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“Il lato oscuro dell’anima” di Joe R. Lansdale

Il lato oscuro dell’anima è stato pubblicato in Italia da Fanucci solo nel 2005 ma, in realtà, la sua stesura è avvenuta molto molto prima. Lansdale ne scrive una prima versione nel 1982 e la intitola Night of the Goblins, tuttavia, anche a causa della violenza splutterpunk che lo caratterizza, il romanzo verrà pubblicato solo qualche anno più tardi, nel 1987, con il titolo The Nightrunners. Tutto questo per dire che, cronologia alla mano, siamo di fronte a uno dei primi romanzi di questo scrittore, forse addirittura il secondo, se si trascura l’ordine di pubblicazione ufficiale.

Non mi dilungo sulla trama. Ci sono dei minorenni – pazzi, sadici e assassini – e c’è una coppia che è braccata da questo allegro gruppetto. Il motivo è semplice: la donna è riuscita a sfuggire proprio dalle grinfie di questi, che sono riusciti “solo” a stuprarla, ma non a ucciderla. La situazione, già difficile per i risvolti psicologici che questo evento ha avuto sulle dinamiche della coppia, è ulteriormente complicata dalla presenza di un ex-membro del gruppo che, sebbene morto suicida in carcere, pare vivere nella testa di uno dei suoi amici criminali, in una sorta di doppia personalità.

Questo romanzo parte molto bene, proprio grazie all’indagine psicologica che va a sondare gli equilibri della coppia in crisi, per poi afflosciarsi un po’ nella seconda parte, con l’intensificarsi delle tematiche più soprannaturali (sempre che lo siano, Lansdale lascia molto all’interpretazione del lettore). L’impressione che ho avuto durante la lettura è quella di un autore ancora acerbo – anche considerati i capolavori successivi – e nel vedere poi la datazione, di cui ti ho parlato sopra, mi sono spiegato il perché. La verità è che quindi, per ora, questo è forse il romanzo che mi è piaciuto meno di Lansdale. È un buon romanzo eh, chiariamoci, ma rispetto allo standard di questo autore presenta un livello di semplicità sopra la media e uno stile poco accentuato. Saranno i temi trattati, ma la sensazione è un po’ quella di aver letto un brutto romanzo di Koontz, ma scritto meglio.

Romanzi che ho letto di Joe R. Lansdale:
Il lato oscuro dell’anima (1982)
La morte ci sfida (1984)
La sottile linea scura (2002)
Notizie dalle tenebre (2014)

Trilogia Drive-in:
Il drive-in (1988)
Il drive-in 2 (non uno dei soliti seguiti) o Il giorno dei dinosauri (1989)
La notte del drive-in 3. La gita per turisti (2005)

Trilogia Ned la Foca:
Fuoco nella polvere (2001)

Ciclo Hap & Leonard:
Una stagione selvaggia (1990)
Mucho Mojo (1994)
Il mambo degli orsi (1995)
Bad chili (1997)
Rumble Tumble (1998)

“Never Flinch – La lotteria degli innocenti” di Stephen King

Never Flinch – La lotteria degli innocenti è l’ennesimo romanzo di Stephen King, dopo la trilogia di Mr Mercedes, The Outsider e Holly, ad avere come protagonista l’investigatrice Holly Gibney, tanto brava e intuitiva quanto insicura e fastidiosamente debole. In pratica un personaggio che, nel mondo reale, sarebbe già stato fatto fuori da una zanzara (e neanche particolarmente affamata). Tu sai che io non amo questa serie, la leggo perché del Re leggo tutto, e quando ho scoperto che il nuovo romanzo sarebbe stato l’ennesimo thriller con Holly come personaggio principale non ho certo fatto i salti di gioia. Peraltro, se in tutti i precedenti episodi c’era anche del paranormale o comunque dell’orrore vero (vedi gli anziani e inquietanti serial killer cannibali in Holly), qui si tratta di un thriller puro, senza nulla di speciale o particolare, un romanzo che potrebbe essere stato scritto – se non per lo stile magistrale – da un qualsiasi giallista. Che palle.

