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“Andromeda” di Michael Crichton

Il piccolo satellite Scoop, inviato nello spazio dalla Nasa, precipita in uno sperduto paesino dell’Arizona: tutti gli abitanti muoiono all’istante, tranne un anziano e un neonato. I due vengono portati in una base sotteranea segreta, dotata di un sistema di analisi avveneristico e diretta da un team di scienziati preparati per emergenze di questo tipo. La base è anche predisposta per autodistruggersi con una bomba nucleare, nel caso i sistemi rilevino la fuoriuscita di batteri o virus pericolosi…

Andromeda è il decimo libro di Crichton che leggo (gli altri li puoi trovare a fine post) e anche il più datato, poiché risale al 1969. Non ho visto il film omonimo di Robert Wise del 1971, né la miniserie del 2008. So però che di recente (2021) è uscito il romanzo postumo L’evoluzione di Andromeda, scritto da Michael Crichton e completato da Daniel H. Wilson. Ho quindi parecchio materiale da recuperare, a quanto pare.

È interessante e strano allo stesso tempo il modo in cui questo romanzo sia “invecchiato”. Già, perchè la struttura, i personaggi e la storia narrata risultano estremamente freschi e scorrevoli, pur presentando una “fantascienza tecnologica” in linea con il Commodore 64. Nelle schermate del computer, riprodotte tra le pagine (un artificio caratteristico di Crichton), scopri cose davvero divertenti, come ad esempio una raffigurazione del corpo umano, stilizzato e squadrettato, terribilmente retrò. Eppure non hai la sensazione che ti prende quando guardi uno di quei film di fantascienza anni Sessanta, dove ci sono un sacco di grossi pulsanti illuminati e gli scienziati hanno tute fluorescenti con vistosi microfoni. È questo, ad essere strano. Ti sembra di leggere un moderno e attuale romanzo di fantascienza, nel quale sia stata buttata dentro la tecnologia di trenta/quaranta anni fa.

Per il resto Andromeda si divora in un paio di giorni, anche perché è relativamente breve (siamo sulle 330 pagine). L’unico rimpianto è quello di non aver potuto vivere la visionarietà di Crichton negli anni corretti, così da poterne apprezzare il genio in tempo reale. Ma anche così, quando ti descrive il tuo tempo dal suo tempo, è semplicemente grandioso.

Libri che ho letto di Michael Crichton:
Andromeda (1969)
Il terminale uomo (1972)
La grande rapina al treno (1975)
Mangiatori di morte (1976)
Congo (1980)
Sfera (1987)
Jurassic Park (1990)
Sol levante (1992)
Next (2006)
L’isola dei pirati (2009)

“Next” di Michael Crichton

È davvero difficile parlarti di questo romanzo di Michael Crichton, non so proprio da che parte cominciare. Ma, dovendo partire, facciamolo da una disambiguazione: Next (2006) non ha nulla a che vedere con l’omonimo film del 2007 interpretato da Nicolas Cage (ispirato, invece, a un racconto di Philip K. Dick), così non facciamo confusione. Anche perché di confusione ce n’è già abbastanza nella trama, dove si incrociano le storie di moltissimi personaggi (e altrettanti nomi da ricordare) in una sorta di Magnolia letterario della biogenetica. Next sembra essere quasi un esperimento di Crichton, che abbandona la linearità che lo contraddistingue per buttarsi in una denuncia satirico-thriller-grottesca della moderna “tratta” dei geni (le sequenze di DNA, non i geni delle lampade).

Wikipedia ti offre un riassunto della trama abbastanza comprensibile, ma forzatamente semplificato e ridotto all’osso. La verità è che per tutto il romanzo non riesci a capire dove ti stia portando l’autore. Ci sono scimmie parlanti, grosse corporation farmaceutiche, università arriviste, furti di proprietà corporali a fini di studio/lucro (ossa, sangue e simili), pappagalli parlanti (con costrutti sintattici, si intende), invecchiamenti precoci, fughe da “cacciatori di taglie cellulari” e così via. Per farla breve: un gran casino.

