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“Un cane per amico” di Simone dalla Valle / “Un cuore felice” di Angelo Vaira e Valeria Raimondi

Quella di oggi è un’occasione per parlarti, oltre che dei libri che vedi sopra, anche di altre cose (inerenti al mondo dei cani e dei loro padroni). Quindi non aspettarti un confronto tra questi due manuali/guide, perché non lo sarà. In pratica non ti dirò quale sia il migliore tra i due, semplicemente non c’è, anche perché trattano aspetti diversi della convivenza a sei zampe/gambe.
Ok: se non hai un cane, se non sei interessato ad averlo, se non ti interessa capire perché alcuni proprietari di cani sono teste di cazzo e altri no, puoi fermarti qui.

Un cane per amico di Simone dalla Valle l’ho letto, in realtà, a maggio come preparazione per capire il mondo dei cani. Ovviamente il motivo di questa preparazione è stata la decisione di adottare un cane che, nello specifico, si è poi rivelato essere un Golden Retriever**. In questi giorni, invece, ho letto Un cuore felice di Angelo Vaira e Valeria Raimondi: me l’hanno regalato a Natale.

[**Io lo so che qualcuno avrà già pronto il pistolotto sui meticci che hanno bisogno di essere adottati e che “i cani di razza ecc. ecc. ecc.” Non me ne frega una mazza, tienitelo il tuo pistolotto. Primo cane = cane facile. Perché se poi ho delle difficoltà almeno sono (quasi) certo il problema sia mio, e non attribuibile a traumi precedenti all’adozione, che non posso conoscere. Ma non me ne frega niente nemmeno del pedigree, se la cosa tranquillizza il tuo animo sensibile.]

Partiamo dall’inizio.
Non avendo mai avuto un cane non me la sono sentita di fare come le suddette teste di cazzo (cioè certi padroni), che decidono di avere un cane e, semplicemente, lo prendono. Ho quindi passato dei mesi a studiare, non solo sui manuali, ma anche sui blog, sui forum, su youtube… le possibilità per informarsi sono svariate, bisogna avere solo la voglia e l’intelligenza (che spesso manca) di farlo. Ho quindi selezionato prima le razze più idonee ai neofiti (e alle mie esigenze logistiche) e poi tutti i canali di informazione necessari per arrivare pronti all’evento. Successivamente, una volta arrivato il cane, ho frequentato anche dei corsi con degli educatori professionisti, volti soprattutto a comprendere come instaurare un corretto rapporto con l’animale.
Ti sembra una preparazione eccessiva? A me no. Io sono del parere che per avere un cane, di qualsiasi razza, bisognerebbe fare prima una patente, come per l’automobile. Non è che ti svegli con la voglia di guidare e, da un momento all’altro, vai in giro in auto senza averlo mai fatto prima. Ti devi preparare: teoria, pratica ed esame.

In questo senso entrambi i manuali sono molto utili. Quello di Simone dalla Valle offre una visione a 360° su come rapportarsi con il cane, quello di Angelo Vaira è più specifico per quanto riguarda il gioco. Entrambi sono dog trainer conosciuti e applicano il metodo gentile per educare i cani (e soprattutto i padroni). Metodo che consiste nel premio dell’azione corretta, invece della punizione, sempre sbagliata, di quella errata. Entrambi, inoltre, non prevedono l’ormai antiquata visione educativa basata sul concetto di cane dominante e cane recessivo.
Attenzione però che, in tutti e due i casi, non troverai un libretto di istruzioni su “come fare cosa”, ma un utile approfondimento psicologico su come si instaura il legame con il quadrupede, su quali siano i suoi sentimenti e le sue emozioni. Poi il resto viene da sé quando questi sentimenti vengono rispettati e si crea un vero rapporto.

Ti faccio un esempio pratico, se no non ci capiamo (uno, ma potrei andare avanti all’infinito).
Quello che mi capita normalmente è di andare in giro con il mio cane e incontrare altri cani che vengono fatti avvicinare a guinzaglio teso (in impennata, addirittura). In questo modo il cane, costretto in una posizione che non assumerebbe, comunica con il proprio corpo un messaggio che viene male interpretato dal suo simile. Un messaggio che può risultare anche aggressivo. E quindi scoppiano le risse, tra cani e poi tra padroni. Ecco, ne hai individuato uno: quel padrone è una testa di cazzo.
E capiamoci, non è una testa di cazzo perché non sa, ma perché non si informa. Oltre a creare una danno al suo cane, lo crea anche a te e al tuo. Verosimilmente sarà il suo stile di vita fare le cose senza informarsi. È così che nascono le capre da stadio. Immagina questo stile esteso a ogni ambito. Pensa a quanto il mondo faccia cagare perché le persone non studiano, non si informano, non approfondiscono. Deve essere tutto veloce, tutto istintivo. I risultati sono poi evidenti (elencarli mi pare inutile).
Quindi, un guinzaglio teso, una merda non raccolta, una mancata socializzazione, sono più gravi di quello che sembrano.
L’ignoranza è il male, sempre.