Ora, io la trama non la approfondirei troppo, sai come la penso… Stavolta Holly si trova a combattere su due fronti: da una parte c’è un serial killer, che uccide persone a caso assegnandogli nomi appartenenti a una giuria colpevole di aver condannato un innocente morto in carcere; dall’altra uno/a psicopatico/a (ambiguità sessuale per non spoilerare) che perseguita una conferenziera che Holly stessa è incaricata di proteggere. In mezzo, ci buttiamo i fratelli Robinson che sono un po’ come il prezzemolo e, in quanto neri (concedimelo, perché il motivo a me pare essere questo), non sbagliano mai un colpo e non hanno una singola caratteristica negativa, con la stessa credibilità della smidollata Holly (l’inclusività di ogni tipo ha travalicato il senso della realtà, fino a uccidere il realismo, come su Netflix).

600 pagine, che chiariamolo, ho letto in pochi giorni. Lo stile narrativo rimane quello di Stephen King, quindi lessicalmente perfetto è inoppugnabile. Il problema è che si tratta di una storia, nel suo genere, abbastanza banale. Mi spiego. In IT, in The body (Stand by me, per capirci), tu hai voglia di leggere per essere lì, per vivere le esperienze con i protagonisti, per goderti il “viaggio” insieme a loro. Questo rende memorabile il romanzo. In questi thriller (e mi riferisco a tutta la serie), invece, le storie sono costruite per portarti con un’avida curiosità fino all’apice (che si intuisce quale sarà sin dalle prime pagine) ben costruito della vicenda, con una curiosità morbosa da telenovela. Vuoi scoprire cosa succederà, come ne usciranno i personaggi, come verrà ucciso il cattivo di turno, nulla di più. E no, così non è un’esperienza memorabile, è l’ennesima fagocitazione in stile serie tv.

Poi, siccome ho criticato i fratelli Robinson, vorrei chiarire anche questo punto, prima di essere accusato di razzismo. Non sono credibili e questo è quanto. Jerome riesce in tutto, è bello e bravo e non ha mai un difetto. Passa da scrittore di successo (di best sellers, per capirci) a indagatore, a guardia del corpo, senza mai fallire. Ha pensieri esclusivamente buoni. Idem Barbara che, dopo aver scritto uno dei migliori libri di poesie dell’ultimo secolo (così pare), diventa anche migliore amica, coautrice e corista di una star comparabile ad Aretha Franklin. La vita non è così e King dovrebbe saperlo bene, visto il “successo” dei suoi “Rock Bottom Remainders” (un gruppo di autori che si diverte a suonare, ma non certo a sfondare). Se escludiamo l’ambiziosa e narcisista conferenziera Kate – forse il personaggio meglio costruito del libro, perché più realistico – anche tutte le altre donne hanno solo caratteristiche positive. Insomma, a King è scappata la mano nella semplificazione altamente inclusiva che, per non contraddire la moda, contraddice la credibilità.

Ci sono poi, nella trama, altri momenti di eccesiva semplificazione dovuta a facili e improbabili deduzioni. E questo si sposa bene con quanto detto sopra. Il pubblico che si accontenta di poche sfumature, e che vede solo o bianco o nero, è anche lo stesso che, poi, non richiede – per l’appunto – eccessivo realismo nella costruzione delle indagini. Hai presente quelle intuizioni da: “deve essere per forza andata così”? Ecco.

Insomma, come lettore vecchio stile mi sento un po’ offeso da questo insieme di semplificazioni (è un termine che ritorna in questo post, non a caso). Credo, tristemente, che King stia adattando le sue opere al nuovo target o, per dirla senza mezzi termini, al nuovo livello culturale di molti lettori di oggi, che sono meno esigenti di quelli di ieri. D’altra parte lo vediamo dappertutto, nella musica, nel cinema e, ora, anche nella letteratura: il livello del prodotto si adegua al livello del consumatore, per non offendere la sua ignoranza. Perché si sa, se il consumatore non capisce, poi, può diventare pericoloso e reagire con ostilità, rifiutare il prodotto anziché sbattersi per comprenderlo (anche perché, spesso, non ha più i mezzi per farlo).

