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“Stria” di Gigi Simeoni

La graphic novel Stria è uscita per la prima volta in edicola nel 2011 come quinto numero della serie “Romanzi a Fumetti” di Sergio Bonelli Editore. All’epoca, sebbene mi avesse attratto, non avevo comprato l’albo poiché – da potenziale psicopatico quale sono – avevo deciso che una serie o la si prende dal numero uno o non è possibile “inserirsi” più tardi (un ragionamento che non fa una piega peraltro, direi, considerato che i singoli albi avevano storie autoconclusive…). Inoltre, in quegli anni, ero ancora un fedelissimo di Dylan Dog e questo provocava – tra uscite regolari, speciali, maxi, medi, curvi, obliqui, ecc. – un esborso mensile non indifferente (ora ho abbandonato Dyd, dopo decenni, ma questa è una storia triste e lacrimevole che ti racconto un’altra volta).

Nel 2022 Bonelli ripubblica Stria in edizione di prestigio, in un grande formato cartonato. Moglie (un’entita che lasciamo nell’ombra) me la regala, con tanto di dedica dell’autore, Luigi (Gigi) Simeoni. È così che mi accorgo, tra le altre cose, che Simeoni è di Brescia… quindi calpestiamo lo stesso suolo! Sono pessimo quando si tratta di autori di fumetti, perché io apprezzo le storie e i disegni ma non ricordo mai i nomi, è un dato di fatto. Pare non abbia una gran memoria nell’associare le opere ai loro creatori, ma questo mi succede solo per il mondo dei fumetti (una cosa che farebbe arrabbiare qualsiasi nerd che si rispetti).

Mi piace molto, in realtà, che l’autore si occupi – come in questo caso – dell’opera al 100%, dalla storia al disegno. Un po’ come faceva Kubrick per i suoi film, per capirci. Apprezzo la funzione di divinità creatrice, che tutto può e tutto decide. Non sono mai stato uno da gioco di squadra, a pensarci bene, questo qualcosa vorrà pur dire.

La storia di Stria è ambientata tra le montagne, a Marmentino (Val Trompia). Credo la si potrebbe definire un folk horror, genere che peraltro, al momento, funziona tantissimo. Nelle 300 pagine viene indagato e, infine, svelato il mistero che riguarda l’estate di tre adolescenti. Due di loro hanno totalmente rimosso i ricordi di quel periodo, tanto da non ricordare nemmeno di essere stati amici. Del terzo, invece, non si sa più nulla… qui mi fermerei.

Il formato di Stria è quello classico del bonellide, con impaginazione precisa e ordinata. A comandare sono la storia, molto coinvolgente, e i disegni, puliti come piacciono a me. Un po’ come accadeva nel vecchio Dylan Dog, l’orrore è utilizzato come mezzo per indagare altre tematiche e non è mai fine a sé stesso. Non ti trovi, quindi, di fronte a un esperimento di psichedelia autompiaciuta dell’autore (ogni riferimento…), ma a un progetto vero e con un proprio significato, dove l’orrore e la realtà si mescolano in modo consapevole e riuscito. Quando chiudi il volume sei soddisfatto, hai avuto tutto quello che desideravi dalla storia, tutto quello che ti aspettavi dalla copertina. C’è la stria (strega), certo, ma c’è anche il buio del Male che alberga nell’Uomo. Per farla breve: il cerchio si chiude e si chiude perfettamente.

Sempre per i “Romanzi a Fumetti” nel 2007 era uscita un’altra opera interamente di Simeoni, Gli occhi e il buio. Nel 2019 è stata ripubblicata in edizione di prestigio… vedrò di recuperarla.

“Creepshow” di Stephen King, George Romero e Bernie Wrightson

Dadoveiniziaredadoveiniziaredadoveiniziare. Non lo so. Ok, facciamo finta tu non ne sappia nulla. Ci proviamo. Non ci riusciremo.
Creepshow (1982) è un film a episodi diretto da George A. Romero e scritto da Stephen King. Dal film, come stratosferica operazione di marketing, viene tratto un fumetto omonimo, disegnato da Bernie Wrightson. Il richiamo alle riviste a fumetti horror della EC Comics e della Warren Publishing (1964) è fortissimo, tanto che il “presentatore” delle storie sarà proprio Uncle Creepy, un personaggio chiave di quel periodo.
Se hai vissuto un po’ degli anni ottanta/novanta di Notte Horror su Italia 1, non puoi di certo esserti dimenticato lo Zio Tibia Picture Show, cioè la versione nostrana e pecoreccia di Uncle Creepy, che precedeva la visione delle pellicole (cose tipo Nightmare, Unico indizio la luna piena, Non aprite quel cancello…). Aspetta, ti rinfresco la memoria.

