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“Trento 1475 – Storia di un processo per omicidio rituale” di R. Po-chia Hsia

Di solito cerco di evitare testi ad attinenza religiosa perché, come sai, sono abbastanza ostile alla questione del fantasy che ha influenzato e influenza le nostre vite (e questo non fa bene alle visite del blog). Eppure, nel giro di un mese, eccomi qui a parlarti di un altro libro, dopo In nome del cielo, che con gli dei e le credenze ha molto, se non tutto, a che fare.

Trento 1475 – Storia di un processo per omicidio rituale racconta come sia nato il culto di Simonino da Trento. R. Po-chia Hsia, insegnante di Storia alla Pennsylvania University, ricostruisce gli eventi che nel 1475 hanno portato all’accusa di omicidio nei confronti della comunità ebraica di Trento con il successivo processo, le torture e le lotte di potere annesse. La base di tutto è il manoscritto Yeshiva di circa 600 pagine, che è passato di mano in mano da allora fino ai giorni nostri. Non è chiaro da chi sia stato commissionato, quello che è chiaro è che intendesse dare fondamento alle accuse nei confronti degli ebrei.

Un passo indietro. Brevemente: nel 1475 un bambino di due anni, Simone, viene ritrovato nell’interrato della casa del principale rappresentante della comunità ebraica (composta da poche persone, una ventina, mi pare) di Trento. L’interrato è facilmente raggiungibile dall’esterno, grazie alla presenza di un canale d’acqua, in pratica chiunque potrebbe aver “incastrato” gli ebrei e aver fatto trasportare il cadavere dalle acque. Tutti gli elementi della comunità vengono torturati fino alla confessione. Qui il testo è molto specifico su come avvenga la tortura: in pratica il malcapitato di turno viene seviziato fino a quando non solo confessa l’omicidio, ma lo confessa esattamente come hanno in mente i torturatori. Il torturato deve imparare a memoria una sorta di copione, a forza di strattoni di corda, finché non è in grado di ripeterlo correttamente senza correzioni da parte dei torturatori. Una cosa tipo “riavvolgi e ripeti”. Ovviamente il finale è quello classico: roghi, ossa spezzate, conversioni forzate.
Dopo questo episodio nasce il culto di Simonino, prima ostacolato ma poi accettato dalla chiesa, che – senti bene – rimane ufficiale fino al Concilio Vaticano II del 1965.

Sono stato molto veloce nel riassunto, ma ti assicuro che l’autore entra bene nel dettaglio spiegandoti tutte le lotte di potere che in quel periodo hanno influenzato la vicenda. Lotte che gli ebrei subiscono in modo passivo ed è ben chiaro che il loro destino sia segnato in modo del tutto indipendente dal finto processo. La loro colpa è quella di essere elementi scomodi (prestatori autorizzati di denaro, ecc.) in una società che cerca nei rituali e nelle stregonerie una scusa per eliminarli.
Il manoscritto originale, peraltro, nasce da una continua traduzione tra diverse lingue (latino-tedesco-italiano) avvenuta in loco durante le torture. Una sorta di telefono senza fili tra persone che non erano in grado di intendersi tra loro. Il torturato parla una lingua, il torturatore un’altra e il trascrittore un’altra ancora… questo rende l’idea dell’attendibilità che era richiesta durante il processo farsa.

È stata una lettura davvero interessante. Avevo già sentito parlare del Culto di Simonino ma, onestamente, non avevo idea di quale fosse la sua origine (forse era meglio così). L’idea che questo culto, basato sulle abituali ipocrisie di potere della Chiesa e sull’odio nei confronti degli ebrei, sia durato cinquecento anni, fino in epoca recente, rende inutile qualsiasi commento da parte mia.

Ho letto le 200 pagine del libro in due giorni. Unica pecca: 433 note a fondo testo. 433! A fondo testo! Non smetterò mai di ripetere che le note dovrebbero essere inserite a fine pagina, inutile anche spiegare il perché quando ti trovi con dieci note per pagina.

Hai visto come sono stato bravo e contenuto questa volta? Non ho sputato odio sui creduloni. Non ho detto che chi crede è sempre e comunque complice di ciò che il culto di riferimento causa. Non ho nemmeno parlato di stupidità e menti deboli.

P.S. Le religioni sono il Male.

“Timeline – Ai confini del tempo” di Michael Crichton

Se mi segui sai che quando ci metto molto a leggere un libro non è un buon segno. A leggere Timeline – Ai confini del tempo ho impiegato diciassette giorni. È un periodo intenso per me, non ci piove, tuttavia questo romanzo di Crichton non si è fatto amare particolarmente, è un fatto.
Dal romanzo è stato tratto anche un film (omonimo, 2003) che non ho mai visto, con Paul Walker e Gerard Butler, di Richard Donner. Proverò a recuperarlo.