Ho letto quasi tutti i libri di Stephen King (ne ho lasciati indietro tre, per dopo), ma quelli di cui ti ho parlato sul blog sono questi:
Blaze (2007, come Richard Bachman)
Duma Key (2008)
Revival (2014)
Mr. Mercedes (2014)
Chi perde paga (2015)
Il bazar dei brutti sogni (2015)
Fine turno (2016)
La scatola dei bottoni di Gwendy (2017, con Richard Chizmar)
Sleeping Beauties (2017, con Owen King)
The Outsider (2018)
Elevation (2018)
L’istituto (2019)
Se scorre il sangue (2020)
Later (2021)
Guns – Contro le armi (2021)
Billy Summers (2021)
L’ultima missione di Gwendy (2022, con Richard Chizmar)
Fairy Tale (2022)
Holly (2023)
You like it darker (2024)
Never Flinch – La lotteria degli innocenti (2025)

I fumetti (sempre solo quelli di cui ti ho parlato sul blog):
Creepshow (1982)
The Stand / L’ombra dello scorpione (2010-2016)
Sleeping Beauties (2023)
L’uomo in nero (2023)

I saggi su King (idem, vedi sopra):
Stephen King sul grande e piccolo schermo di Ian Nathan (2019)
Il grande libro di Stephen King di George Beahm (2021)

“Hap & Leonard – Rumble Tumble” di Joe R. Lansdale

Nel momento in cui scrivo la serie di Hap & Leonard conta 14 romanzi e 2 raccolte di racconti. Rumble Tumble è fortunatamente solo il quinto episodio della serie e questo mi porta ad avere la bellezza di altri undici libri da leggere con protagonisti i due imbattibili texani. Cercherò di diluirli nel tempo, perché vorrei non finissero mai.

Brett, la compagna di Hap, ha una figlia, Tilly, che fa la prostituta ed è finita in un brutto giro dal quale vorrebbe uscire. È Red, un nano dal carattere molto particolare, a informare Brett dei problemi di Tilly. Ovviamente, Hap e Leonard si buttano nella mischia e aiutano Brett nell’impresa, rapendo il nano e mettendosi contro un’intera organizzazione criminale. Seguono sparatorie, botte, scommesse e cose politicamente molto scorrette.

200 pagine tonde tonde, lette in un paio di giorni. Lansdale mi porta ormai in un mondo che conosco e nel quale mi sento a casa. Qui, poi, si eleva al quadrato ciò che ormai si vede e sente raramente in tv: tra l’omosessualità di Leonard e il nanismo di Red, è un continuo scambio di battute e cattiverie (intelligenti) come “si facevano” una volta. Lansadale, di nuovo, insegna con grande ironia come il rispetto non debba passare per forza per la via della censura. Un concetto semplice ma molto difficile da capire e mettere in pratica, soprattutto oggi.

P.S. Stavo per dimenticare: “Rumble Tumble” è il modo che ha Red di definire quelle situazioni che finiscono, tra risse e spari, in un gran casino. Una sorta di Helter Skelter di violenza, insomma.

Romanzi che ho letto di Joe R. Lansdale:
La morte ci sfida (1984)
La sottile linea scura (2002)
Notizie dalle tenebre (2014)

Trilogia Drive-in:
Il drive-in (1988)
Il drive-in 2 (non uno dei soliti seguiti) o Il giorno dei dinosauri (1989)
La notte del drive-in 3. La gita per turisti (2005)

Trilogia Ned la Foca:
Fuoco nella polvere (2001)

Ciclo Hap & Leonard:
Una stagione selvaggia (1990)
Mucho Mojo (1994)
Il mambo degli orsi (1995)
Bad chili (1997)
Rumble Tumble (1998)

“La pelle fredda” di Albert Sánchez Piñol

Un giovane ex combattente per l’indipendenza irlandese decide di ritirarsi a lavorare, come incaricato per la registrazione degli agenti atmosferici, su una minuscola isola della Patagonia. Al momento dello sbarco, aiutato dall’equipaggio della nave, perlustra il fazzoletto di terra, largo poco più di un chilometro. Sono presenti solo due strutture: la casa del suo predecessore – del quale non vi è più traccia – e un faro, il cui guardiano, tale Batís Caffó, pare totalmente impazzito. Nonostante i suggerimenti del comandante, il giovane decide di fermarsi e assolvere al proprio compito. Durante la prima notte subisce un forte attacco da parte di creature dall’aspetto umanoide ma con pelle di pesce, si difende sbarrando porte e finestre e combattendo anche con i denti. Dal giorno successivo, tenta di entrare in contatto con il guardiano del faro e ottenere qualche risposta sui misteri che circondano l’isola. Ma Batís Caffó è tutt’altro loquace e per nulla disposto a condividere la sua postazione fortificata. Anche perché Batís Caffó vive con una di queste creature che, a prima vista, pare essere una sua schiava… Mi fermo.

Un paio di anni fa ho visto Cold Skin – La creatura di Atlantide e, onestamente, non lo ricordo come un gran film (l’ho rimesso in lista, così ripasso e cerco di capire). Avevo però deciso di leggere comunque La pelle fredda, il romanzo di Albert Sánchez Pinol dal quale il film è stato tratto. Non ricordo perché, forse semplicemente perché mi attraggono molto le storie e le ambientazioni con i fari (tipo i recenti The Lighthouse e The Vanishing). Il libro l’ho recuperato con colpevole ritardo, anche perché mi è piaciuto parecchio, il fatto che l’abbia letto in tre giorni ne è la prova.

Lo stile ricorda in qualche modo i classici di Verne o di Wells, tuttavia le tematiche sessuali presenti nella trama lo “svecchiano” discostandolo dai classici che, appunto, di sesso non potevano/volevano parlarne. La sensazione diventa quindi quella di una storia d’altri tempi raccontata in modo realistico. Un po’ come se L’uomo invisibile avesse sfruttato davvero (strizzatina d’occhio, strizzatina d’occhio) i proprio poteri, per capirci.

Io non voglio svelarti troppo di questo romanzo, ma i temi trattati sono sicuramente profondi, sebbene la trama vada avanti con un certo grado di leggerezza (non sempre in modo veloce, tuttavia). L’introspezione continua del protagonista e il conflitto con il nemico/alleato Batís Caffó si prestano a molteplici interpretazioni che riguardano la natura umana e, in un certo modo, il concetto dell’eterno ritorno. I mostri marini – le ranacce, come le chiama Caffó – sono fuori e dentro l’isola, fuori e dentro l’animo. È difficile stabilire chi sia il nemico di chi, dove stia il Bene e il Male e il confine tra quello che attrae e quello che respinge.

Un romanzo che sicuramente ti consiglio, anche per la capacità dell’autore di portarti su quell’isola insieme ai suoi personaggi, tanto da chiederti se, alla fine, anche tu non sia un po’ Batís Caffó.

“L’estate dei morti viventi” di John Ajvide Lindqvist

Doverosa premessa: non siamo di fronte a un romanzo sugli zombie del tipo de La notte dei morti viventi di Romero o di quelli più recenti di The walking dead. Questo per chiarire da subito la situazione: morti viventi, sì, ma di una razza un po’ diversa da quelli a cui siamo abituati (o assuefatti).

Terzo libro di Lindqvist che leggo e, forse, quello che dei tre mi ha entusiasmato meno, sebbene sempre originale nel trattare un tema noto in modo inconsueto. Lo “Stephen King svedese”, così come viene spesso definito, ha comunque dalla sua la capacità di creare atmosfere caratteristiche e avvolgenti, che ti tirano dentro in una sorta di angoscia riflessiva tipica del suo stile.

In L’estate dei morti viventi a risvegliarsi sono circa 2000 deceduti svedesi che, semplicemente, non fanno nulla. Qualcuno di loro parlotta in modo sconclusionato ma, in pratica, la gran parte si limita a vegetare. Il romanzo segue le vicende di tre famiglie, ognuna con un morto fresco e riesumato, che devono vedersela non tanto con i morti quanto con il signifcato della morte, della vita e dell’esistenza nel suo complesso. Quello di Lindqvist è un horror spirituale/riflessivo, non cannibale e mostruoso. Cosa succederebbe alla società se accadesse che…? Ecco.

