il mambo degli orsi Lansdale riesce a mostrare tutta la fragilità e il lato umano di personaggi che sembravano indistruttibili. Inoltre il tema del razzismo è trattato in modo autentico, rude, senza farti venire l’orticaria per i falsi buonismi. E tutto questo senza contare l’umorismo tra i due protagonisti che ricorda quello delle vecchie coppie bianco/nero nei polizieschi come Arma letale (che oggi difficilmente potremmo vedere al cinema).

Ho già sullo scaffale il secondo tomo Einaudi che contiene i successivi tre romanzi della serie, quindi con Hap & Leonard non è finita qui. Sono davvero contento di averli incontrati.

Libri che ho letto di Joe R. Lansdale:
La morte ci sfida (1984)
La sottile linea scura (2002)
Notizie dalle tenebre (2014)

Trilogia Drive-in:
Il drive-in (1988)
Il drive-in 2 (non uno dei soliti seguiti) o Il giorno dei dinosauri (1989)
La notte del drive-in 3. La gita per turisti (2005)

Ciclo Hap & Leonard:
Una stagione selvaggia (1990)
Mucho Mojo (1994)
Il mambo degli orsi (1995)