Avrai capito che dei libri oggi ti parlo poco. Posso dirti che sono entrambi interessanti e validi, in particolar modo per chi è alla prima esperienza. Dovresti leggerli, insieme ad altri, PRIMA di prendere un cane. Potresti anche scoprire che non fa per te, risparmiando rotture di cazzo a te, a chi ha un cane (e ti incontra per strada) e a chi non ce l’ha.
Se stai pensando “sì, ma quale dei due…” stai già sbagliando. Evita almeno il cane, se proprio non riesci a evitare di respirare.

Una cosa te la dico io, perché è davvero difficile da capire, finché non hai un cane. Lascia per un attimo perdere il discorso di quello che il cane ti dà, la gioia, l’affetto, ecc.
Un cane richiede tempo, tanto tempo.
Personalmente ritengo sia più idoneo a quelle persone molto pratiche, a cui piace essere in continuo movimento, compiere molte azioni fisiche. Se hai tanti interessi che non riguardano attività motorie (chessò: leggere, scrivere, fare musica, cinema, arte) il cane ti costringerà a sacrificare molto del tempo che dedichi a queste attività. Dovrai quindi essere disposto a farlo. Altrimenti finisce che lo fai sfogare poco e diventa difficilmente gestibile o pauroso o poco socievole (e quindi torni a rompere il cazzo agli altri).
Questo non te lo dice nessuno, fidati.
Credo che chi sia molto appassionato di cani abbia un fondo di mancanza di interessi (questa potrebbe farmi uccidere, lo so). C’è chi di 24 ore al giorno non ne ha abbastanza e chi ha bisogno di riempirle. Ecco, il cane te le riempie benissimo.

Un cane è una bella esperienza, credo che nella vita bisognerebbe provarla almeno una volta. Ma non è una risposta, non è una soluzione. Se vuoi vivere solo del cane, o di cani, probabilmente c’è qualcosa che non va.
Probabilmente tu.

P.S. Tranquillo che adesso si riprende la normalità, ho una pila di libri da leggere che potrebbe diventare una colonna portante di casa…

“The Outsider” di Stephen King

Il corpo di Frank Peterson, undici anni, viene ritrovato in un parco. È stato ucciso, ma non prima di essere mutilato, morsicato e sodomizzato con il ramo di un albero. Impronte, testimonianze, DNA, tutto conduce verso un unico sospettato: il cittadino modello Terry Maitland, allenatore della squadra giovanile del paese, quello che si definirebbe “una pasta d’uomo”. Solo che Terry ha un alibi di ferro. Il giorno dell’omicidio era fuori città con dei colleghi insegnanti, ed è anche stato registrato da delle telecamere, oltre ad aver lasciato delle inequivocabili impronte…

Non posso proprio andare oltre, altrimenti ti dico troppo. The Outsider è un giallo per le prime 200 pagine, con indagini, interrogatori, ecc., poi diventa un enigma per una cinquantina di pagine, ed infine una caccia all’uomo (e anche qui mi fermo). Si inserisce perfettamente nel genere poliziesco/soprannaturale che Stephen King ha inaugurato con la trilogia di Mr. Mercedes (seguito da Chi perde paga e da Fine turno). A prova di questo ritroviamo, tra i protagonisti, Holly Gibney, coprotagonista proprio della trilogia.

È un librone alla King, nel senso quantitativo del termine. Sono 530 pagine molto fitte, eppure scorre via veloce. Ho letto molte critiche riguardo al finale (non spoilero, vai tranquillo), universalmente riconosciuto come il tallone d’Achille dello scrittore, ma devo dire che in realtà ci ha abituato a molto peggio (vedi The dome). Certo, The Outsider non sarà tra i capolavori del Re, ma è comunque godibile e la rappresentazione del Male è accettabile. D’altra parte non si può pretendere che ogni volta si arrivi ai picchi immagino-filosofici di IT (no, non il pagliaccio né il ragno del cinema/tv, intendo il Male vero del romanzo, l’opera d’arte). Qui invece siamo più dalle parti di X-Files che della tartaruga nell’Universo (questa la capisci solo se hai letto IT), ma per divertirsi può funzionare.

