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“Nel legno e nella pietra” di Mauro Corona

Lo so che è un po’ che non mi senti, ma un motivo c’è: sto leggendo i Cento racconti di Ray Bradbury, un tomo enorme (e bellissimo) da 1400 pagine. Ho comunque interrotto la lettura, anche per variare, e sono quindi qui a parlarti di Nel legno e nella pietra di Mauro Corona (come sempre, a fine post, trovi l’elenco dei libri di Corona che ho letto).

Con Corona, come sai, ho un rapporto controverso. Ho letto libri molto belli (come L’ombra del bastone e Il canto delle manére) e altri meno, soprattutto tra gli ultimi. Ebbene, questo Nel legno e nella pietra mi è piaciuto. Forse perché tra i primi dello scrittore/alpinista/scultore, l’ho trovato meno compiaciuto e ripetitivo di altri.

I temi sono sempre quelli caratteristici del Corona-pensiero: il lavoro, la montagna, le bevute, l’amicizia, la natura. Il libro è composto da una novantina di racconti/aneddoti di 3 o 4 pagine ciascuno, leggeri ma carichi di significato. C’è una parte centrale occupata da storie di arrampicata e una finale da storie di lavoro in cava, che caratterizzano per metà la raccolta. Il resto è molto vario, racconti di caccia, esperienze di vita e, naturalmente, tracce di Vajont.

Una volta tanto, se non vuoi cominciare da un romanzo, mi sentirei di consigliarti questo libro. Credo si possa dire che  sia scritto dall’uomo-Corona e non dal personaggio-Corona. Se lasci per un attimo da parte ciò che vedi in tv, potresti rimanerne sorpreso.

Libri di Mauro Corona di cui ti ho già parlato:
Le voci del bosco (1998)
Nel legno e nella pietra (2003)
Aspro e dolce (2004)
L’ombra del bastone (2005)
Storie del bosco antico (2005)
I fantasmi di pietra (2006)
Cani, camosci, cuculi (e un corvo) (2007)
Il canto delle manére (2009)
La fine del mondo storto (2010)
La casa dei sette ponti (2012)
Confessioni ultime (2013)
Quasi niente con Luigi Maieron (2017)

“Quasi a casa” di Elena Moretti

Ti avevo già parlato di Blowjim, vincitore del “Premio Letterario RTL 102.5 e Mursia – Romanzo Italiano” 2018, Quasi a casa è invece il romanzo di Elena Moretti che ha vinto la prima edizione del Premio, nel 2017. L’ho recuperato al mercatino, subito dopo aver terminato il libro di Cavaciuti (dal momento che si facevano compagnia sullo scaffale). Sì, perché ci ho riflettuto e non leggo mai nulla di “nuovo”, dove per “nuovo” intendo romanzi di scrittori esordienti, sconosciuti. Se controlli gli ultimi titoli e autori di cui ti ho parlato, passando dal più leggero Malvaldi fino ad arrivare alla Trilogia siberiana di Lilin, se non addirittura a Le notti bianche di Doestoevskij, non potrai che accorgerti di questo fatto. E, allora, tanto vale scegliere delle opere che abbiano vinto un premio, per buttarmi (ogni tanto) in questo mondo.

Quasi a casa è una storia di riscatto e rinascita che segue per filo e per segno i canonici punti di questa tipologia narrativa. Adrian, un sedicenne italo-romeno con grossi problemi familiari alle spalle, finisce a vivere in una malga, gestita da una Vecchia (così lui la chiama), una sorta di comunità di recupero per minori “difficoltosi”. Qui, tra il passato che fatica a scomparire e il presente che piano piano lo avvolge, scopre valori come l’amicizia, l’amore e il rispetto. Nel frattempo anche i suoi compagni di avventura rivelano le loro storie, le loro difficoltà. Tutti hanno un doloroso segreto da nascondere, non solo gli ospiti della malga, ma anche chi, in un modo o nell’altro, ci gravita intorno. Il romanzo è scritto sotto forma di diario dello stesso protagonista, con tutti gli errori lessicali e lo stile discorsivo che seguono questa scelta.

Come tu ormai sai (te l’ho spiegato anche parlandoti dell’ultimo libro che ho letto Viaggio al centro della mente di Adolf Hitler), io non credo nel Bene, non credo faccia parte della nostra specie. Io credo semplicemente che l’uomo sia destinato al Male. Senza giustificazioni o colpe, è un difetto intrinseco che ci porterà all’estinzione (senza drammi, siamo un inutile sputo nell’Universo). Non bastano pochi esempi di lungimiranza per cambiare la nostra essenza. Le opere d’arte, i viaggi nello spazio, le cure per le malattie, si perdono di fronte all’innegabile e immenso FATTO che siamo l’unica specie che si autodistrugge, uccidendo i propri simili, l’ambiente in cui vive e le altre specie. Cercare il Bene nell’Uomo sarebbe come affermare che, siccome siamo riusciti a far risolvere il cubo di Rubik a un orango (sparo, eh), allora tutti gli orango siano in grado di risolverlo. Invece quell’orango è l’eccezione, dobbiamo avere il coraggio di ammetterlo, e l’eccezione non fa la regola. Noi non siamo dei Leonardo da Vinci, noi siamo quelli che si ammazzano (e ammazzano) per il black friday, questo è il nostro stadio evolutivo medio.

Ti sei pippato tutta questa mia manfrina solo per farti capire che chi ha scritto Quasi a casa è molto probabile creda nel Bene. Il suo protagonista, pur avendo una passato di violenza che si ripercuote su reazioni a sua volte violente (da cui fatica a sfuggire), utilizza nell’intercalare delle espressioni “dure” come che scorno! e vive un amore delicato e contornato da timidi baci (molto femminile). Questo è quello che chiamo ottimismo. (Per darti un punto di vista completo dovrei anche parlarti del finale del libro, cosa che non faccio per non spoilerarti tutto). Io non credo si possa recuperare l’intera specie a causa dei difetti congeniti, figuriamoci il singolo individuo! Quindi comprenderai che il problema non è dirti se mi sia piaciuto o meno il romanzo, ma farti intendere quanto questo romanzo rappresenti un punto di vista totalmente diverso dal mio. Di sicuro ha creato uno spunto di riflessione e questo è sempre positivo.

In poche parole, se sei una persona buona, piena di ottimismo, fiduciosa negli esseri umani e felice di vedere trionfare l’amore, questo libro fa per te. Ma, se sei così, sei qui per errore, non stai certo seguendo questo blog per scelta, quindi addio.

“Le voci del bosco” di Mauro Corona

Al momento Le voci del bosco (1998) è il libro più datato di Mauro Corona che io abbia letto, come puoi vedere dalla cronologia alla fine di questa recensione. Se nelle Storie del bosco antico (2005) lo scrittore/alpinista/scultore descriverà gli animali del bosco uno per uno (ti ricordo che è un libro per ragazzi), qui invece parla degli alberi, passandoli in rassegna e elencandone le caratteristiche.

E così querce, betulle, pini, sambuchi, abeti, tassi, faggi, carpini, frassini, pioppi, ecc. vengono analizzati sotto diversi punti di vista. Quello umano, a ogni albero viene infatti associato un tipo di personalità; quello morfologico, dove tronchi e foglie vengono descritti per aiutare il riconoscimento della pianta (di cui viene anche specificato il corso della vita); quello di utilizzo, dove Corona, da scultore e artigiano, spiega come sia meglio adoperare i vari tipi di legno in base alle caratteristiche proprie della varietà di albero.

Il libro si legge molto velocemente, è lungo circa 130 pagine e intervallato dalle illustrazioni dell’autore stesso. Non vi è una divisione in capitoli, la sensazione è più quella di una chiacchierata poetica/pratica passeggiando nel bosco, un raccontare fluido e libero da vincoli. Nella sua semplicità naturalistica mi è piaciuto, proprio per questa capacità di mescolare un carattere più filosofico a uno più legato al reale utilizzo che viene (o veniva) fatto delle piante. Ovviamente si ritrovano anche qui tutte le riflessioni classiche del Corona-pensiero riguardo alla scarsa attenzione per il passato, l’avvento di un consumismo distruttivo e quel che ne segue. Ma io, lo sai, su questo sono d’accordo.

Libri di Mauro Corona di cui ti ho già parlato:
Le voci del bosco (1998)
Aspro e dolce (2004)
L’ombra del bastone (2005)
Storie del bosco antico (2005)
I fantasmi di pietra (2006)
Cani, camosci, cuculi (e un corvo) (2007)
Il canto delle manére (2009)
La fine del mondo storto (2010)
La casa dei sette ponti (2012)
Confessioni ultime (2013)
Quasi niente con Luigi Maieron (2017)

“Storie del bosco antico” di Mauro Corona

Storie del bosco antico è un libro molto diverso dal solito, rispetto agli altri di Mauro Corona. È infatti una raccolta di racconti per ragazzi, o meglio, per bambini. Non lo sapevo, l’ho acquistato insieme ad altri libri usati e quindi l’ho letto comunque. Sulla copertina è indicato “dai 7 anni in poi” ma, in realtà, con pochissime attenzioni a mitigare alcuni tratti più “adulti”, si presta molto bene anche alla lettura per bambini al di sotto di questa età (magari come storie della buonanotte).

La struttura è molto semplice, in 140 pagine sono racchiusi moltissimi racconti riguardanti la nascita degli animali, o le principali modifiche che hanno subito nel corso della loro esistenza. Ogni racconto è dedicato a un animale, occupa 3/4 pagine, ed è illustrato con disegni dell’autore. In verità, tolte le illustrazioni, si parla di una paginetta per ogni racconto, o poco più. Si scopre come il pipistrello ha perso la vista, il ragno ha imparato a tessere la tela, ecc. Ovviamente nulla di scientifico, tutta opera di fantasia, nello stile delle favole.

L’ultimo racconto si occupa dell’uomo, ed è qui che viene fuori la morale del libro, che è poi quella di Corona. L’uomo rovina un perfetto equilibrio: come dare torto all’autore.
Devo specificare che nel libro tutti gli animali sono creati dal Signore e le modifiche che subiscono sono volute sempre dal Signore per migliorare la loro vita o punirli. Si tratta però di un Signore accettabile anche da me, che sono totalmente ateo, cioè una figura molto poco religiosa e più funzionale al divertimento di un piccolo lettore/ascoltatore.

Libri di Mauro Corona di cui ti ho già parlato:
Aspro e dolce (2004)
L’ombra del bastone (2005)
Storie del bosco antico (2005)
I fantasmi di pietra (2006)
Cani, camosci, cuculi (e un corvo) (2007)
Il canto delle manére (2009)
La fine del mondo storto (2010)
La casa dei sette ponti (2012)
Confessioni ultime (2013)
Quasi niente con Luigi Maieron (2017)

“Cani, camosci, cuculi (e un corvo)” di Mauro Corona

Ti anticipo che sto scrivendo con l’influenza e che la mia concentrazione è scivolata giù per il water insieme alla mia intolleranza all’antibiotico. Detto questo, nonostante la febbre alta, sono riuscito a concludere Cani, camosci, cuculi (e un corvo) di Mauro Corona e quindi eccomi qua. In realtà la struttura del libro è stata molto d’aiuto per far sì che potesse essere letto con le visioni oniriche procurate dai 39° gradi perpetui, perché consta di 57 racconti in poco più di 300 pagine, quindi racconti molto brevi, anche di 3/4 pagine. Questo era anche uno dei motivi per cui ero scettico (mi aspetto sempre poco dalle narrazioni veloci), tuttavia mi sono dovuto ricredere.

Questo libro è dedicato al 100% agli animali, in particolare ai cani, ma anche, appunto, a camosci, cuculi, corvi, vipere, martore, ecc. Ogni racconto è un piccolo aneddoto che riguarda il rapporto tra gli esseri umani e la natura. Vicende di caccia, di solitudine, di vendetta, di redenzione, sempre legate a come l’uomo interagisca con gli esseri viventi che popolano i boschi. Ci sono quindi cani fedeli fino alla morte, corvi che portano (o annunciano) sciagure, vipere che danzano, imprendibili camosci, e ancora cani che vendicano il padrone, lo ricompensano, lo ringraziano. Tra tutti i libri che ho letto di Corona (e che puoi trovare elencati sotto) questo è sicuramente quello più vicino alle piccole cose, alla semplicità della vita di montagna. E lo è in modo diretto, senza percorsi articolati, sbattendoti in faccia la vita di tutti i giorni. Certo, c’è poi l’eterno dilemma se Corona abbia davvero avuto modo di conoscere tutte queste storie o se le sia inventate, ma su questo ho ormai deciso di non pormi troppe domande, limitandomi ad apprezzare la narrazione e i messaggi che lancia lo scrittore.