Trama.
Una squadra di storici viene inviata, dal presente, nel XIV secolo per recuperare un professore rimasto bloccato in Dordogna (Francia). Il tutto è organizzato da un’azienda all’avanguardia nello studio dei flussi temporali e dei multiversi (ho semplificato). Seguono avventure, duelli, inseguimenti. Spade, Medioevo e armature, insomma.

Ecco, appunto, duelli e inseguimenti. Troppi, decisamente troppi. È tutto uno scappare e battagliare, per 460 pagine. Non posso dire che il romanzo sia scritto male (ci mancherebbe, è sempre Crichton) o che non sia “divertente”, tuttavia manca proprio di mordente, non sei mai curioso di scoprire come proseguirà la storia. È un malloppo troppo lungo, con così poco intreccio, duecento pagine in meno avrebbero giovato. Forse il formato più corretto, per la storia narrata, è proprio quello del film, ti saprò dire.

P.S. Non leggo molti romanzi storici poiché non mi ritrovo molto nel genere, non mi appassiona. Questo, forse, ha contribuito a rendere Timeline meno digeribile.

Libri che ho letto di Michael Crichton:
Andromeda (1969)
Il terminale uomo (1972)
La grande rapina al treno (1975)
Mangiatori di morte (1976)
Congo (1980)
Sfera (1987)
Jurassic Park (1990)
Sol levante (1992)
Rivelazioni (1994)
Timeline – Ai confini del tempo (1999)
Next (2006)
L’isola dei pirati (2009)

“Cangrande, Dante e il ruolo delle stelle” di Maurizio Brunelli

Nel 2021 ricorrerà il 700° anniversario della morte di Dante Alighieri e io, per rimanere “sul pezzo”, così come poco tempo fa avevo fatto per Leonardo da Vinci, mi sono letto un saggio a tema: Cangrande, Dante e il ruolo delle stelle di Maurizio Brunelli (scrittore storico per passione ed esperto della figura di Cangrande). In realtà in questo testo si parla anche di molto altro, non solo del poeta fiorentino, ma ci arriveremo.

Prima però, come si fa per le malattie sui siti medici, vorrei esporti un elenco di sintomi per verificare se tu sia destinato alla lettura di questo volume. [Per inciso: io su quei siti ho sempre 9 sintomi su 10, soffro di tutte le patologie esistenti, dall’infiammazione della prostata all’ovaio policistico.]
Sarà sufficiente averne uno solo perchè tu possa procedere:

• Sei interessato alla vita di Cangrande della Scala;
• Ti piace la storia (il Medioevo, in particolare);
• Beh, anche Dante Alighieri, ovviamente;
• Vivi a Verona;
• Sei appassionato di astrologia;
• Hai difficoltà nel mantere l’equilibrio (no scusa, questo era per la labirintite, non c’entra).

Sì, io lo so che tu hai letto “astrologia” e hai subito alzato gli occhi al cielo pensando all’oroscopo di Paolo Fox, ma la situazione è in realtà un po’ più complessa rispetto a «oggi è una giornata molto buona per il Toro che potrebbe ottenere ottimi risultati professionali e incontrare la sua anima gemella».
Brunelli, infatti, tenta di capire, stimando la data di nascita di Cangrande e verificando quale possa esserne il relativo oroscopo, se un’eventuale vaticinio astrologica abbia influenzato le scelte dei Dalla Scala e, in seguito, anche quelle di Cangrande stesso. Questo perché, all’epoca dei fatti, a metà del XIII secolo, l’astrologia era tenuta molto da conto, tanto da essere insegnata nelle Università. Non è quindi da escludersi che Cangrande fosse stato designato come il prescelto per formare il Regno dell’Alta Italia (questo indipendentemente dal fatto che tu creda o meno all’oroscopo!). Cangrande che, nel corso della sua vita, oltre ad aver conquistato città e territori, ha ospitato a lungo l’esiliato Dante, meritandosi così la dedica del Paradiso, terza cantica della Divina Commedia.

La mia avversione per l’oroscopo, e per l’astrologia in generale, mi ha fatto iniziare la lettura con un cattivo presagio, ma devo dire invece che l’abbinamento funziona. Brunelli individua quelle che dovrebbero essere le caratteristiche della personalità di Cangrande, secondo l’astrologia del tempo, e le confronta con gli eventi storici di cui si ha traccia (anche grazie a scrittori meno noti dell’epoca, come Ferreto Ferreti). Il risultato è un alleggerimento che consente una lettura più fluida, anche dove, per forza di cose, la nozionistica prende il sopravvento (ricordati che si parla di un periodo di continui cambi di potere, tradimenti, guerre… e quindi di centinaia di nomi e date).
Dante accompagna e condisce il viaggio, così come ha accompagnato il Signore di Verona nel corso della sua vita e tutti quelli che l’hanno amato sui banchi di scuola (o, recentemente, in tv letto da Roberto Benigni).
Pensa, io Dante l’ho sempre detestato, ritenendolo l’Alfonso Signorini del 1300, ma questo volume te lo consiglio lo stesso. Non credo di dover aggiungere altro…

Copia ricevuta in omaggio da Gingko Edizioni.