Zio Tibia Picture Show - Notte Horror
Zio Tibia Picture Show – Notte Horror (Italia 1)

Ecco, è questo lo splatteroso contesto in cui ci stiamo muovendo.
Parliamo della trama, sia del film che del fumetto (essendo essi legati come gemelli siamesi).
Sullo schermo è presente una cornice che nel fumetto manca, cioè quella di un ragazzino che legge di nascosto la rivista Creepshow (quella che hai tra le mani, ecco spiegato perché manchi la cornice).

La rivista contiene cinque storie (utilizzo i titoli e l’ordine dell’edizione Mondadori).

La festa del papà: un papà ritorna dal regno dei morti (nel film c’è un giovane Ed Harris).
La morte solitaria di Jordy Verrill: un contadino ignorante viene “contagiato” da una meteora (interpretato nel film da Stephen King!).
La cassa: horror classico, viene scoperta una cassa che contiene una famelica bestia.
Di mare in peggio: la vendetta di un uomo geloso (grandioso Leslie Nielsen).
Ti infestano: un ricco anziano soffre di un’ossessione per gli scarafaggi, ma sarà davvero un’ossessione?

Non resisto, ti mostro la mia collezione.

Creepshow in DVD, fumetto americano originale e edizione Mondadori
Creepshow in DVD, fumetto americano originale e edizione Mondadori

Horror puro al 100%, quello che si faceva una volta, con effetti speciali meccanici e storie di paura vera. Siamo lontani anni luce dalle mode odierne, dove c’è sempre il solito fantasma a infestare qualcosa (un muro, una casa, una vhs…). Questa è l’adolescenza del terrore, quella che ho sempre adorato.
Esistono, in realtà, anche due seguiti del film (non del fumetto): Creepshow 2, che vede ancora coinvolti King e Romero, e il pessimo Creepshow 3, mera operazione commerciale senza alcuna autorialità degna di nota. Io ho sempre preferito, a quest’ultimo, I delitti del gatto nero di John Harrison, dove la coppia Romero/King spacca ancora di brutto (e il cast è spettacolare: Julianne Moore, Steve Buscemi, Christian Slater e nientepopodimeno che Debbie Harry -> Blondie).

Dal mio livello di fanatismo avrai capito che non potevo farmi mancare la traduzione in italiano di Creepshow. Peraltro il fumetto originale lo tengo in una teca di vetro (protetto da raggi laser) e l’ho letto solo una volta per evitare di rovinarlo. Ora che ho il cartonato, invece, posso godermelo come si deve (è bello robusto, niente pieghe di lettura in copertina).
Darei qualsiasi cosa per tornare a quei tempi (anche se gli anni ottanta, causa età, io li ho vissuti nei novanta), purtroppo non posso. Ma il feticcio aiuta e Uncle Creepy anche.

Uncle Creepy
Uncle Creepy

Ho letto quasi tutti i libri di Stephen King (me ne mancano 4), ma quelli di cui ti ho parlato sul blog sono questi:
Blaze (2007, come Richard Bachman)
Duma Key (2008)
Revival (2014)
Mr. Mercedes (2014)
Chi perde paga (2015)
Il bazar dei brutti sogni (2015)
Fine turno (2016)
La scatola dei bottoni di Gwendy (2017, con Richard Chizmar)
Sleeping Beauties (2017, con Owen King)
The Outsider (2018)
Elevation (2018)
L’istituto (2019)
Se scorre il sangue (2020)

“Captain Marvel” di Anna Bodene e Ryan Fleck

Io non so neanche più perché vada ancora a vederli questi film, che poi esco sempre insoddisfatto. Colpa mia eh, che non apprezzo il nuovo stile dei blockbusteroni tutti effetti speciali. Cosa ti devo dire, a me è sempre piaciuta la parte iniziale dei film sui supereroi, quella in cui Batman/Superman/Hulk/ecc. non indossano (o non stracciano) ancora i loro costumi, la parte in cui le prendono dai bulli e hanno paura dei mutamenti che sentono nascere nei loro corpi. Ho sempre apprezzato il lato umano, quello debole, fragile e instabile. Quello che ti fa pensare: e se stesse succedendo a me? Ora non funziona più così, il pubblico vuole subito vedere i soldi spesi nel budget milionario. E via di luci, esplosioni, colori.
Che palle, io mi annoio.

Questo Captain Marvel non è diverso. Sì certo, Brie Larson è abbastanza figa da farti dimenticare gli effetti speciali per un po’, ma poi sull’onda delle nuove cavalcate femministe e finto paritarie non si toglie mai quel cazzo di costume e quindi il gioco dura poco.
Belli i richiami agli ’90, comunque.

Guarda, io la trama non te la racconto, mi scazzo, giuro. C’è l’eroina che prende i poteri da una delle gemme dell’infinito e diventa una sorta di supernova cavatappi che distrugge le cose. Poi ci sono i buoni e i cattivi e il colpo di scena sui buoni e i cattivi. Qualcuno ha anche voluto vedere un botto di messaggi politici relativi alla situazione dei profughi. Spero di no, perché si può pensarla come si vuole ma se siamo arrivati a fare politica nei giocattoloni della Marvel siamo pronti all’estinzione.

Lo Shazam! in arrivo con Zachary Levi (alias Chuck) sembra meglio dal trailer e più divertente. Vedremo (forse). Che poi, anche lì, il personaggio è lo stesso Captain Marvel (per chi non lo sapesse), è tutta una questione di diritti e di cause legali.

Bene, stavo per non scriverti nulla di questo film, sappilo. È un bel luna park, la solita macchina mangia soldi. C’è a chi piace.

“Macerie prime – sei mesi dopo” di Zerocalcare

(Alla quarta graphic novel, come ti avevo promesso, ho inaugurato una pagina dedicata ai fumetti.)

Non ho molto da aggiungere su questa seconda parte di Macerie prime, rispetto a quanto già detto per la prima parte. Devo solo confermare che Zerocalcare mi ha stupito e mi ha fatto ricredere: è davvero bravo.

Mentre il primo volume analizzava i problemi personali dell’autore, cioè quelli legati all’improvviso successo, nel secondo si passa a un piano più vicino alle persone comuni, ossia i problemi che affligono tutti nell’arco della vita. Il lavoro, il precariato, la convivenza, la maternità, il suicidio, ecc. Devo dire che questo consente di apprezzare ancora di più la profondità con cui Michele Rech (vero nome di Zerocalcare) affronta gli argomenti. È tutto molto divertente e ironico ma allo stesso tempo, in un qualche modo, triste. Ed è tutto molto condivisibile.

C’è una certa amarezza, una continua riflessione sulle cose della vita che vanno accettate per quello che sono e di quanto sia importante cercare di fare le scelte giuste, che non sono esattamente quelle che ci spinge a fare il nostro contesto, spesso sbagliato. Aleggia il consiglio a lasciare da parte l’egoismo e l’individualismo in favore di una visione più ampia.

Credo proprio che leggerò altro di Zerocalcare. Accontentati, sono molto stanco.

“Venom” di Ruben Fleischer

Non sarò molto prolisso nel commentare questo ennesimo film Marvel, anzi.

Venom è un alieno che vive in simbiosi con un corpo umano, nel nostro caso quello di Tom Hardy, e che è impegnato a combattere contro i suoi simili (per far rimanere la Terra un posto solo suo) oltre che contro gli umani. Insomma, contro tutti. Lo fa comunque a modo suo, con un suo criterio, talvolta condivisibile, e questa è forse la parte più interessante (se non l’unica) del film. Ovviamente c’è l’amata, Michelle Williams, e il cattivone più cattivo del cattivo.

È la sagra del già visto, già sentito, già girato. E la Marvel ci infila le solite battute che però più di tanto non fanno ridere. L’unico lato positivo è Tom Hardy, sprecato.

Se devi guardare un film Marvel “piccolo”, su un eroe unico, guarda Deadpool 1 e 2, almeno si ride davvero. Fine.

“Macerie prime” di Zerocalcare

Sì, lo so che non è un libro e che di solito qui scrivo di libri. So anche che questa pagina del blog si chiama “recensioni libri”. Vedila così: se mi capiteranno sottomano altri fumetti aprirò una pagina apposita. E poi questo Zerocalcare nelle sue opere scrive un sacco, cioè, è bello denso, quindi la lettura non è proprio quella classica veloce da fumetto.

Insomma, come spesso accade, ero al mercatino dell’usato e mi è capitato questo Macerie prime sotto il naso a 5 pleuri. Di Zerocalcare, alias Michele Rech, avevo letto ogni tanto solo le strisce online che girano sui social, facendomi effettivamente qualche risata. L’ho però sempre un po’ snobbato, perché piace a tutti e io sono un bastian contrario di default, e la cultura di massa la reggo generalmente poco. Tuttavia…

Tuttavia è stato divertente, mi ha piacevolmente stupito. In questo volume l’autore affronta i suoi problemi del dopo-notorietà, ossia quello che si potrebbe definire il lato oscuro del successo (e no, non è quello di sesso, alcool e droga: mica è Axl o Morrison..). Quindi il superlavoro, il non volersi allontanare dalle proprie radici, il rapporto con gli amici di sempre e quello con chi gli chiede costantemente comparse, prese di posizione, ecc. E devo dire che fa una bella impressione, perché affronta i problemi che avrebbe chiunque in modo ironico e trasparente, ma anche molto condivisibile se si ha una coscienza pulita, come pare essere la sua (che di coscienze, in forma coomics, ne ha qualche migliaio).

Ho poi scoperto che questo è il primo di due volumi (azz), adesso quindi mi toccherà recuperare anche il secondo, quando uscirà a maggio.
Insomma, nonostante il linguaggio in romanaccio, mi è piaciuto.

“Bone – Il mistero della scintilla – Libro Primo” di Jeff Smith e Tom Sniegoski

Io lo so che finirò con il parlarti di Bone di Jeff Smith invece che del libro, perchè è uno dei migliori fumetti che abbia mai letto, ma comunque ci proviamo. Cioè, Bone è fantastico, non ci sono cazzi. Dicevo? Ah si, il Mistero della scintilla. Però Bone è inimitabile dai, con le sue 1300 pagine è una sorta di Signore degli anelli dei fumetti in chiave comica, anche se bisogna dire che nonostante le risate mantiene un concetto molto serio e profondo di Bene e Male. Insomma è inarrivabile.

Il mistero della scintilla..

Allora, questo è il primo libro di una trilogia di romanzi illustrati da Smith e scritti da Sniegoski, nati come costola del fantasticissimo Bone. Se non hai letto il fumetto non prendere neanche in considerazione questi romanzi, prima devi leggere il fumetto, poi cercherai di ritrovare la magia nelle altre letture. Già perchè da Bone sono nate altre pubblicazioni (che non ho ancora letto) sempre edite da Bao che ha curato anche l’omnibus a fumetti, tra cui Racconti intorno al fuoco, La principessa Rose e L’arte di Bone. Sto divagando di nuovo.

Questo libro è un libro per ragazzi, ma ragazzi minuscoli, tipo 9/11 anni. Amarezza, tristezza e rassegnazione. Ero galvanizzato dalle 220 pagine, sperando, vista la mole, che non si trattasse di una storia per bambini, ma non c’è stato nulla da fare. Oddio, chiariamo, un ottimo libro per il suo target, ma la magia di Bone non si è ripetuta. Mi rimane la speranza che, uscendo i tre libri della trilogia ad anni di distanza, avvenga il fenomeno Harry Potter, cioè che gli autori facciano crescere la storia assieme ai lettori rendendola più adulta con le successive puntate. Ma temo che questa speranza sia solamente il voler giustificare il collezionista che è in me e che acquisterà anche i due libri successivi per soddisfare il bisogno di completezza della collezione.

La storia è talmente semplice che se te la racconto finisce subito. Quindi non te la racconto. I protagonisti la vivono come una grande e lunga avventura, ma tanto lunga non è, se non nella mente di un eventuale lettore molto giovane, appunto. Insomma, se hai un nipotino è un libro che consiglierei sicuramente, sarà sicuramente soddisfatto e divertito. Se sei un collezionista è inutile che ti dica qualsiasi cosa, farai quel cazzo che ti impone la malattia (hanno anche curato un’edizione davvero bella fisicamente, solida, lo sanno che non si resiste, i furboni). Se invece hai letto Bone occasionalmente non cercare di recuperare un amore finito, sappiamo entrambi come sono gli strascichi. I disegni di Smith non sono molti e anche questi sono adeguati al target, nulla a che vedere con.. ci risiamo.

Non so se si evince da quel che ho scritto.. ma vorrei essere chiaro visto che siamo alla fine così che non siano dubbi: Bone è MITICO!