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“Velocity” di Dean Koontz

Velocity è un thriller molto godibile, che si legge rapidamente nonostante le 400 pagine abbondanti. Sono contento, davvero. Dopo quella cosa orribile che è stata L’ultima porta del cielo temevo il peggio, invece Koontz è riuscito a farmi ricredere. Peraltro, essendo uscito nel 2005, Velocity è anche il romanzo più recente che ho letto di questo autore (gli altri li trovi a fine post). Lo piazzerei al secondo posto, dopo Phantoms!, tra i miei preferiti. Ho grandi aspettative per Intensity, del quale tutti parlano benissimo, e che è già sulla mia mensola.

È l’idea di base a funzionare, l’incipit, direbbero i “tecnici”.
Billy è un tipo qualsiasi, fa il barista e ha una compagna che, a seguito di una reazione allergica (te la faccio semplice, in realtà si tratta di un avvelenamento alimentare), si trova in un coma semi-profondo (in pratica: sogna e parla ogni tanto, dicendo cose apparentemente senza senso). Un giorno Billy esce dal bar e trova un biglietto sul parabrezzo della sua auto. I biglietto dice che, se lui non farà nulla, morirà un’adorabile insegnante e se, invece, avviserà la polizia, morirà un’anziana filantropa. Billy ignora il messaggio e muore un’insegnante. Seguirà una secondo biglietto, un terzo e così via, fino a quando Billy sarà talmente coinvolto da temere per la vita della propria compagna. Mi fermo.

Ripeto: un romanzo che mi ha coinvolto. È puro intrattenimento, chiaro, ma è davvero divertente tentare di capire, insieme al protagonista, chi possa essere l’assassino. Non credo si possa parlare di “giallo” (i puristi non sarebbero d’accordo), ma il confine tra questo genere e il thriller, qui, è molto sottile.

Un’ultima curiosità, prima che mi dimentichi. A badare a Barbara, la compagna di Billy, c’è un dottore che vorrebbe “staccarle la spina”. Questo è un dettaglio del tutto marginale per la trama del romanzo, eppure Koontz ci tiene a spiegare come il dottore in questione sia un sostenitore della bioetica utilitaristica. Il tema era molto sentito anche in L’ultima porta del cielo, evidentemente è qualcosa che tocca profondamente l’autore. Sarebbe interessante capire il perché, studierò.

Libri che ho letto di Dean Koontz:
Il tunnel dell’orrore (1980)
La casa del tuono (1982)
Phantoms! (1983)
Incubi (1985)
Lampi (1988)
Cuore Nero (1992)
L’ultima porta del cielo (2001)
Il luogo delle ombre (2003)
Velocity (2005)

“L’ultima porta del cielo” di Dean Koontz

L’ultima porta del cielo (One Door Away from Heaven) è un romanzo di Dean Koontz del 2001 (vent’anni fa, sob). Un lunghissimo romanzo, aggiungerei, considerata la mole di ben 750 pagine. Per quanto mi riguarda è l’ottavo libro che leggo di questo autore e, di gran lunga, il peggiore. Ma andiamo per ordine.

La trama segue le vicende di quattro personaggi che finiscono per ritrovarsi insieme nel finale della storia. C’è Leilani, una bambina che vive con una madre tossicodipendente e un patrigno assassino, seguace della bioetica utilitaristica e del culto degli UFO; Micky, vicina di casa di Leilani, che desidera salvare la bambina da morte certa; Noah, un detective privato ingaggiato da Micky per smascherare il patrigno di Leilani; e infine Curtis, un ragazzino braccato per tutti gli Stati Uniti da misteriosi nemici che vogliono ucciderlo perché… beh, questo non posso dirtelo.

Leggendo qua e là vedo che qualcuno ha definito L’ultima porta del cielo un romanzo corale, proprio a causa dei molti personaggi. Credo sia un po’ esagerato. La storia è talmente semplice e poco articolata che definire corale questo romanzo è davvero generoso. Credo sarebbe più corretto definirlo semplicemente un romanzo prolisso, ecco. Un romanzo che sarebbe apparso troppo lungo anche con 450 pagine in meno.

Bene, ora veniamo ai lati positivi: i dialoghi (sì, sto facendo del sarcasmo). Potrei elencarti vari scambi di battute, portarti diversi esempi per spiegarti quanto siano irreali e macchiettistici, ma te ne farò solo uno. A un certo punto il ragazzino, durante la sua fuga (descritta per circa 200 pagine e sintetizzabile in “Curtis scappa”), incontra due gemelle omozigote che lo aiutano grazie alla loro capacità di cavarsela in ogni occasione (sanno gestire armi, combattere, aggiustare motori, eccetera, eccetera). Già qui saremmo su un livello di costruzione del personaggio che sfiora il peggior cliché di un film con Steven Seagal, ma non basta. Le gemelle parlano a turno, portando avanti interi dialoghi come se fossero una persona sola. Cazzo, neanche fossero Tweedledum e Tweedledee di Alice nel paese delle meraviglie. Una cosa terrificante.

Unita a tutto questo, una serie di colpi di scena e di soluzioni all’ultimo minuto che definirei imbarazzanti. Hai presente quando hai un protagonista che è bloccato in una stanza, senza porte e finestre, e dovrebbe morire lì, salvo una genialata del narratore che, con grande credibilità, ti accompagna nella sospensione dell’incredulità e risolve il problema? Ecco, non è una cosa che troverai in L’ultima porta del cielo. Koontz se ne uscirebbe con qualcosa tipo: “ma lui aveva la capacità di deformare la materia con la forza del pensiero”. No, non ci siamo.

Mi correggo. L’ultima porta del cielo non è solo il romanzo più brutto di Koontz che ho letto, è anche il più brutto romanzo che ho letto nell’ultimo anno. Forse negli ultimi due o tre.

Libri che ho letto di Dean Koontz:
Il tunnel dell’orrore (1980)
La casa del tuono (1982)
Phantoms! (1983)
Incubi (1985)
Lampi (1988)
Cuore Nero (1992)
L’ultima porta del cielo (2001)
Il luogo delle ombre (2003)