Detto questo, il romanzo mi è comunque parso riuscito per 3/4, un po’ come se gli mancasse qualcosa nel significato. La deriva metafisica è interessante ma non mi ha soddisfatto del tutto. Non aggiungo altro perché sarebbe impossibile non spoilerare.
Lindqvist non ha scritto molti libri – mi pare otto in totale – procederò oltre, in ordine cronolgico potendo, visto che quelli che ho già letto sono proprio i primi tre.

Libri che ho letto di Lindqvist:
Lasciami entrare (2006)
L’estate dei morti viventi (2008)
Il porto degli spiriti (2010)

“Fuoco nella polvere” di Joe R. Lansdale

Un po’ di intro su cose che non hanno a che fare con il romanzo di Lansdale, chiamiamoli aggiornamenti.
1 – Un proposito (che probabilmente non rispetterò): le mie letture, d’ora in poi, seguiranno un ordine alternato tra narrativa e non narrativa (saggi, biografie, finanza, crescita personale…). Questo perché la narrativa è un ottimo svago ma è spesso (non sempre) inutile; la saggistica, invece, migliora le conoscenze e le competenze. Non che tutto ciò serva a qualcosa nella vita, ma ho deciso così.
2 – I post tenderanno a diventare più schematici. Ultimamente ho molta meno voglia di portare avanti il blog e la qualità dei post ne ha risentito, rispetto a qualche anno fa. Le visite dovrebbero essere calate, seguendo una logica-logica, invece sono nettamente aumentate. Questo accade perché la qualità non premia nel mondo moderno, quindi tanto vale sbattersene e riprendere a dare al blog il senso iniziale, cioè quello di un bloc-notes dove appuntare ciò che ho letto per non dimenticarlo.

Veniamo a Fuoco nella polvere e iniziamo con una polemica. Questo romanzo fa parte della trilogia di Ned la foca che, al momento, risulta tradotta solo per i primi due libri. Il terzo, del 2019, non è ancora uscito in Italia. I lavori si finiscono o non si cominciano, per come la vedo io. Questa abitudine di iniziare una cosa e poi vedere come và e, in caso, se va male, lasciare che il consumatore “si attacchi” comincia un po’ stufarmi. È anche uno dei motivi per cui non guardo le serie, perché spesso vengono piantate lì a metà quando il pubblico dimostra un calo di interesse. Hai comprato? Hai pagato? Gnam gnam, io ho mangiato.

Avevo letto un po’ di recensioni su Fuoco nella polvere e mi aspettavo fosse una cagata pazzesca (cit.), mi sono in gran parte dovuto ricredere. Non è certo il miglior Lansdale che abbia letto, ma le 180 pagine sono volate via in un attimo, leggere e intrattenenti. È un romanzo assurdo, che mischia steampunk e citazionismo estremo, coinvolgendo personaggi della storia con quelli della letteratura, in una sorta di mondo parallelo in cui tutto è intrecciato.

Eccone alcuni: Buffalo Bill, Wild Bill Hickok, Annie Oakley, Toro Seduto, Ned Buntline, il mostro di Frankenstein, Dracula, l’Uomo di latta…
Tieni conto che, insieme a questi, compaiono varianti di altri personaggi come il Capitano Nemo e Jack lo squartatore. Tutto ciò è frullato in una trama che riprende in gran parte L’isola del Dottor Moreau di H.G. Wells. Una battaglia iniziale tra zeppelin (il titolo originale è Zeppelins West), con fuga dal Giappone, fa naufragare i personaggi su un’isola, dove il dottor Momo sta ibridando uomini con animali. Qui succede di tutto, con tanto di mostro di Frankenstein che titilla il bullone erotico dell’Uomo di latta dopo avergli dichiarato eterno amore. Una cosa tipicamente alla Lansdale, dove il non-sense e l’uomorismo si aggrovigliano tra loro. Devo dire che, nonostante a me le storie troppo assurde generalmente non piacciano, questa è riuscita davvero a coinvolgermi, forse perché segue un percorso “logico nell’illogico” ben definito.

Ho già il secondo romanzo, Londra tra le fiamme, che cercherò di non leggere a stretto giro e alternare così la narrativa con qualcosa di diverso da Lansdale (se ci riesco, altrimenti chi se ne frega). Così magari nel frattempo mi traducono il terzo, eh? (Questo è sarcasmo.)

 

Romanzi che ho letto di Joe R. Lansdale:
La morte ci sfida (1984)
La sottile linea scura (2002)
Notizie dalle tenebre (2014)

Trilogia Drive-in:
Il drive-in (1988)
Il drive-in 2 (non uno dei soliti seguiti) o Il giorno dei dinosauri (1989)
La notte del drive-in 3. La gita per turisti (2005)

Trilogia Ned la Foca:
Fuoco nella polvere (2001)

Ciclo Hap & Leonard:
Una stagione selvaggia (1990)
Mucho Mojo (1994)
Il mambo degli orsi (1995)
Bad chili (1997)

“Hap & Leonard – Bad chili” di Joe R. Lansdale

Un paio di cose prima di andare alla ciccia. Uno: ho l’influenza e la febbre, quindi cercherò di terminare il post velocemente, prima di morire. Due: incredibilmente sono stato costretto a fotografare il libro perché la copertina che vedi, al momento, non riesco a trovarla da nessuna parte online, manco fosse una variant in edizione limitata…

Come promesso, ho iniziato il secondo volume di Einaudi che raccoglie il quarto, quinto e sesto romanzo della serie di Hap & Leonard, rispettivamente Bad chili, Rumble Tumble e Capitani oltraggiosi. Sono già in ansia perché i successivi tre romanzi non sono stati ancora raccolti in un unico volume e questo creerà un incredibile squilibrio estetico nella mia libreria. Spero che Einaudi faccia una magia a breve…

Veniamo a Bad chili. Raul, l’ex fidanzato di Leonard, è scomparso dopo aver piantato Leonard e averlo lasciato in condizioni psicofisiche deprecabili. Ma non è solo scomparso, è proprio morto e pare che fosse invischiato in loschi traffici che comprendevano snuff movie gay. Hap e Leonard scoprono così un mondo di torture e videocassette e, ovviamente, indagano. Hap riesce anche a prendere la rabbia facendosi mordere da uno scoiattolo, ma non tutto il male viene per nuocere perché in ospedale conoscerà la provocante infermiera Brett…

È stato un periodo complicato e ci ho messo un po’ a leggere questo romanzo, ma la colpa non è stata di Lansdale, posso accollarmela tutta io. Devo tuttavia dire la verità: a livello di trama questo quarto romanzo è stato forse quello che mi è piaciuto meno, perché un po’ più dispersivo. Però, dal punto di vista psicologico, Bad chili scava nel dolore di Leonard facendolo conoscere molto meglio come personaggio. Ecco, sì, forse tra quelli che ho letto questo quarto episodio è il più “emotivo”.

In definitiva, ormai, con Hap e Leonard comincio a sentirmi a casa e questo non può che farmi piacere. I libri della serie, raccolte di racconti comprese, dovrebbero essere quindici, quindi sono solo all’inizio di questa strada che, posso ormai esserne certo, percorrerò per intero.

Libri che ho letto di Joe R. Lansdale:
La morte ci sfida (1984)
La sottile linea scura (2002)
Notizie dalle tenebre (2014)

Trilogia Drive-in:
Il drive-in (1988)
Il drive-in 2 (non uno dei soliti seguiti) o Il giorno dei dinosauri (1989)
La notte del drive-in 3. La gita per turisti (2005)

Ciclo Hap & Leonard:
Una stagione selvaggia (1990)
Mucho Mojo (1994)
Il mambo degli orsi (1995)
Bad chili (1997)

“Hap & Leonard – Il mambo degli orsi” di Joe R. Lansdale

Terza avventura di Hap & Leonard, Il mambo degli orsi, è forse anche la storia più drammatica di questa serie tra quelle che ho letto fino ad ora (sono solo al terzo episodio eh). Il livello di tensione è stato davvero palpabile e, per la prima volta, anche la sensazione che la strana coppia non sia poi così invulnerabile. Lansdale è riuscito ancora a giocare nuove carte, a rinnovare il repertorio e tirar fuori dal cilindro un coniglio che è un po’ diverso dai conigli precedenti.

