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“Trento 1475 – Storia di un processo per omicidio rituale” di R. Po-chia Hsia

Di solito cerco di evitare testi ad attinenza religiosa perché, come sai, sono abbastanza ostile alla questione del fantasy che ha influenzato e influenza le nostre vite (e questo non fa bene alle visite del blog). Eppure, nel giro di un mese, eccomi qui a parlarti di un altro libro, dopo In nome del cielo, che con gli dei e le credenze ha molto, se non tutto, a che fare.

Trento 1475 – Storia di un processo per omicidio rituale racconta come sia nato il culto di Simonino da Trento. R. Po-chia Hsia, insegnante di Storia alla Pennsylvania University, ricostruisce gli eventi che nel 1475 hanno portato all’accusa di omicidio nei confronti della comunità ebraica di Trento con il successivo processo, le torture e le lotte di potere annesse. La base di tutto è il manoscritto Yeshiva di circa 600 pagine, che è passato di mano in mano da allora fino ai giorni nostri. Non è chiaro da chi sia stato commissionato, quello che è chiaro è che intendesse dare fondamento alle accuse nei confronti degli ebrei.

Un passo indietro. Brevemente: nel 1475 un bambino di due anni, Simone, viene ritrovato nell’interrato della casa del principale rappresentante della comunità ebraica (composta da poche persone, una ventina, mi pare) di Trento. L’interrato è facilmente raggiungibile dall’esterno, grazie alla presenza di un canale d’acqua, in pratica chiunque potrebbe aver “incastrato” gli ebrei e aver fatto trasportare il cadavere dalle acque. Tutti gli elementi della comunità vengono torturati fino alla confessione. Qui il testo è molto specifico su come avvenga la tortura: in pratica il malcapitato di turno viene seviziato fino a quando non solo confessa l’omicidio, ma lo confessa esattamente come hanno in mente i torturatori. Il torturato deve imparare a memoria una sorta di copione, a forza di strattoni di corda, finché non è in grado di ripeterlo correttamente senza correzioni da parte dei torturatori. Una cosa tipo “riavvolgi e ripeti”. Ovviamente il finale è quello classico: roghi, ossa spezzate, conversioni forzate.
Dopo questo episodio nasce il culto di Simonino, prima ostacolato ma poi accettato dalla chiesa, che – senti bene – rimane ufficiale fino al Concilio Vaticano II del 1965.

Sono stato molto veloce nel riassunto, ma ti assicuro che l’autore entra bene nel dettaglio spiegandoti tutte le lotte di potere che in quel periodo hanno influenzato la vicenda. Lotte che gli ebrei subiscono in modo passivo ed è ben chiaro che il loro destino sia segnato in modo del tutto indipendente dal finto processo. La loro colpa è quella di essere elementi scomodi (prestatori autorizzati di denaro, ecc.) in una società che cerca nei rituali e nelle stregonerie una scusa per eliminarli.
Il manoscritto originale, peraltro, nasce da una continua traduzione tra diverse lingue (latino-tedesco-italiano) avvenuta in loco durante le torture. Una sorta di telefono senza fili tra persone che non erano in grado di intendersi tra loro. Il torturato parla una lingua, il torturatore un’altra e il trascrittore un’altra ancora… questo rende l’idea dell’attendibilità che era richiesta durante il processo farsa.

È stata una lettura davvero interessante. Avevo già sentito parlare del Culto di Simonino ma, onestamente, non avevo idea di quale fosse la sua origine (forse era meglio così). L’idea che questo culto, basato sulle abituali ipocrisie di potere della Chiesa e sull’odio nei confronti degli ebrei, sia durato cinquecento anni, fino in epoca recente, rende inutile qualsiasi commento da parte mia.

Ho letto le 200 pagine del libro in due giorni. Unica pecca: 433 note a fondo testo. 433! A fondo testo! Non smetterò mai di ripetere che le note dovrebbero essere inserite a fine pagina, inutile anche spiegare il perché quando ti trovi con dieci note per pagina.

Hai visto come sono stato bravo e contenuto questa volta? Non ho sputato odio sui creduloni. Non ho detto che chi crede è sempre e comunque complice di ciò che il culto di riferimento causa. Non ho nemmeno parlato di stupidità e menti deboli.

P.S. Le religioni sono il Male.

