E’ ufficiale: dopo un rapporto iniziale incerto, partito un po’ come un diesel, Mauro Corona mi piace, e pure parecchio. Qui trovi la mia pessima opinione de La fine del mondo storto e qui invece la gioia post-lettura de Il canto delle manére. Così ti fai un ripasso.
L’ombra del bastone non ha cambiato la mia ultima opinione, evidentemente avevo proprio scelto male il primo libro. Anche qui viene descritto un mondo montano caratterizzato dalla vita semplice: il vino, le bestie, il sesso. Il romanzo nasce come trascrizione da parte dell’autore di un quaderno ritrovato per caso, su cui è narrata in prima persona la drammatica storia vera (vera?) della vita di Severino Corona, detto Zino. Tra amore, passione, erotismo, tradimenti, violenze e stregoneria, l’esistenza di Zino è un tribolare infinito.
Il linguaggio è semplice, diretto, anche questo “montano”. Il luogo, ovviamente, Erto e il tempo i primi del 900.
Quello che avevo già riscontrato ne Il canto delle manére e che ho ritrovato ancora ne L’ombra del bastone è la capacità di Corona di far capire la tragedia di questi uomini, assissini quasi per caso, tormentati per una vita da un errore, che alle volte errore non sembra nemmeno. Il momento di ira, che potrebbe anche apparire giustificabile, che rovina una o più esistenze. Il cosiddetto “macigno” difficile da dimenticare.
Sto già scorrendo il ditone sulla bibliografia di Corona, non finisce qui.
7 pensieri riguardo ““L’ombra del bastone” di Mauro Corona”