Florida, ex di Hap conosciuta nel secondo episodio, è scomparsa improvvisamente mentre indagava su uno strano suicidio avvenuto nella prigione di Grovetown. Il problema è che Grovetown sembra uscita da un altro tempo: il razzismo è di casa, la diffidenza e l’odio verso lo straniero e il diverso sono all’ordine del giorno e il Ku Klux Klan non è mai passato di moda. Hap e Leonard si trasferiscono in loco per indagare ma la cosa è parecchio complessa perché Leonard è nero, Leonard è gay e Hap è amico di un nero per di più gay. Non ti anticipo altro, ma sappi che l’ambiente di Grovetown è davvero ostile e che i nostri due eroi si beccheranno uno dei pestaggi più duri e spietati che abbiano mai avuto modo di ricevere.

Fare una classifica dei vari episodi di Hap & Leonard è difficile, perché in qualche modo ognuno è diverso (per ora) dal precedente. Ho preferito il secondo episodio per la trama, più complessa, ma il terzo è stato di certo migliore per la tensione drammatica. Il duo è sempre un duo “comico”, ma ne Il mambo degli orsi Lansdale riesce a mostrare tutta la fragilità e il lato umano di personaggi che sembravano indistruttibili. Inoltre il tema del razzismo è trattato in modo autentico, rude, senza farti venire l’orticaria per i falsi buonismi. E tutto questo senza contare l’umorismo tra i due protagonisti che ricorda quello delle vecchie coppie bianco/nero nei polizieschi come Arma letale (che oggi difficilmente potremmo vedere al cinema).

Ho già sullo scaffale il secondo tomo Einaudi che contiene i successivi tre romanzi della serie, quindi con Hap & Leonard non è finita qui. Sono davvero contento di averli incontrati.

Libri che ho letto di Joe R. Lansdale:
La morte ci sfida (1984)
La sottile linea scura (2002)
Notizie dalle tenebre (2014)

Trilogia Drive-in:
Il drive-in (1988)
Il drive-in 2 (non uno dei soliti seguiti) o Il giorno dei dinosauri (1989)
La notte del drive-in 3. La gita per turisti (2005)

Ciclo Hap & Leonard:
Una stagione selvaggia (1990)
Mucho Mojo (1994)
Il mambo degli orsi (1995)

“Hap & Leonard – Mucho Mojo” di Joe R. Lansdale

Leonard eredita una casa e un po’ di denaro dal defunto zio Chester. La casa è in un pessimo quartiere e necessita di una ristrutturazione, per questi motivi Leonard ospita Hap, sottraendolo a un lavoro precario, e i due insieme cominciano i lavori. Sotto la casa trovano il corpo di un bambino e tutta una serie di prove che apparentemente fanno sembrare zio Chester un serial killer pedofilo… Ovviamente è solo l’inizio di una storia che porterà a una lunga indagine, scazzottate (anche con i vicini di casa), amori difficili e altrettanto difficili collaborazioni con la polizia.
D’altra parte Mucho Mojo è un’espressione che ha un significato con molte sfaccettature, ma quello che è chiaro è che indichi una sfiga malefica.

Hai presente quello che ti dicevo di Una stagione selvaggia? Che mi sarebbe piaciuto avere un filino in più di empatia con i personaggi e una maggiore profondità psicologica? Ecco, Lansdale, in qualche modo, dal passato, mi ha ascoltato. Non che il romanzo precedente non mi fosse piaciuto ma Mucho Mojo, a mio parere, gli è di gran lunga superiore. La struttura è più complessa e coinvolgente, vieni catturato dalla curiosità di sapere cosa sia realmente successo ai bambini scomparsi (eh sì, perché sono più di uno). Inoltre anche il finale mi è parso costruito meglio, senza l’accelerazione delle ultime pagine che avevo notato nel primo Hap & Leonard. Probabilmente tutto questo è dovuto anche a una maggiore lunghezza del romanzo, che sfiora le 300 pagine.