“In nome del cielo” di Jon Krakauer

Ho conosciuto Jon Krakauer grazie a Nelle terre estreme, ovvero il libro in cui il giornalista e scrittore racconta la storia di Christopher “Supertramp” McCandless. È stato amore a prima lettura, proseguito poi con il racconto della tragedia dell’Everest in Aria sottile. Oltre a In nome del cielo, del quale ti dirò a breve, ho recuperato anche Senza consenso, un libro inchiesta sull’abitudine allo stupro nei campus americani. Dal 2003, infatti, Krakauer, che prima era più conosciuto per storie riguardanti la montagna e l’alpinismo, ha iniziato anche a dedicarsi al giornalismo investigativo.

In nome del cielo utilizza la truculenta storia dei fratelli Lafferty – da noi forse poco conosciuta – come aggancio per poter indagare il mondo della Chiesa di Gesù dei Santi degli Ultimi Giorni e, in particolare, dei mormoni fondamentalisti. È stata una lettura molto interessante anche perché io, di questa religione, non conoscevo molto. Pur essendo un culto molto seguito negli Usa, quello del mormonismo è un fantasy (scusa, non ho resistito) nato relativamente di recente: il suo fondatore ne ha infatti pubblicato l’equivalente della Bibbia, ovvero il Libro di Mormon, nel 1830. I mormoni quindi, a differenza degli altri credenti, non hanno nemmeno la scusante di credere in qualcosa la cui nascita risale agli albori della storia, poiché i fatti che portarono Joseph Smith a scrivere i suoi vaneggiamenti sono ben documentati in epoca recente. D’altro canto bisogna anche tenere conto che, stando al credo di Smith, il mondo sarebbe stato creato seimila anni fa…

Ma cerchiamo di rientrare in carreggiata.

Quello dei fratelli Lafferty è un crimine di natura quasi rituale. Per farla breve, hanno ucciso la cognata (sposa di uno dei fratelli minori) e la nipote neonata perché così era stato indicato loro in una rivelazione. Già, perché mi sono dimenticato di dirti che il mormonismo si basa su queste fantomatiche rivelazioni che possono colpire gli adepti da un momento all’altro. Sembra una cazzata, lo so (ma perché, oggettivamente, lo è). Partendo da questo fatto di cronaca Krakauer, come dicevo, spiega tutta la storia del mormonismo, dalla nascita ai giorni nostri, passando per le relative problematiche che si abbattono su qualsiasi religione venga presa sul serio (in pratica quando i credenti di turno diventano fondamentalisti).

Qui mi fermo di nuovo perché, sebbene io sia notoriamente ateo e questo lo sai, devo comunque spiegarti come la penso sul fondamentalismo religioso (spiegazione non adatta ai credenti standard poiché difficilmente verrà accettata).
Il fondamentalismo religioso, che noi siamo abituati a considerare ovviamente con un’accezione negativa, non è null’altro che il modo coerente e corretto di seguire un culto religioso. In pratica il fondamentalista si attiene per filo e per segno a ciò che il libro di riferimento (il Libro di Mormon, la Bibbia, il Corano e via dicendo) gli ordina di fare. Questo poco si sposa con il credente medio, quello occidentale per capirci, che desidera, nella sua incoerenza e ipocrisia, tenere sempre il piede in due scarpe e non rinunciare a nulla. Prendiamo la nostra religione culturale di riferimento: il Cristianesimo. Il vero cristiano, per dirne solo qualcuna, non tromba se non per concepire (vade retro anticoncezionali) né lo fa prima del matrimonio, ha un’idea ben chiaro di chi sia superiore tra l’uomo e la donna, va a messa tutte le domeniche, non si tatua, e – così per non dimenticarcelo – rispetta rigorosamente tutti e dieci i comandamenti. Non vado avanti, ci siamo capiti anche senza parlare di aborto, pillole, omosessualità e ulteriori gadget. Il vero cristiano è un fondamentalista, con tutte le conseguenze che questo stile di vita comporta. Non è diverso da un fondamentalista mormone o islamico o di quello che crede nei Puffi. Tuttavia il cristiano medio crede anche nel culto della vita occidentale, che comporta la presenza di alcune caratteristiche (sia positive che negative), come l’uguaglianza di genere, il consumismo, i vari diritti, la scarsa propensione a condividere con il prossimo… A questo punto il credente cosa fa? Be’, decide che, insomma, si può fare un misto tra quello in cui crede e quello che gli fa comodo. Se fosse intelligente, rifiuterebbe la religione in toto, poiché scientificamente inammissibile, comprendendo come la sua esistenza sia dovuta storicamente solo al controllo delle masse. Ma che vuoi: l’abitudine, i riti sociali, i contrasti generazionali… è molto più semplice e meno faticoso seguire il gregge, un colpo al cerchio e uno alla botte.

Tornando ai mormoni, la religione originaria prevede, ad esempio, la poligamia. Ed è una poligamia bella tosta, dove la donna è convinta di dover sottostare al volere dell’uomo (se fosse paritaria comporterebbe anche la poliandria, non ci sono cazzi al riguardo, l’esclusiva poligamia implica sempre il concetto per cui la donna sia sottomessa all’uomo). Ma capiamoci meglio. Krakauer parla di ragazzine di tredici anni rapite e stuprate che, successivamente, si sposano con lo stupratore. Ragazzine cresciute in un mondo talmente malato per cui sono convinte che, se questo è accaduto, è il volere dell’uomo e di dio. Parla di uomini che sposano donne e poi “sposano” (leggi: pedofilia) le figlie che nascono dal matrimonio. Negli Usa la poligamia è reato, per cui i mormoni si isolano in città nel deserto dove sono “tollerati” dallo Stato. Non solo, lo Stato sovvenziona le donne madri single (perché solo una moglie viene correttamente “registrata” come tale, per non infrangere la legge) fornendo un finanziamento costante alla famiglia mormone. È un susseguirsi di assurdita che è il frutto e la conseguenza di quanto scrivevo sopra, ossia del mondo occidentale che, pur avendo ormai gli strumenti scientifici, sceglie di continuare a credere nell’esistenza del culto dei Barbapapà di turno.

Nel mormonismo fondamentalista, in particolare, qualsiasi legge di Dio (e quindi, ricordiamolo, anche qualsiasi “rivelazione”) è al di sopra della legge dell’uomo. Quindi se Dio dice che si deve uccidere un’infedele, il vero credente agirà di conseguenza. Ti ricorda qualcosa? Qui non si parla, per dire, di essere un tipo ordinato o essere un tipo molto ordinato. Qui si parla di essere un tipo che crede nelle fate o di essere un tipo che crede molto nelle fate. È la follia della follia. Tuttavia, per evolverci come specie, prima o poi dovremmo capire che non c’è un modo corretto in cui credere nelle fate e uno sbagliato. Se credi in una cazzata a metà, ci sarà sempre qualcuno che ci crederà per intero…

Chiariamoci, io non mi oppongo alla ricerca di sé o alla meditazione. Io mi oppongo alle dottrine e agli indottrinamenti. All’elefante rosa che esiste per me e per chi lo vede come me e che tu non vedi solo perché non hai “fede”. Sì, il cazzo. Io non lo vedo perché sono sano di mente, diciamolo. Altrimenti sarà sempre sufficiente un Joseph Smith qualunque per inventarsi un nuovo culto delle sette sfere di DragonBall. E chi non vede le sfere, be’, è perché non ha fede.
Mi fermo qui, tanto hai capito come la penso in generale sui culti religiosi, anche senza che stia a spiegarti che nel mormonismo i bianchi sono ok mentre i neri sono considerati animali (e non nell’accezione positiva per cui, correttamente, siamo tutti animali).

In nome del cielo è stata una bella immersione in qualcosa che non conoscevo bene. Krakauer è molto dettagliato anche per quanto riguarda la storia, non solo per la parte crime. Un libro che consiglio per avere un’idea di cosa sia realmente la religione, non solo il mormonismo. Se proprio dovessi fare una critica, il libro è addirittura troppo lungo e dettagliato, tanto che non sento il bisogno di informarmi oltre sull’argomento, sono state davvero 400 pagine fittissime (è scritto anche parecchio piccolo).

Esiste una serie TV, ovviamente romanzata, con lo stesso titolo e ispirata dai fatti raccontati da Krakauer. Al momento è su Disney+, la guarderò, anche se credo che in questo caso si parli più di intrattenimento che altro, e, come ti dicevo sopra, a questo punto mi va anche bene così.

Libri che ho letto di Jon Krakauer:
Nelle terre estreme (1996)
Aria sottile (1997)
In nome del cielo (2003)

“Di là dal fiume e tra gli alberi” di Ernest Hemingway

Ho letto sei libri di Hemingway e me ne è piaciuto solo uno… e sai già qual è (peraltro uno dei miei romanzi preferiti in assoluto). Io e Ernest abbiamo un rapporto molto complicato, fatto di speranze disattese, incomprensioni, tempismi sbagliati. In poche parole: non ci prendiamo. Non ci prendiamo così tanto che sto quasi pensando di mollare i suoi tre romanzi che ho ancora sulla mensola delle cose da leggere, vedremo.

Di là dal fiume e tra gli alberi (1950), poco più di 300 pagine, un mese di lettura.
Il tema è buono, decadente e deprimente e con tutte le carte in regola per piacermi. Un vecchio colonnello (che poi è una delle solite e ritrite rivisitazioni dello stesso Hemingway) trascorre un periodo di nostalgie e ricordi a Venezia, in compagnia di una giovane ventenne di cui è innamorato follemente, ricambiato. Parlano e si amano, lui le racconta della guerra, lei fantastica sul loro futuro insieme. Lei è ricca, molto ricca, e gli fa regali costosissimi, lui vorrebbe ricambiare in qualche modo ma è conscio della differenza di classe. Sono gli ultimi giorni per il colonnello, che intervalla l’amore con la caccia alle anatre, affaticato da un cuore stanco e malato che lo sta per tradire. Fine.

Il problema principale di questa storia è la totale assenza di coinvolgimento emotivo. I tanto decantati dialoghi scritti da Hemingway sono qualcosa di estremamente lontano dalla realtà. Asciutti in tutto sì, ma anche di verosimiglianza. Questo non aiuta per nulla. Non si può dire sia un romanzo pesante: le pagine, volendo, scorrono, il problema è che non vanno da nessuna parte, né con la storia, né con il cuore. Un romanzo che ha il fascino di una radiocronaca sportiva, fatta senza pathos, di uno sport che non ti interessa. Mi ha poi annoiato il personaggio del colonnello che, in fin dei conti, è proprio sempre lo stesso che Hemingway racconta in tutti i suoi libri. Non lo so, forse stanno invecchiando male questi romanzi, forse (più probabile) sto invecchiando male io.
Mi dispiace, in qualsiasi caso.

Libri che ho letto di Hemingway:
Fiesta – E il sole sorgera ancora (1927)
Addio alle armi (1929)
I quarantanove racconti (1938)
Di là dal fiume e tra gli alberi (1950)
Il vecchio e il mare (1952)
Vero all’alba (1954-56)

“Meridiano di sangue” di Cormac McCarthy

Meridiano di sangue è considerato da molti il miglior romanzo di Cormac McCarthy, spesso considerato anche come Grande Romanzo Americano. È il terzo romanzo di McCarthy che leggo e io, per ora, ho preferito gli altri due (che puoi trovare linkati a fine post). È chiaro, siamo sempre nell’ordine dei capolavori, non fraintendiamoci. Mi trovo in difficoltà, perché ho fatto davvero fatica a terminare le 300 pagine di questo libro, sebbene la sua grandezza non sia messa in dubbio. Andiamo per punti.

La trama.
1850, la storia segue le vicende di un giovane quattordicenne che abbandona la propria casa e si unisce a un gruppo di sbandati/giustizieri/portatori di legge in perenne movimento tra Stati Uniti e Messico. Uccidono, stuprano, rapinano e scalpano. In lotta con i nativi – ma non solo – si lasciano alle spalle una scia di sangue e morte. A guidarli, il giudice Holden, obeso e carismatico, che ricorda molto il Kurtz di Marlon Brando.

Ripeto, Meridiano di sangue è scritto in modo magistrale, come solo McCarthy può fare. Ogni pagina è poesia allo stato puro e ti fa immergere totalmente in un contesto di violenza e disperazione. L’obiettivo è quello di mostrare cosa sia stata realmente l’epoca dello scontro tra Indiani e cowboy, e ci riesce. Non ci sono Clint Eastwood qui, solo persone senza cuore e assassini. Sia da una parte (per scelta) che dall’altra (senza scelta). Bambini appesi per le mandibole, vecchi bruciati vivi, ragazze violentate e uccise. La vita non ha nessun valore, una parola sbagliata e sei morto. In assenza di un controllo, l’Uomo si rivela per quello che è: l’animale più brutale e crudele del pianeta. Non a caso questo è stato definito anche come uno dei romanzi più violenti mai scritti.