Una volta terminato Next – che paraltro è lungo ben 480 pagine – hai chiaro cosa intendesse fare Crichton (cioè denunciare la selvaggia brevettazione dei geni) tuttavia ti resta davvero poco dall’esperienza come lettore. La parte più interessante del libro sono le note in coda, nelle quali lo scrittore spiega quale sia la situazione, perlomeno negli USA, riguardo al commercio e alla detenzione dei diritti sui geni e sulle cellule umane. Un argomento poco noto per chi non sia americano e ancor meno per i non addetti al settore, ma che in realtà ci riguarda tutti. E non stiamo nemmeno parlando di brevetti sui vaccini, di quelli ormai qualcosa ne sappiamo, ma di brevetti su parti del DNA. Crichton fa un paragone molto comprensibile: è come se stessero brevettando una parte del corpo umano, ad esempio il naso (quindi qualcosa di presente in natura, non un prodotto dell’uomo), e poi ti costringessero a pagare dei diritti per tutto ciò che lo riguardi (indossare occhiali, annusare un piatto di lasagne…). Ovviamente brevettare un gene implica un successivo blocco della ricerca, poiché troppo dispendiosa in diritti. Non mi addentro oltre, non mi pare il periodo storico adatto, che poi rischiamo che arrivino a commentare le scimmie urlatrici anziché quelle parlanti…

Mi è piaciuto Next? Nì. È molto buona l’intenzione, ma la storia è davvero troppo dispersiva. Crichton scrive così bene da riuscire comunque a fartela leggere, poiché le singole sottotrame risultano scorrevoli e interessanti. Tuttavia, se non hai mai letto nulla di questo autore, NON COMINCIARE DA NEXT.

Libri che ho letto di Michael Crichton:
Il terminale uomo (1972)
La grande rapina al treno (1975)
Mangiatori di morte (1976)
Congo (1980)
Sfera (1987)
Jurassic Park (1990)
Sol levante (1992)
Next (2006)
L’isola dei pirati (2009)

“Fiori sopra l’inferno” di Ilaria Tuti

Hai visto che sono stato di parola? Ti avevo detto che avrei letto più autori italiani e, nel giro di un mese, sono già a tre. Dopo Cognetti e Carofiglio, oggi ti parlo di Ilaria Tuti e del suo romanzo Fiori sopra l’inferno (2018), un thriller ambientato tra le Dolomiti friulane [della Tuti ti avevo già accennato qualcosa anche QUI, a proposito del suo racconto Above® per il Trofeo RiLL]. Sebbene questo libro sia stato pubblicizzato come l’esordio della scrittrice, so che esistono almeno due suoi romanzi precedenti, Isabel e La ragazza dagli occhi di carta, che credo proprio andrò a recuperare.

Non ti racconterò molto della trama di Fiori sopra l’inferno, rimarrò sul vago, poiché, come sai, ritengo che dei gialli/thriller non si debba mai svelare troppo. Per semplificare, potrei dirti che siamo nella zona della caccia al serial killer, sebbene sia, appunto, una semplificazione. La protagonista indiscussa del romanzo è Teresa Battaglia, commissario e profiler incaricata delle indagini. Teresa è una donna forte, che trae nutrimento dalle proprie debolezze. Un essere umano completo e complesso, insomma, con tutto quello che ne consegue a livello caratteriale. E poi c’è la montagna, imponente scenografia di tutta la vicenda, con la natura che esce letteralmente dalle pagine (e con questo, per conto mio, la storia aveva già vinto).

Non oso immaginare quanto lavoro di ricerca si sia reso necessario per scrivere questo libro. Se per l’ambientazione geografica l’autrice gioca in casa (è di Gemona del Friuli), per la criminologia e la psicologia sono evidenti le competenze acquisite da studi approfonditi (nelle note, al termine del romanzo, la Tuti cita anche un interessante studio di René Spitz sulla deprivazione sensoriale nei neonati, che mi andrò sicuramente a leggere). Io, poi, subisco terribilmente gli effetti della fascinazione del Male sulla mente umana, quindi quando il discorso si sposta sui serial killer non posso far altro che diventare molto curioso. Anzi, andrò a rivedermi il saggio I serial Killer, per stare in tema.

Ho letto le 360 pagine di Fiori sopra l’inferno in tre giorni. È uno di quei romanzi che ti tiene lì incollato per “partecipare” alle indagini, per scoprire il colpevole e la storia che nasconde. Intrattenimento e narrativa pura al 100%. Pur non amando le serie letterarie (sai cosa penso della serialità in generale), so che esistono almeno altri quattro libri aventi come protagonista Teresa Battaglia e li leggerò. Questo perché ho trovato la trama pienamente autoconclusiva, non mi ha dato l’impressione di essere una “trappola commerciale”. Nella quarta di copertina c’è l’endorsement di Donato Carrisi, autore del quale non ho letto ancora nulla (ho visto però il bel thriller montano di cui è regista, La ragazza nella nebbia) e che è nella mia lista da parecchio tempo. Quindi sai già di chi ti parlerò a breve…

P.S. Ilaria Tuti è stata scoperta da Longanesi grazie al torneo letterario IoScrittore, divenendo poi l’esordiente più venduta del 2018 (tradotta in 25 paesi). Quello del gruppo GeMS è un torneo molto divertente. Non aggiungo altro. Per scaramanzia.