Che dire, è un libro che ti consiglio, sebbene si piazzi sempre dopo gli inarrivabili Il canto delle manére e L’ombra del bastone, può rappresentare un buon punto di inizio per conoscere il “Corona-pensiero” senza impegnarsi in una lunga narrazione. Sì, lo so che hai in mente il personaggio televisivo e che questo ti porta a snobbare i suoi libri, ma fidati per una volta e fai un’eccezione.

Libri di Mauro Corona di cui ti ho già parlato:
Aspro e dolce (2004)
L’ombra del bastone (2005)
I fantasmi di pietra (2006)
Cani, camosci, cuculi (e un corvo) (2007)
Il canto delle manére (2009)
La fine del mondo storto (2010)
La casa dei sette ponti (2012)
Confessioni ultime (2013)
Quasi niente con Luigi Maieron (2017)

“Quasi niente” di Mauro Corona e Luigi Maieron

Mauro Corona racconta, in un’intervista, che questo libro a quattro mani con Luigi Maieron (cantautore friulano) sia nato semplicemente da una chiacchierata di tre giorni con del buon vino sempre a disposizione (strano!) e che poi la registrazione della chiacchierata sia stata sbobinata per arrivare al prodotto editoriale vero e proprio. Se sia vero o no non è dato saperlo, ma è proprio questa la forma in cui si presenta il libro: un botta e risposta tra i due autori su svariati argomenti e piccoli aneddoti e racconti.

Farò una cosa strana oggi, te lo elenco per punti di cosa parlano (quello che mi ricordo):
Il fallimento: come questo in realtà non esista e sia un prodotto della nostra società. Si può riuscire o meno a perseguire un obiettivo, ma il vero fallimento è solo il non averci provato, e non il mancato raggiungimento.
La vita semplice: un classico di Corona. Il titolo del libro prende il nome da una frase di Mario Rigoni Stern in punto di morte, “Se tuto gnènt” (è tutto niente). Nel senso che, alla fine, tutto quello che hai fatto e accumulato è “niente”. Se si riesce quindi a essere felici con poco non vale la pena di dannarsi l’anima per raggiungere obiettivi terreni.
La vita di montagna di una volta: ancora, inevitabile trattandosi di un libro di Corona. In questo caso sono soprattutto i racconti riguardanti personaggi umili, che i due autori hanno conosciuto nel corso delle loro vite, a mostrare come si viveva in tempi meno “moderni”.
Il canto delle manére: c’è un capitolo dedicato all’analisi del romanzo di Corona. Romanzo che a me è piaciuto molto e che ritengo per ora (tra quelli che ho letto) il suo migliore scritto. Si potrebbe anche sospettare che questo capitolo sia un po’ uno spot pubblicitario…
Il ruolo della donna: la forza della donna, più resistente dell’uomo, che spesso nell’ombra ha consentito all’uomo, appunto, di apparire un Grande Uomo, ma solo perché sostenuto da una controparte femminile, disposta ad accettare sopprusi per il bene generale (più o meno il concetto è questo).
Citazioni: tante, in particolare da parte di Corona. Scrittori, autori vari e personaggi comuni. Citazioni a profusione.

È un libretto leggero, sono circa 170 pagine, si legge in fretta. Fa riflettere su alcuni temi, ne ripete altri già sentiti. L’ultima produzione di Corona non mi piace molto, da La fine del mondo storto a Confessioni ultime, non fa che ripetere gli stessi concetti, condivisibili certo, ma che ormai chi lo legge conosce bene. Questo Quasi niente si piazza leggermente sopra (non troppo), sembra un po’ più fresco, più poetico. Sarà anche l’intervento di Maieron (che purtroppo non conosco) a svecchiare le tematiche, immagino.

Che dire, come sempre ti consiglio di iniziare dai suoi primi romanzi, sicuramente più interessanti, anche se, come dicevo sopra, se proprio devi scegliere tra gli ultimi, questo potrebbe essere un buon compromesso. Io, nel frattempo, ho messo sullo scaffale delle future letture due sue raccolte di racconti, Nel legno e nella pietra (2003) e Cani, camosci, cuculi (e un corvo) (2007), sperando di ritrovare lo scrittore che mi era piaciuto prima di questa deriva, diciamolo, un po’ commerciale.

“Aspro e dolce” di Mauro Corona

Questo Aspro e dolce è un romanzo semplice, di poche pretese, che si fa leggere volentieri senza creare grandi aspettative. Corona racconta la sua giovinezza a Erto, le grandi e continue bevute di vino, la naja, le donne, ancora il vino, le risse, le osterie, (il vino), le corse in auto, le pistolettate, sempre il vino…

Non ho mai avuto, durante la lettura, la classica curiosità di “vedere cosa succede nella pagina dopo”, non è così che funziona questo romanzo. È più un piacere semplice, un divertimento nella lettura di tutti i casini fatti da Corona in giovane età (e non solo). Certo, dopo un po’ ci si chiede se sia tutto vero, perché le avventure stravaganti sono davvero molte, forse troppe, ma in fondo chi se ne frega. Corona che mangia un canarino vivo in un’osteria (sì, in stile Ozzy con il pipistrello), Corona che sopravvive a decine di incidenti mortali in auto, Corona che sfonda porte di compaesani per rubare il vino, Corona che fa saltare candelotti di dinamite rompendo tutti i vetri del paese… e poi scene da selvaggio west con pistole e feriti d’arma da fuoco.

Insomma, se per un attimo prendessimo tutto per vero, la compagnia di amici dello scrittore parrebbe essere quella di un gruppo di criminali alcolizzati. Sì, come si “intuisce” sopra, il vino è una costante giornaliera, si parla proprio di ettolitri di alcool consumati. Mai sobri, in pratica. Chissà.

Tra una rissa e una sbornia traspare la vita delle piccole comunità di una volta, semplice e basata su vecchi “valori”, tra cui l’omertà tra compaesani, il costante bisogno di vendetta al più piccolo sgarro, ma anche il senso dell’amicizia vera.

È sicuramente un romanzo autocompiaciuto, seppure piacevole, ma non ai livelli dei primi che ho letto. Preferisco comunque il Corona di L’ombra del bastone e Il canto delle manère.

“I fantasmi di pietra” di Mauro Corona

I fantasmi di pietra di Mauro Corona non sono altro che i fantasmi degli abitanti di Erto che hanno abbandonato il paese dopo (o, tristemente, “durante”) la tragedia del Vajont del 9 ottobre 1963. Da questa data, infatti, esiste un prima e dopo Vajont a dare un ordine al tempo della comunità montana. Un prima e dopo quei 1910 morti, assassinati dall’acqua e dallo Stato (non per forza in questo ordine di responsabilità).

Corona divide la narrazione in quattro stagioni, così come quattro sono le vie del paese attraverso cui passeggia scrivendo questo libro che, più che un romanzo, è una guida turistica della memoria. Per ogni casa lo scrittore racconta una storia, un aneddoto, talvolta recente e talvolta risalente a secoli fa. Su tutto aleggia la tragedia, la differenza tra la vita prima di quel 9 ottobre e la non-vita dopo. Anche chi è sopravvissuto è comunque morto, insieme ai suoi cari scomparsi. Il paese si è spopolato, le case sono andate in pezzi, le strade si sono svuotate.

È una lettura interessante, intima. Non mancano storie divertenti, situazioni allegre, racconti piccanti e di risse e bevute, ma con la costante consapevolezza che nulla potrà essere come prima. Dopo tanti dati, ricostruzioni, documentari e inchieste, questo libro riesce a riportare la tragedia al suo livello umano, a far capire come è stata stravolta la vita dei singoli individui di una comunità.

Questo è il quinto libro che leggo di Corona (gli altri quattro li trovi tra le recensioni precedenti), ma è il primo suo che scopro scritto in questo modo. Brevi racconti, piccole storie.
Una fruizione sicuramente semplice, adatta anche a quando si hanno pochi minuti a disposizione, ma comunque intensa e coinvolgente.

Di questo scrittore sento spesso parlare male e non ho ancora capito il perché. O forse sono scemo io che salto da Stephen King a Steinbeck a Corona trovando delle qualità, sicuramente diverse ma comunque apprezabili, in tutti questi autori profondamente differenti.
Boh.

“Confessioni ultime” di Mauro Corona

Quarto libro di Corona che leggo e, non lo nascondo, ho già comprato anche I fantasmi di pietra, che è in arrivo via corriere assieme ad altra roba interessante. C’è un po’ questo mezzo giudizio dei letterati “alti” che aleggia su chi legge Corona (che è poi lo stesso giudizio su chi legge Fabio Volo, però in quel caso giustificato, dai…), che siano un po’ libri, come dire, leggeri, scritti solo con il nome dato dalla notorietà. Non lo so. Corona mi lascia perplesso. Ho trovato davvero molto belli sia Il canto delle manere che L’ombra del bastone, quindi, nella speranza di ritrovare qualcosa di simile, continuerò a leggerlo. Ho già puntato Storia di Neve.

Ma veniamo a questo Confessioni ultime. È un libretto molto veloce, sono circa 120 pagine scritte anche a caratteri abbastanza grandi, in cui lo scrittore/alpinista/scultore dice la sua su un sacco di argomenti. Il vajont, la famiglia, i valori, la vita in generale, la ricchezza, ecc.. Posso tranquillamente affermare di essere in accordo su tutte le opinioni di Corona, in particolare sulla sua idea di ritorno alla semplicità e sul bisogno di smettere di inseguire dei falsi obiettivi. E tu dirai: e quindi? E quindi sono tutte cose che avevo già sentito, vedendo Corona in alcune interviste e avendo letto già tre dei suoi libri. Queste confessioni non sono, insomma, molto inedite per chi conosce già l’autore, tutto qui. Te lo consiglierei solo se di Corona non sai niente, in questo caso qui troverai una buona sintesi del suo pensiero.

Devo ametterlo però, io, nel rileggere concetti che erano già stati espressi altrove dall’autore, mi sono sentito un po’ preso per il culo, così come era avvenuto per l’estremamente ripetitivo La fine del mondo storto.

“L’ombra del bastone” di Mauro Corona

E’ ufficiale: dopo un rapporto iniziale incerto, partito un po’ come un diesel, Mauro Corona mi piace, e pure parecchio. Qui trovi la mia pessima opinione de La fine del mondo storto e qui invece la gioia post-lettura de Il canto delle manére. Così ti fai un ripasso.

L’ombra del bastone non ha cambiato la mia ultima opinione, evidentemente avevo proprio scelto male il primo libro. Anche qui viene descritto un mondo montano caratterizzato dalla vita semplice: il vino, le bestie, il sesso. Il romanzo nasce come trascrizione da parte dell’autore di un quaderno ritrovato per caso, su cui è narrata in prima persona la drammatica storia vera (vera?) della vita di Severino Corona, detto Zino. Tra amore, passione, erotismo, tradimenti, violenze e stregoneria, l’esistenza di Zino è un tribolare infinito.
Il linguaggio è semplice, diretto, anche questo “montano”. Il luogo, ovviamente, Erto e il tempo i primi del 900.

Quello che avevo già riscontrato ne Il canto delle manére e che ho ritrovato ancora ne L’ombra del bastone è la capacità di Corona di far capire la tragedia di questi uomini, assissini quasi per caso, tormentati per una vita da un errore, che alle volte errore non sembra nemmeno. Il momento di ira, che potrebbe anche apparire giustificabile, che rovina una o più esistenze. Il cosiddetto “macigno” difficile da dimenticare.

Sto già scorrendo il ditone sulla bibliografia di Corona, non finisce qui.