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“Fairy Tale” di Stephen King

C’è qualcosa che devo premettere prima di parlarti di Fairy Tale, il nuovo romanzo di Stephen King. Non amo i gialli, e infatti ne leggo pochi. Non amo i romanzi storici, e infatti ne leggo pochi. Non amo del tutto i sentimentali, e infatti non ne leggo. Ebbene, anche il fantasy non è tra i miei generi preferiti eppure… eppure un po’ ne ho letti, di fantasy. Tutti i must, per capirci. Il Signore degli Anelli, ovviamente (ed è immenso), La Saga di Terramare, Le Cronache di Narnia… solo per citarne alcuni. Di King, nel genere, ho letto Gli occhi del drago e, sempre che possa considerarsi un fantasy – ma non credo proprio – tutta la stratosferica serie de La Torre Nera. Non ho ancora letto Il Talismano e La casa del buio, sono tra quei tre libri che lascio indietro che cito sempre a fine post.

Perché non apprezzo il fantasy? Perché il fantasy, a differenza dell’horror e della fantascienza, si pone già in una condizione di totale irrealtà che rende difficile empatizzare con i personaggi, capirne le turbe e i problemi. Mi spiego. Posso immaginare come mi sconvolgerebbe, a livello emotivo, un’invasione aliena o una creatura che esce dal fosso dietro casa (si parla di un reale che conosco che si scontra con l’immaginario/imprevisto), ma non riesco a identificarmi in un mondo dove elfi, draghi e giganti siano sempre eistiti. Come potrei? Non è il mio mondo. È un vero e proprio scostamento dal vivere quotidiano. Per me, almeno.

King, con Fairy Tale, fa qualcosa di grandioso, almeno inizialmente. In un romanzo di 700 pagine, le prime 200 non hanno nulla di fantasy.
Boom.
Le ho letteralmente divorate, quelle 200 pagine. Mi son ritrovato in un’atmosfera che ricordava moltissimo il racconto Il telefono del signor Harrigan (da Se scorre il sangue – tra poco ne uscirà il film su Netflix).

Un ragazzo, Charlie, entra in confidenza con il misterioso e burbero anziano che vive nella casa in cima alla collina e che ha palesemente qualcosa da nascondere. La madre di Charlie è morta in un incidente e il padre è un ex alcolizzato. A Charlie, alla sua storia, ti affezioni. Poi Charlie scende nel pozzo nascosto dietro la casa e raggiunge un altro mondo, insieme al fido cane Radar. E, all’inizio, funziona tutto comunque, perché quelle 200 pagine (il mondo reale) te le porti dietro. In quel pozzo ci stai scendendo anche tu, con tutti i tuoi problemi tangibili.
Ma, ahimè, non dura.
Non dura perché King questa volta calca la mano e – tra grilli semi-parlanti, principesse e gigantesse – ho avuto la sensazione (lo sto per dire, mai avrei immaginato) che il Re cercasse di parlare ai giovani… come lo farebbe un “vecchio” che cerca di imitare il loro linguaggio. A pagina 300 il mondo reale, che mi ero tenuto tanto stretto, l’ho dimenticato e ho cominciato ad annoiarmi (per inciso, il primo libro che ho letto di King è stato Gli occhi del drago e, nonostante fosse un fantasy puro, l’ho adorato). La storia prosegue con un regno che è stato usurpato e che deve essere riconquistato da un principe e una principessa. Mi fermo.

Non è stato sufficiente l’omaggio a Bradbury e a Il popolo dell’autunno per emozionarmi. Magari sono io, magari quel linguaggio funziona benissimo e i giovani, che oggi divorano i fantasy, rimarrranno soddisfattissimi da questo romanzo di King. Non lo so. Io appartengo a un mondo che è “andato avanti” e che “non ha dimenticato il volto di suo padre”. Un altro mondo, insomma, probabilmente posto lungo un altro Vettore, dove non gira una meridiana ma la ruota del Ka.

Ho letto quasi tutti i libri di Stephen King (ne ho lasciati indietro tre, per dopo), ma quelli di cui ti ho parlato sul blog sono questi:
Blaze (2007, come Richard Bachman)
Duma Key (2008)
Revival (2014)
Mr. Mercedes (2014)
Chi perde paga (2015)
Il bazar dei brutti sogni (2015)
Fine turno (2016)
La scatola dei bottoni di Gwendy (2017, con Richard Chizmar)
Sleeping Beauties (2017, con Owen King)
The Outsider (2018)
Elevation (2018)
L’istituto (2019)
Se scorre il sangue (2020)
Later (2021)
Guns – Contro le armi (2021)
Billy Summers (2021)
L’ultima missione di Gwendy (2022, con Richard Chizmar)
Fairy Tale (2022)

I fumetti (sempre solo quelli dii cui ti ho parlato sul blog):
Creepshow (1982)
The Stand / L’ombra dello scorpione (2010-2016)

I saggi su King (idem, vedi sopra):
Stephen King sul grande e piccolo schermo di Ian Nathan (2019)
Il grande libro di Stephen King di George Beahm (2021)

“Le Cronache di Narnia” di C.S. Lewis

Ho impiegato esattamente un mese a leggere Le Cronache di Narnia di C.S. Lewis. Una lettura mal distribuita, peraltro, poiché delle circa 1200 pagine del volume ne ho lette 1000 nella prima settimana (ero in vacanza a Fuerteventura) e le restanti 200 nelle tre settimane seguenti.
La saga di Lewis è considerata, insieme a Il Signore degli Anelli di Tolkien e La saga di Terramare della Le Guin, una delle opere fondamentali del fantasy. È inutile che te lo dica, immagino, ma tant’è.

Il volume comprende tutti e sette i romanzi che compongono l’opera, più il saggio di Lewis Tre modi di scrivere per l’infanzia.

Nello specifico, in ordine di cronologia narrativa, i romanzi sono:
• Il nipote del mago (1955)
• Il leone, la strega e l’armadio (1950)
• Il cavallo e il ragazzo (1954)
• Il principe Caspian (1951)
• Il viaggio del veliero (1952)
• La sedia d’argento (1953)
• L’ultima battaglia (1956)

Da tre romanzi sono stati tratti altrettanti film che, tuttavia, non ho visto. Ne vale la pena? Magari me lo dirai tu. Per il momento non sono disponibili né su Netflix né su Prime, quindi mi attacco.

Al centro di tutto la possibilità per dei giovani ragazzi inglesi di accedere al regno di Narnia (dove gli animali parlano) attraverso la magia. Poiché a Narnia il tempo scorre in modo diverso rispetto all’Inghilterra, i ragazzi si troveranno a vivere avventure di anni (diventando adulti a Narnia e poi re e regine) in quelli che sono pochi minuti sulla Terra. Talvolta i ragazzi tornano a Narnia e sono trascorsi millenni, altre volte pochi giorni. Insomma, ci siamo capiti. Su tutto domina la figura del leone Aslan, una sorta di divinità amichevole e portatrice di bene, deus ex machina di quasi ogni trama. E no, non starò a raccontarti le trame di tutti e sette i libri.

Che dire, tra le tre grandi saghe citate sopra, quella di Narnia si piazza, a mio parere, sul gradino più basso del podio. È indubbia la capacità di Lewis di portarti in un altro mondo, ma credo di essere arrivato “tardi”. È colpa mia, mica di Lewis, eh. Narnia sarebbe di certo risultato molto più gobile parecchio tempo fa, diciamo tra gli undici e i quattordici anni di età. La costruzione della trama è molto semplice per un adulto e, soprattutto, ripetitiva. Il leone Aslan che arriva e sblocca la trama per sette volte di seguito è davvero difficile da digerire. Questo è anche il motivo per il quale ho faticato molto a finire la saga: una volta terminata la mia vacanza “canaria”, ho trovato sempre qualcosa di meglio da fare piuttosto che mettermi a leggere. Non ero curioso.

È un libro che consiglio? Assolutamente sì ma, appunto, ai più giovani. Lo dovrebbero fare leggere a scuola, senza alcun dubbio.