Io non sono facilmente impressionabile e, infatti, tutta questa violenza non mi ha colpito molto, dal punto di vista psicologico. Forse chi ancora crede che il farwest fosse simile a un film di Sergio Leone dovrebbe leggere questo romanzo, ma io ho trovato esattamente ciò che mi aspettavo: la realtà. Il mondo era già un brutto posto a quei tempi, ben prima del black friday.

Quindi, quanto ti dico che questo è un romanzo pesante non mi riferisco all’impatto emotivo (quello dipende da te, ovviamente), quanto alla sua mancanza di saper coinvolgere il lettore. La trama che hai letto sopra rappresenta esattamente tutto quello che accade nei 23 capitoli, senza grosse sorprese. A dirla tutta, potresti leggere questo libro a capitoli alterni e riuscire comunque a seguirne il filo conduttore. Tradotto: non ti verrà mai voglia di prendere in mano Meridiano di sangue per vedere come procede la storia perché, semplicemente, non procede. Questo romanzo è un bellissimo affresco, un dipinto dettagliato dalle atmosfere perfettamente descritte, ma non è una “storia” nel senso narrativo del termine.

Te lo consiglio? Sì, se ti piace McCarthy non ti deluderà. Se, però, non hai mai letto nulla di suo non iniziare da qui!

Libri che ho letto di Cormac McCarthy:
Meridiano di sangue (1985)
Non è un paese per vecchi (2005)
La strada (2006)

“L’inverno del nostro scontento” di John Steinbeck

L’inverno del nostro scontento è il decimo libro di Steinbeck che leggo e tra tutti è il più recente, anche perché è il suo penultimo romanzo. Ti ricordo che Steinbeck è uno dei miei scrittori preferiti e che Furore e La valle dell’Eden sono tra i romanzi più belli che abbia mai letto, sicuramente nella mia top ten assoluta.

Purtroppo questo romanzo, invece, non mi ha entusiasmato. Il suo tono in alcuni tratti è per metà surreale, in altri è semplicemente un po’ piatto. Pare quasi che la storia sia un lavoro preparatorio per qualcosa di più grosso, un tomone, per capirci. Peccato, perché la storia, il tema sociale alla Steinbeck, c’è. Mi rendo conto di essere una voce fuori dal coro nel dire questo, ma è quello che penso.

La trama parla di un uomo che proviene da una famiglia un tempo facoltosa, ma ormai andata in declino. Costretto a lavorare come commesso nel negozio di un immigrato siciliano, cerca costantemente il riscatto sociale, stimolato (pungolato) dal contesto in cui vive che lo obbliga moralmente a ricercare gli antichi fasti del suo nome. [Spoiler: lo troverà questo riscatto, ma a un caro prezzo emotivo ed interiore.]

Non mi ha aiutato l’incomprensibile scelta di scrivere alcuni capitoli in prima persona (dal punto di vista del protagonista) e altri (pochi) in terza. Questa tecnica narrativa mi ha tenuto lontano, distante, impedendomi qualsiasi coinvolgimento emotivo. Forse anche la traduzione dell’edizione, un po’ datata, può avere contribuito.

Libri di John Steinbeck che ho letto:
I pascoli del cielo (1932)
Pian della Tortilla (1935)
La battaglia (1936)
Uomini e topi (1937)
Furore (1939)
La luna è tramontata (1942)
La perla (1947)
La valle dell’Eden (1952)
Quel fantastico giovedì (1954)
L’inverno del nostro scontento (1961)

“Notizie dalle tenebre” di Joe R. Lansdale

A quanto ho capito Notizie dalle tenebre è una raccolta uscita solo in Italia. Questo non significa che i racconti siano inediti, ma semplicemente che sono stati pubblicati insieme in questo volume solo da noi. L’intro di Lansdale è invece inedita, poiché destinata specificatamente a questa edizione.

460 pagine e 16 racconti in puro multi-stile Lansdale, sbilanciati quasi tutti verso il genere horror, ma non solo. Mi sono piaciuti? Sì, molto. Certo, come in ogni raccolta ci sono alti e bassi ma nel complesso il risultato è ben più che positivo. Lansdale è uno di quegli autori che leggi non tanto per quello che scrive ma per come lo scrive, perché lo scrive parecchio bene.

Il racconto più conosciuto è forse Bubba Ho-Tep (ne hanno tratto anche un film) che parla di un presunto sopravvissuto Elvis Presley che, all’interno di un ospizio, deve vedersela con una sorta di demone egizio. A me è piaciuto molto Mr Orso, una storia di alcool, droga, omicidi e mignotte con protagonisti un uomo e… un orso, appunto (un orso che parla e si comporta come un uomo, però). Ma questi racconti sono tutti belli, non c’è niente da fare. Anche il più canonico La casa e io – la storia di una dimora stregata – ti coinvolge dal principio alla fine. Molto poetico Le stelle cadono, con il ritorno a casa di un reduce di guerra che scopre che, mentre era al fronte, la sua quotidianità gli è stata portata via. Interessanti le perversioni sessuali della mente umana in La caccia: prima e dopo, una storia di adulterio… con zombie. L’isola del Terrore è forse quello che ho preferito meno della raccolta – troppo nonsense e assurdo per i miei gusti – anche se l’idea di una storia con protagonisti Tom Sawyer e Huckleberry Finn è di certo qualcosa di originale.

In linea generale, preferisco quelle storie/racconti dove il senso dell’assurdo é meno presente. Certo, anche Mr Orso potrebbe apparire assurdo, ma segue una sua logica (una volta che accetti un orso che si comporta come un uomo il gioco è fatto). È più difficile quando ci sono situazioni che mutano da un momento all’altro, senza alcun tipo di razionalità, in stile Alice nel paese delle meraviglie, per capirci.

Ad ogni modo, un grazie a Lansdale per questa raccolta. Se apprezzi i racconti dovresti leggere Notizie dalle tenebre, non c’è dubbio. Io continuo a pensare che dovrò leggere tutto di questo autore.

Libri che ho letto di Joe R. Lansdale:
La morte ci sfida (1984)
La sottile linea scura (2002)
Notizie dalle tenebre (2014)

Trilogia Drive-in:
Il drive-in (1988)
Il drive-in 2 (non uno dei soliti seguiti) o Il giorno dei dinosauri (1989)
La notte del drive-in 3. La gita per turisti (2005)

“La notte del killer” di Dean Koontz

Romanzo che segue due punti di vista: quello dello scrittore Martin Stillwater (e della sua famiglia) e quello del killer. Cosa succede? Martin viene aggredito da un uomo identico a lui che è convinto di essere il vero Martin e di avere tutti i diritti per riprendere il suo posto di marito e padre. Ovviamente non c’è dubbio che sia uno psicopatico. C’è un’aggressione in casa, una fuga in auto e un’aggressione finale in una baita di montagna. Fine. 460 pagine.

Thrilleraccio lento e prolisso che soffre di tutte le pecche caratteristiche della scrittura di Koontz. Deduzioni gratuite a non finire e semplificazioni a piene mani, c’è tutto il peggio. Non sarebbe stato nemmeno malaccio con 250 pagine in meno, ma così no, così è troppo. Quando il protagonista prende la pistola, estrae il caricatore, controlla quanti colpi ci sono, decide di aggiungerne altri, li aggiunge, inserisce il caricatore, ne valuta il peso, pensa a come sparerà quei colpi… diventa uno stillicidio. Sembra davvero che questa volta sia stato chiesto a Koontz di allungare la minestra. Ho saltato spesso righe intere per rendere più fluida la lettura, inutilmente.

Ti avevo anticipato che avrei letto più libri di Koontz a causa di un accumulo sulla mensola dei “da leggere”. Dopo La notte del killer credo che rallenterò il ritmo perché mi sento fisicamente provato. Peccato, ma questo è un autore davvero troppo altalenante nella qualità, speriamo per il futuro…

Libri che ho letto di Dean Koontz:
In un incubo di follia (1973)
In fondo alla notte (1979)
Il tunnel dell’orrore (1980)
La casa del tuono (1982)
Phantoms! (1983)
Incubi (1985)
Lampi (1988)
Cuore Nero (1992)
La notte del killer (1993)
Sopravvissuto (1997)
L’ultima porta del cielo (2001)
Il luogo delle ombre (2003)
Velocity (2005)
Nel labirinto delle ombre (2009)

“L’uomo in nero” di Stephen King e Glenn Chadbourne

Di queso libretto, online, si sente dire qualsiasi cosa. I giudizi passano da “mera operazione commerciale” a “capolavoro”. Sicuramente quella de L’uomo in nero è stata una pubblicazione coraggiosa, specialmente in Italia dove siamo abituati a pagare poco molti fumetti e pare che, in qualche modo, il valore di un’opera dipenda da quanto ci sia “scritto dentro”. Come se disegnare fosse gratis, insomma.

L’uomo in nero si legge in pochi minuti – 96 pagine – ma i disegni di Glenn Chadbourne potrebbero essere osservati per ore. Non è un romanzo. Non è una graphic novel. Non c’è una vera e propria trama. È una trasposizione visiva di una poesia scritta da Stephen King in giovinezza, il primo documento che riveli le origini (creative) di “Colui Che Cammina Dietro I Filari”, Walter O’Dim, Randall Flagg, Richard Fannin… il Male, insomma. Chadbourne ha rappresentato molto bene la desolazione dei paesaggi attraversati da questa figura, ormai mitologica, riuscendo a farti intuire come la sua personalità si sia formata, in un cammino di solitudine e disperazione.

Mi ha riportato indietro. A La Torre Nera, a L’ombra dello scorpione, a tutta quella contestualizzazione sociale di periferia dell’America dei tempi che furono – quelli d’oro del Re, in particolare – sia letterari che cinematografici. È come se fosse un percorso emozionale. È una cosa da appassionati? Sicuramente sì. Gli altri dovrebbero starne alla larga? Sicuramente sì. Te lo consiglio? Sicuramente sì.

Ho letto quasi tutti i libri di Stephen King (ne ho lasciati indietro tre, per dopo), ma quelli di cui ti ho parlato sul blog sono questi:
Blaze (2007, come Richard Bachman)
Duma Key (2008)
Revival (2014)
Mr. Mercedes (2014)
Chi perde paga (2015)
Il bazar dei brutti sogni (2015)
Fine turno (2016)
La scatola dei bottoni di Gwendy (2017, con Richard Chizmar)
Sleeping Beauties (2017, con Owen King)
The Outsider (2018)
Elevation (2018)
L’istituto (2019)
Se scorre il sangue (2020)
Later (2021)
Guns – Contro le armi (2021)
Billy Summers (2021)
L’ultima missione di Gwendy (2022, con Richard Chizmar)
Fairy Tale (2022)
Holly (2023)
You like it darker (2024)

I fumetti (sempre solo quelli di cui ti ho parlato sul blog):
Creepshow (1982)
The Stand / L’ombra dello scorpione (2010-2016)
Sleeping Beauties (2023)
L’uomo in nero (2023)

I saggi su King (idem, vedi sopra):
Stephen King sul grande e piccolo schermo di Ian Nathan (2019)
Il grande libro di Stephen King di George Beahm (2021)

“Sopravvissuto” di Dean Koontz

Un volo aereo con duecento passeggeri precipita in picchiata da seimila metri e si schianta al suolo con una violenza tale da lasciare detriti grandi al massimo quanto francobolli. Joe Carpenter, su quell’aereo, aveva tutto ciò a cui teneva: la moglie e le due figlie. È un uomo distrutto, disperato e che aspira solo al suicidio. Trascorre un anno cercando il coraggio di spararsi, fino a quando non incontra Rose, una donna che, contro qualsiasi logica, sembra essere uscita illesa dallo schianto. Ma Rose, che sta cercando di mettersi in contattao con i famigliari di tutte le vittime, è braccata da uomini armati che vogliono metterla a tacere e, mentre Joe indaga, chiunque incontri Rose si suicida nei modi più bizzarri.

Eh, Koontz, Koontz, Koontz… che difficoltà parlare di questo tuo romanzo. 400 pagine lette in meno di una settimana. Quindi buono, no? Eh, che difficoltà…

Indubbiamente la trama è coinvolgente e sei sempre curioso di sapere cosa stia per accadere. Koontz gioca molto bene le sue carte e per ogni risposta che offre ti regala anche due domande, in un gioco infinito alla ricerca della soluzione. Una soluzione che, bisogna dirlo, non delude. La storia sta in piedi ed è anche abbastanza originale (si parla di un romanzo del 1997). Avevo voglia di prendere in mano il libro per vedere come stava procedendo la situazione, una cosa abbastanza rara, ultimamente. Però…

Però, come spesso ripeto, Koontz è un po’ il King dei lettori facili. Deduzioni forzate, conseguenze immediate, soluzioni imposte. Talvolta il protagonista arriva a capire una cosa che viene data per certa solo perché lui ha deciso che sia così. E, per intenderci, questa non rimane una posizione in dubbio, ma è una vera e propria scorciatoia letteraria che anche il lettore deve accettare. Perché lo sentiva nel suo cuore. Insomma, un po’ come nei romanzi sentimentali delle casalinghe frustrate. Questa è proprio una caratteristica dello stile di questo autore che non riesco a mandare giù, perché implica una sottostima intellettuale del lettore. Probabilmente sarà anche corretto per molti lettori, ma non per me.

Detto questo, salverei comunque questo romanzo perché la trama è davvero buona. Avrei voluto leggerlo scritto da King, sarebbe stato di un altro livello. Il continuo richiamo a King è voluto non solo dall’accostamento – sbagliato – che viene spesso fatto tra questi due autori, ma anche perché (e qui dico poco per non spoilerare) Sopravvissuto potrebbe essere uno spinn-off proprio de L’istituto scritto dal Re.

Libri che ho letto di Dean Koontz:
In un incubo di follia (1973)
In fondo alla notte (1979)
Il tunnel dell’orrore (1980)
La casa del tuono (1982)
Phantoms! (1983)
Incubi (1985)
Lampi (1988)
Cuore Nero (1992)
Sopravvissuto (1997)
L’ultima porta del cielo (2001)
Il luogo delle ombre (2003)
Velocity (2005)
Nel labirinto delle ombre (2009)

“In un incubo di follia” di Dean Koontz

Alex sta attraversando gli Stati Uniti a bordo di una Thunderbird insieme all’undicenne fratellino della moglie. La direzione è San Francisco, dove l’amata Courtney li sta aspettando per cominciare una nuova vita, tutti insieme. Senza un motivo apparente, un pazzo omicida, al volante di un furgone bianco, comincia a pedinare i due con l’evidente intenzione di ucciderli. È una corsa per la vita, la loro e anche quella di Courtney, dal momento che il pazzo sembra sapere qualcosa anche di lei… Mi fermo.

In un incubo di follia è il dodicesimo romanzo di Koontz che leggo ed è anche il più datato, dal momento che risale a ben 51 anni fa. Il ritmo è incalzante, la storia molto semplice e le 200 pagine sono volate in un paio di giorni. È un thriller senza troppe pretese, adatto a una lettura di puro svago. La scrittura di Koontz è, come spesso succede, non troppo elaborata e talvolta, nelle scelte narrative, un po’ inverosimile. Non è il caso di soffermarsi per porsi domande di logica, meglio leggere e godere di quel che viene dato, insomma, cioè puro intrattenimento.

Sebbene Koontz non sia tra gli autori che apprezzo di più – proprio a causa di questa sua eccessiva semplicità – è successo che, in una recente manifestazione di libri usati (Librokilo), mi sia trovato tra le mani diversi suoi romanzi e non abbia saputo resistere alla tentazione… i prezzi erano molto buoni. Ne consegue che apparirà più spesso tra le prossime letture, perché devo smaltire parecchi titoli acquistati in quell’occasione. È una buona notizia se sei un suo ammiratore, un po’ meno se non ti dovesse piacere. Io spero sempre di trovarmi tra le mani qualcosa di eccellente – perché a volte accade, come nel caso di Phantoms! – anche se resto dell’idea che, a differenza di King, Koontz sia stato penalizzato da un’eccessiva produzione che ha abbassato la qualità generale dei suoi lavori.
Vedremo.

 

Libri che ho letto di Dean Koontz:
In un incubo di follia (1973)
In fondo alla notte (1979)
Il tunnel dell’orrore (1980)
La casa del tuono (1982)
Phantoms! (1983)
Incubi (1985)
Lampi (1988)
Cuore Nero (1992)
L’ultima porta del cielo (2001)
Il luogo delle ombre (2003)
Velocity (2005)
Nel labirinto delle ombre (2009)