La trama di questo nuovo romanzo del Re è nota, quindi sarò ermetico come un Tupperware.
Luke Ellis, 12 anni, viene rapito nel cuore della notte, i suoi genitori brutalmente uccisi. Il ragazzo si ritrova in un segretissimo istituto dove altri ragazzi come lui, dotati di poteri telecinetici o telepatici, vengono sottoposti a continui esperimenti da dottori senza scrupoli e senza pietà. A quale scopo? Riuscirà Luke a scappare?
Su L’istituto ho letto opinioni contrastanti, da chi festeggia per il ritorno di Stephen King agli antichi splendori (sul retro del volume lo slogan promozionale decanta il libro come il nuovo IT, brrr) a chi ne decreta l’ormai imminente morte artistica. Io ti dico: né una cosa, né l’altra. Siamo di fronte a un romanzo medio, molto scorrevole ma che non lascia il segno. Attenzione: qualcuno (tanti) l’ha anche trovato prolisso ma io credo che se decidi di leggere Stephen King un po’ di lungaggini tu debba metterle in conto e, per dirla tutta, a me piacciono.
E qui apriamo una piccola parentesi con un esempio del tutto inventato.
Se un personaggio, in un romanzo di King, incontra una cassiera al supermercato, tu puoi stare sicuro che il Re ti racconterà qualcosa di quella cassiera, anche se la sua funzione sarà solo quella di far pagare la spesa. È così. King vuole che tu riesca a incasellare ogni comparsa in una tua determinata categoria mentale e, per farlo, usa aneddoti o dettagli che spesso vengono considerati superflui o eccessivamente descrittivi. Tuttavia è proprio questo che fa funzionare la sua narrazione. Trascorso qualche mese dalla lettura ti sembrerà di avere vissuto personalmente quanto accaduto nel romanzo, di essere stato anche tu lì, mentre quella cassiera si faceva rigirare la fede al dito, nonostante il marito morto da due anni, e tu avrai un’idea ben precisa di che tipo di donna sia (secondo i tuoi criteri) grazie ai suoi dubbi se accettare o meno l’invito del postino che la corteggia da mesi. Magari poi salterà anche fuori che lei si era sposata senza amore per un debito di riconoscenza nei confronti del deceduto. Insomma, se tutto questo non ti piace, hai sbagliato autore.
Comunque, tornando a L’istituto, è indubbia la strizzata d’occhio ai successi teen del momento (vedi Stranger Things o il nuovo IT) con una letteratura alleggerita che in certi momenti fa pensare, più che a un romanzo per adulti, a uno per ragazzi. Insomma, ultimamente si batte un po’ cassa, ma questo lo avevamo già visto con le discutibili scelte editoriali di La scatola dei bottoni di Gwendy e Elevation che, insieme, non fanno mezzo libro delle vecchie raccolte di racconti (tipo A volte ritornano).
[A proposito di A volte ritornano, io me lo sono riascoltato tutto su questo canale Youtube. Te lo consiglio veramente, questo Lorenzo Loreti è bravissimo, i racconti sono effettati e recitati. Mi ha davvero salvato in momenti di noia lavorativa.]
Di sicuro non ti consiglierei questo romanzo per iniziare a leggere King, ma forse te lo consiglierei se tu fossi molto giovane. Paradossalmente, trovo delle lacune dove altri sentono la trama più snella e agile, ossia nella mancanza di approfondimento per i personaggi “cattivi”. Se, infatti, i ragazzi (le vittime) sono ben tratteggiati (così come poi i loro aiutanti) così non è per gli antagonisti, che finiscono per essere solamente, appunto, “cattivi”, senza uno spessore di umanità che li caratterizzi. Per capirci, ti ho appena parlato di Joker, dove l’approfondimento psicologico ti consente di capire come Joker sia diventato Joker. Ecco, ne L’istituto tutto questo manca, i malvagi sono malvagi in quanto tali, e questo per me è una pecca.
Tra gli ultimi (il grassetto è d’obbligo) romanzi di King, insomma, i migliori rimangono ancora 22/11/63 e Joyland, ma L’istiuto è comunque godibile in tutte le sue 560 pagine. IT, però, signori che stabilite le frasi a effetto da inserire sulle copertine, è proprio un altro pianeta.
Ho letto quasi tutti i libri di Stephen King (me ne mancano 4/5), ma quelli di cui ti ho parlato sul blog sono questi:
Blaze (2007, come Richard Bachman)
Duma Key (2008)
Revival (2014)
Mr. Mercedes (2014)
Chi perde paga (2015)
Il bazar dei brutti sogni (2015)
Fine turno (2016)
La scatola dei bottoni di Gwendy (2017, con Richard Chizmar)
Sleeping Beauties (2017, con Owen King)
The Outsider (2018)
Elevation (2018)
L’istituto (2019)
Hai ragione, i dettagli sono una delle caratteristiche che fanno lo stile di King. Senza, i suoi libri non sarebbero gli stessi.
Certo, il passaggio di punto di vista da un personaggio all’altro è considerato un errore nella narrativa, ma King può infischiarsene e fare quello che gli pare! XD
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Sì beh, in generale i grandi scrittori delle regole della narrativa se ne sbattono abbastanza… D’altra parte loro scrivono, le regole della narrativa è abbastanza probabile le stabilisca chi a scrivere non ci sia arrivato. 😉
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Sono d’accordo, è un libro nella media, senza infamia e senza lode. Sono circa a tre quarti (Luke ha appena incontrato Tim), ed è un libro che mi piace mentre lo leggo ma a cui non scalpito per tornare appena ho un momento libero. Come dici tu, è piacevole ma non lascia il segno.
Non so se possa essere una storia nata sull’onda di Stranger Things; sicuramente ha aiutato, ma King scriveva storie simili già moltissimi anni fa: per dire, già Carrie o L’Incendiaria parlavano di adolescenti con poteri paranormali, e nel secondo c’era pure un’oscura organizzazione governativa che dà la caccia alla protagonista.
Invece sono assolutamente d’accordo sui cattivi, granitici e bidimensionali. Ho pensato (o voluto credere) che fosse intenzionale, come se li considerasse talmente infami da non meritare nemmeno un briciolo di approfondimento. E’ vero che KIng ha scritto personaggi ben peggiori, ma qui si parla di gente sadica che tortura dei bambini, per cui forse il suo disprezzo è tale da non degnarli nemmeno di una giustificazione. O forse sono io che cerco delle scusanti.
Tra gli ultimissimi a me era piaciuto anche The Outsider, nulla per cui strappasi i capelli, chiaro, ma almeno mi aveva tenuto avvinto fino alla fine senza dovermi sentire obbligato a riprendere in mano il libro senza che ne avessi voglia.
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Sì, infatti a L’incendiaria fa un piccolo richiamo, non ricordo se dove sei arrivato tu o più avanti… (Avevo visto anche il film da piccolo e l’ho poi rivisto recentemente e mi sono accorto che la bambina è Drew Barrymore!)
Credo che Stranger Things debba molto all’immaginario kinghiano, forse per questo poi nel leggere L’istituto i richiami sono diventati bidirezionali. The outisder mi era piaciuto, però soprattutto nella prima parte, il finale l’ho trovato abbastanza affrettato e poco approfondito.
Buon proseguimento, ti leggerò di sicuro quando l’avrai finito perché voglio conoscere il tuo giudizio complessivo. Non dico altro così non ti spoilero niente.
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