Sono contento – Hap un po’ meno perché soffre le pene d’amore e Leonard vive i disagi legati alla propria omosessualità – ma io sono contento proprio perché questa volta, Lansdale, è riuscito a farmi soffrire (e ogni tanto gioire) insieme ai suoi personaggi. Aggiunto al suo incredibile stile e alle sue fantastiche idee, questo diventa un mix che si avvicina alla perfezione.

Ci sentiamo presto con Il mambo degli orsi, Hap & Leonard hanno tutte le carte in regola per diventare una droga, io ti avviso.

 

Libri che ho letto di Joe R. Lansdale:
La morte ci sfida (1984)
La sottile linea scura (2002)
Notizie dalle tenebre (2014)

Trilogia Drive-in:
Il drive-in (1988)
Il drive-in 2 (non uno dei soliti seguiti) o Il giorno dei dinosauri (1989)
La notte del drive-in 3. La gita per turisti (2005)

Ciclo Hap & Leonard:
Una stagione selvaggia (1990)
Mucho Mojo (1994)

“La voce degli uomini freddi” di Mauro Corona

La voce degli uomini freddi è il diciannovesimo libro di Mauro Corona che leggo. Non ho letto tutto quello che ha scritto ma posso dire, ormai, di avere una certa conoscenza dell’autore e dei temi che gli sono cari.

Questo romanzo parla di un popolo laborioso e silente che vive tra le montagne, dove nevica sempre, anche d’estate. Dieci secoli di storia, tante tragedie e quasi nessuna gioia: questa è la vita degli uomini freddi. Vittime di valanghe e esondazioni, incompresi dal mondo moderno e osteggiati dal progresso delle città, gli uomini freddi cercano di sopravvivere portando avanti valori e usanze di un tempo antico, che poco ha a che fare con la frenesia odierna.

Raccontato in gran parte con uno stile fiabesco, La voce degli uomini freddi è praticamente privo di dialoghi. Corona narra le gesta di un popolo senza fermarsi troppo sui singoli elementi. C’è qualche storia relativa a personaggi caratteristici, ma non si spinge mai, per capirci, a dare un nome ai soggetti di cui parla. Uno stile che mi ha ricordato molto La fine del mondo storto, uno stile che si presta molto bene a un racconto e meno bene a un romanzo.

Le intenzioni sono buone, i messaggi ottimi, il metodo lascia a desiderare. Corona mi trova d’accordo su buona parte di quello che comunica, il problema è che la modalità di comunicazione inizia un po’ a sembrare quella di un vecchio che dice: «Cosa ne sapete voi dei sacrifici!»
Il boomerismo, insomma, è dietro l’angolo.
Anche la metafora – per nulla velata – con la tragedia del Vajont non può che trovarmi concorde: l’accusa ai potenti e ai giochi di interesse economico riproduce ciò che realmente è avvenuto nel 1963 e non c’è nulla da obiettare. Si poteva essere più sottili? Sì, ma forse è anche vero che tante persone, per comprendere, hanno bisogno che vengano loro spiattellate davanti le cose senza troppi giri di parole… non lo so, magari anche Corona potrebbe avere le sue ragioni nello scegliere questo stile di comunicazione con i suoi lettori.

Ho finito i libri di Corona che avevo sulla mensola, in definitiva non penso che ne arriveranno altri. Credo che questo autore mi abbia detto tutto quello che poteva dirmi o, forse, tutto quello che ero disposto a sentirmi ripetere.

Libri che ho letto di Mauro Corona:
Il volo della martora (1997)
Le voci del bosco (1998)
Nel legno e nella pietra (2003)
Aspro e dolce (2004)
L’ombra del bastone (2005)
Storie del bosco antico (2005)
I fantasmi di pietra (2006)
Vajont: quelli del dopo (2006)
Cani, camosci, cuculi (e un corvo) (2007)
Storia di Neve (2008)
Il canto delle manére (2009)
La fine del mondo storto (2010)
Come sasso nella corrente (2011)
La casa dei sette ponti (2012)
Venti racconti allegri e uno triste (2012)
La voce degli uomini freddi (2013)
Confessioni ultime (2013)
Quasi niente con Luigi Maieron (2017)
L’ultimo sorso – Vita di Celio (2020)