“Il nome della rosa” di Umberto Eco

Qui assiso mi accingo a sciorinare apertis verbis, di certo incappando in turpissimi errori, il resoconto della lettura de Il nome della rosa che, sebbene spesso neghittoso, potius sero quam nunquam sono riuscito a terminare. Chiedo venia, e mi percuoto anzitempo le pudenda, per le sciamannate modalità del mio favellare. Ma procediamo che mali principii malus exitus

Innanzitutto devi considerare, casomai ti stessi accingendo alla lettura di queso grosso tomo (l’edizione Bompiani che ho letto consta di 540 pagine fitte fitte), che non si tratta di un romanzo di narrativa. Qualcuno potrà storcere il naso, ma la realtà è questa. Certo, c’è una trama, un racconto, una vicenda con un inizio e una fine. Ma ti sfido ad affermare che il motivo d’essere di questo libro sia la narrazione delle avventure dei due frati protagonisti. Tuttalpiù queste possono essere la scusa per imbastire un (di certo superbo) trattato sul Medioevo, sulla religione e sulla storia della Chiesa durante il periodo dell’Inquisizione. Ma partiamo da una velocissima trama.

Premessa: l’artificio utilizzato è quello del “manoscritto ritrovato”.
Nel novembre del 1327 il frate francescano Guglielmo da Baskerville e il suo allievo Adso da Melk raggiungono un monastero benedettino tra i monti dell’Italia settentrionale. (Velocizzo: tanto la storia te l’ha già raccontata Jean-Jacques Annaud nel film). Qui i monaci cominciano a morire uno alla volta e Guglielmo, un precursore del metodo deduttivo di Sherlock Holmes, è incaricato delle indagini. Ovviamente sono nascosti nell’ombra moltissimi segreti, e l’arrivo sul posto degli inquisitori rende tutto più complicato. E poi c’è la libreria, enorme, labirintica, ricca di passaggi segreti, a cui solo alcuni hanno accesso e da cui proviene un misterioso e introvabile volume. Stop.

È lo stesso Umberto Eco (in questa edizione c’è la sua interessante postfazione) ad ammettere che le prime 100 pagine dello scritto servono a scremare il pubblico. Sono infatti difficilmente digeribili, terribilmente prolisse (per sei pagine viene descritto un portale) e, dal punto di vista narrativo, inesistenti. Nelle prime 100 pagine non succede assolutamente nulla. I lettori reduci potranno poi godersi il resto del “romanzo”, che ha un ritmo più vivace (anche se comunque vivace rimane un termine eccessivo).

Ma, dicevo, la vicenda narrativa occupa forse il 20% dello scritto. Il rimanente 80% si occupa di storia, di religione, di Chiesa e, ovviamente, di linguistica e semiotica. Trattandosi di Eco lo fa in modo impeccabile, oserei dire perfetto. L’onnniscenza dell’autore trasuda da ogni pagina, devi leggere in orizzontale perché appena inclini il volume sgocciola fuori cultura ovunque. Ne segue una terminologia complessa, di certo non alla portata di tutti, e le conseguenti innumerevoli citazioni, sia letterarie che latine (senza alcuna traduzione o nota, quindi se le capisci bene, altrimenti…). Spesso anche nelle dispute verbali dei monaci, appartenenti a diversi ordini (e qui si apre un mondo riguardante il possesso o meno dei beni materiali nei vari ordini e nella Chiesa), la lingua latina è utilizzata correntemente. Tienilo da conto.

Se ne deduce facilmente che, buona parte delle copie vendute (50 mln e oltre), sia finita a fungere da prolunga alle gambe corte di altrettanti tavoli. È infatti impensabile che un’opera di questo genere possa trovare accoglimento presso il grande pubblico se non, come spesso tristemente accade, in seguito all’entusiasmo suscitato dal film. È più probabile che la famosa casalingua di Voghera si sia entusiasmata per il fascino indiscusso di Sean Connery, piuttosto che per la diatriba sul pauperismo, e che le pagine del suddetto tomo risultino utili, al più, a tamponare mutandine e umori dopo la visione del film.

A breve la Rai manderà in onda la serie tratta dall’opera di Eco, in otto episodi divisi in quattro serate. Questo il motivo per cui mi sono avventato sul volume, che attendeva la lettura da diverso tempo tra la mia pila di libri. Posso dire che andava letto, perché è un tipo di letteratura talmente perfetta che non può essere tralasciata. Che poi sia entusiasmante o divertente, beh, questa è un’altra storia. Di sicuro riporta nel Medioevo, che poi è anche il periodo culturale in cui stiamo riscivolando oggi.

Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus.