Per gran parte questo Stephen King sul grande e piccolo schermo, di Ian Nathan, è stato un gigantesco viaggio amarcord nella mia infanzia e adolescenza. Mi sono sentito come quando ritrovi un vecchio album di foto, dimenticato in un cassetto, e riscopri momenti della tua vita andati persi nel tempo. Una sensazione alla Stand by me, per capirci. Ecco.
Un lavoro titanico, deve essere stato un lavoro titanico. Io lo so bene.
Stacco, flashback.
Mi sono laureato nel 2010, il titolo della mia tesi era Stephen King Audiovisivo (seguito da un sottotitolo blablabla che non ricordo). Anni e anni di letture di libri e visioni di film condensati in poche pagine (come se si potesse davvero riassumere l’enorme universo narrativo del Re). Una comparazione divisa per macrotemi tra romanzi, racconti e trasposizioni varie. Un lavoro titanico, appunto, anche se molto dilatato nel tempo. Ho iniziato a leggere Stephen King a dodici anni (Gli occhi del drago) e non ho più smesso. In realtà, a voler essere precisi, il primo film horror che ho visto, a circa otto anni, è stato Unico indizio la luna piena, quindi ancora precedente alle mie letture. Fine del flashback.

Ian Nathan analizza ogni singola produzione e, in un paio di pagine per ognuna (quattro/sei per le opere maggiori), ne racconta la genesi e gli aneddoti più curiosi. Un lavoro volutamente e necessariamente di superficie (ci sono interi libri dedicati a singoli film, vedi Shining) ma molto molto interessante, soprattutto per quanto riguarda le produzioni minori – i b-movies tanto amati da King – delle quali spesso si conosce poco o nulla. Tutto questo mi ha riportato indietro, alle VHS da 180/240 minuti, alle programmazioni notturne, al videoregistratore (alias The Mangler) che si impianta e rovina scene fondamentali, alla speranza che il palinsesto non subisca ritardi (altrimenti ciaociao finale). Che tempi, altro che Netflix, quella sì che era sofferenza vera. Il timer indicava 2 ore e 59 minuti e, mentre un Brivido ti correva lungo la schiena, potevi solo sperare che il film terminasse nei 4/5 minuti extra di nastro. Quasi mi commuovo.

Quello che risulta evidente, leggendo questo volume, è come la produzione principale delle trasposizioni, con il tempo, si sia spostata (purtroppo, ma io sono di parte) dal cinema alla tv, con il sopravvento della serialità. A King non dispiace, è sempre stato molto più aperto di me, in questo senso. Non starò qui a discutere di questo, l’ho già fatto in Perché le serie tv sono i maccheroni Barilla e i film (alcuni) le tagliatelle tirate a mano della nonna, esplicitando tutti i miei malumori a riguardo.
Il dato semi-aggiornato di Nathan (è un valore quasi incalcolabile, considerando le produzioni secondarie e i lavori in corso) parla di 65 film e 30 produzioni televisive. Mi sono accorto di aver visto praticamente tutto fino al 2010 (che caso…) e di aver perso qualcosa negli anni successivi. Questo soprattutto per quanto riguarda le serie, non tanto per l’ostilità palesata sopra, quanto perché sono distribuite su più piattaforme ed è diventato impossibile stare al passo senza dover sottoscrivere diciotto abbonamenti diversi. Vedrei volentieri Castle Rock, che, a quanto ho capito, pare essere un omaggio riuscito abbastanza bene.
A breve ti parlerò anche de Il grande libro di Stephen King, di George Beahm, nel quale mi aspetto di trovare, vista la considerevole mole, parecchie cose che ancora non so (difficile, ma non impossibile, sebbene io mi ritenga il “fan numero uno” del Re).
Ho letto quasi tutti i libri di Stephen King (ne ho lasciati indietro tre, per dopo), ma quelli di cui ti ho parlato sul blog sono questi:
Blaze (2007, come Richard Bachman)
Duma Key (2008)
Revival (2014)
Mr. Mercedes (2014)
Chi perde paga (2015)
Il bazar dei brutti sogni (2015)
Fine turno (2016)
La scatola dei bottoni di Gwendy (2017, con Richard Chizmar)
Sleeping Beauties (2017, con Owen King)
The Outsider (2018)
Elevation (2018)
L’istituto (2019)
Se scorre il sangue (2020)
Later (2021)
Guns – Contro le armi (2021)
Billy Summers (2021)
I fumetti (sempre solo quelli dei quali ti ho parlato sul blog):
Creepshow (1982)
The Stand / L’ombra dello scorpione (2010-2016)
I saggi su King (idem, vedi sopra):
Stephen King sul grande e piccolo schermo di Ian Nathan (2019)
Quanti ricordi di quando anche io registravo un film dalla tv sulle VHS per rivederlo chissà quando. Stando pronto a premere stop quando partiva la pubblicità. Immancabilmente poi La VHS la sovrascrivevo con un altro film. Credo di averne ancora in giro qualcuna. Bei tempi. Si stava meglio quando si stava peggio 😆
Sono andato a rileggermi anche il tuo post sulle serie tv. Condivido ogni singola parola. Le uniche che ho visto per intero sono dr House e Lost (che forse ha segnato l’inizio del declino delle serie) e qualcos’altro che non ricordo.
Oggi non ce la faccio ad iniziare nulla. C’è troppa offerta e non ho voglia di impegnarmi ed affrontare ore e ore alla tv…
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Sì, e poi c’erano anche le VHS da 240 minuti che a me sembravano preziose come un diamante, da utilizzare solo in casi speciali…
A mio parere la (mini)serie ha motivo di esistere solo quando un progetto è davvero troppo vasto per essere contenuto in un film. Casi più unici che rari.
Dr House è una delle poche che ho visto anche io, mi piaceva molto il personaggio, quello sì.
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L’ho visto in libreria, ma ammetto di averlo sottovalutato, forse colpevolmente: mi sembrava un volume abbastanza superficiale, e non ho molto interesse a recuperare tutte le trasposizioni visive dei suoi libri. La tua tesi di laurea deve essere stata una fatica erculea da mettere insieme, il rischio di smarrirsi lì in mezzo è sicuramente fuori scala!
Se posso darti un consiglio, Castle Rock in realtà non è così imperdibile, anzi: della prima stagione mi è piaciuto davvero un solo episodio per la sua struttura molto particolare (è raccontato dal punto di vista di un personaggio malato di alzheimer, per cui è tutto un non sequitur) ma la trama è abbastanza meh; la seconda stagione mi è piaciuta di più, ma siamo ben lontani da un capolavoro.
Sono d’accordo con la tua osservazione sullo spostamento dal cinema alla tv, ma è la stessa tendenza che coinvolge tutta la produzione dell’audiovisivo: ormai è la televisione a guidare il gusto e ad attirare l’attenzione del grande pubblico, per cui è inevitabile che si cerchi il più possibile di adottare il formato seriale anche per storie che non ne hanno bisogno (erano necessari 10 episodi da un’ora per Chapelwaite? sicuramente no, e infatti ha un ritmo letargico che me l’ha reso davvero ostico da finire).
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Ciao! Eh sì, non è che sia proprio un lavoro approfondito (temo sia impossibile, se non sul singolo film), ma io ormai ho davvero letto tutto di King e cerco l’ “antica emozione” dove posso… Mi aspetto molto di più dal librone di Beahm, spero di non rimanere deluso.
Con Castle Rock mi hai fatto risparmiare tempo, grazie di cuore (si nota quanto poco ci vuole a demotivarmi su una serie?).
La ripetitività delle serie è il primo macrodifetto che mi allontana. Ricordo ancora quando guardai la prima stagione di Stranger Things… bellissimo esteticamente, non c’è che dire, ma alla ventesima volta che Winona girava per casa inseguendo le lampadine accese le avrei sparato. Ho provato anche con Squid Game, ma anche lì ti fanno vedere ogni singolo personaggio che: sale in auto, trova il biglietto, ecc. L’ho guardato perché “innovativo”… ehm, davvero? I ricchi che giocano con i poveri… innovativo, nuovo? Ora, io non pretendo ci si ricordi dei gladiatori, sarebbe sufficiente Hunger Games.
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Squid Game di innovativo non ha davvero nulla; leggevo da qualche parte (forse su qualche blog qui su WP) che tante cose di Netflix vengono considerate innovative perché il loro pubblico-tipo non guarda niente a parte le novità del momento che la piattaforma propone, e in generale purtroppo mi sento di dargli ragione. Che poi non è neanche un male, secondo me, riproporre ciclicamente delle storie simili (sa il cielo quante storie sui vampiri esistono al mondo e quanto siano, bene o male, tutte simili tra loro) ma è importante riuscire ad avere una prospettiva su quello che si sta guardando. A me ha divertito, l’ho guardato con piacere, però non è esattamente un capolavoro.
Stranger Things mi è caduto molto con la terza stagione, perché, restano sulla ripetitività, è la stessa storia per la terza volta consecutiva! La fonte di creatività si è esaurita molto in fretta e adesso è un continuo rimescolare, spero davvero che con la quarta la chiudano (anche perché i personaggi vanno alle medie ma gli attori tra un po’ si sposano, per cui non so quanto possa ancora essere credibile).
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Caspita, comunque ci dai dentro, non te ne perdi una! In generale ho notato che non mi dispiacciono quelle di Flanagan (Midnight Mass più di Hill House), ma credo dipenda dalla sua provenienza cinematografica. E poi sono miniserie, e questo per me è un pregio: la storia si conclude e il progetto nasce per terminare, non per fidelizzare, aumentando il livello qualitativo. Tuttavia rimango della mia idea: apprezzo le serie solo quando fanno ridere (vedi quelle stupende di Chuck Lorre), per tutto il resto meglio il Cinema…
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Ahahah è che le guardo mentre mangio, per cui se non sono troppo lunghe le finisco abbastanza in fretta!
Flanagan ha realizzato delle miniserie bellissime! Midnight Mass mi è piaciuta tantissimo, ma forse è proprio Hill House la mia preferita, anche se l’ho vista una volta sola e gli sono debitore di alcuni infarti non indifferenti. Sono molto curioso di vedere cosa tirerà fuori da The Fall of the House of Husher, ma ammetto che mi piacerebbe tornasse anche a realizzare dei film senza dover ogni volta partorire 10 ore di miniserie.
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Di suo ho appena visto Dr. Sleep e devo dire che, a dispetto di quanto sia stato criticato, a me è piaciuto abbastanza. Il confronto con Shining è ovviamente inutile, ma messo da parte questo, l’ho trovato più godibile di tante altre produzioni kinghiane…
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Come sempre hai acceso (o riacceso?) il mio interesse per Stephen King…
Nel frattempo, memore del tuo consiglio, 22.11.63 è arrivato nella mia libreria ed è in attesa. Attualmente mi dedico a letture leggere anche perché un mese fa sono diventato papà per la seconda volta e le priorità sono – evidentemente – altrove.
A presto!
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Apperò, complimenti!
22/11/63… è talmente bello che non mi sento nemmeno in ansia per la responsabilità di avertelo fatto acquistare. Aspetto di sapere cosa ne pensi!
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