Per chi, come me, ha letto l’opera omnia, ci sono alcuni riferimenti al Ka e, appunto, all’eterna contrapposizione delle forze che regolano l’Universo. Sono tuttavia molto marginali, non rappresentano una difficoltà di lettura per un primo approccio. Più consistenti i rimandi alla storia di Brady Hartsfield della trilogia citata sopra, ma anche qui non sono necessari alla trama, è più un gioco citazionistico per gli appassionati.

Insomma, se vuoi un romanzo di King che ti tenga “incollato” questo The Outsider lo fa. Certo, è molto semplice e ben lontano dalla storica complessità dello scrittore, ma non è detto che tutti siano pronti a comprenderla o ad afforntarla…
Ora attendo l’uscita di Elevation, anche se la lunghezza ridotta (144 pg.) dell’edizione mi fa presagire il peggio (e per “il peggio” intendo La scatola dei bottoni di Gwendy).

Una nota: il 19 novembre è morto Tullio Dobner, storico traduttore di Stephen King. Era ormai parecchio che non lavorava sui libri del Re, ma li ha tradotti per trent’anni ininterrottamente (1983-2012), prendendo in pieno buona parte del periodo in cui io ho cominciato a leggerlo. Il suo stile rimane senza dubbio il migliore, senza offesa per gli altri traduttori.

“Sleeping Beauties” di Stephen King e Owen King

Oggi sarò eccentrico, partirò con la trama. Sintetica, che di prolissità ho già avuto la mia dose…

L’epidemia Aurora sconvolge il pianeta: simultaneamente tutte le donne che si addormentano vengono avvolte da un bozzolo e non si svegliano più. Se svegliate controvoglia sono violente, aggressive, assassine. Mentre si cerca di capire cosa stia succedendo, e le donne ancora sveglie si imbottiscono di stimolanti (per non cadere tra e braccia di Morfeo), una sola creatura di sesso femminile pare essere immune a questo destino: Evie Black. Lei parla con volpi, tigri, alberi, topi, uomini, smartphone e chi più ne ha più ne metta. Ah, fluttua e legge il pensiero, oltre ad avere una forza sovrumana. In questo contesto si sviluppano, tra gli uomini, le fazioni di chi vuole proteggere i bozzoli e chi vuole bruciarli, di chi vede Evie Black come una strega e chi come una salvatrice. E qui mi fermo, prima di scoprire dove siano finite le donne.

A questo punto ci vorrebbe una qualche frase ad effetto che fa tanto presa sui consumatori. Tipo: “Quando The Dome incontra Greenpeace nella giornata contro la violenza sulle donne”. Adesso te la spiego.
Ma cazzo, che pacco.

Effetto The Dome.
E’ la classica strategia di Stephen King: prendi un tot di persone e le inserisci in una situazione “isolante”, che sia un locale, un paese o un’epidemia. Tipo la cupola di The Dome, appunto, il supermarket di The Mist, il virus de L’ombra dello scorpione. Potrei andare avanti. Questa “situazione” diventa l’artificio letterario per creare due fazioni, il Bene e il Male, che si scontrano tra loro. Non è diverso per Sleeping Beauties. Come direbbe il buon Vincent Vega: «È lo stesso fottuto campo da gioco».

Effetto Greenpeace. [leggero spoiler]
Attenzione: coup de théâtre. In questo campo da gioco compare l’arbitro: Evie Black. Una sorta di emissaria della Natura, una figura che dovrebbe fare capire all’umanità intera cosa siamo e cosa potremmo essere. Il tutto condito da una certa dose di modaiolo sessismo (e non inteso come maschilismo, ma come femminismo).

Effetto Women’s Power.
Abbiamo il contrasto tra uomini buoni e uomini cattivi e quello tra umanità e natura, vuoi non buttarci dentro anche quello tra natura maschile e natura femminile? Di sicuro, a livello di marketing, è il momento migliore per farlo. Gli uomini hanno distrutto il mondo, le donne avrebbero fatto di meglio.
[Questa cultura ha rotto il cazzo, è la prima causa di disuguaglianza sociale. Ogni volta che sento la parola “femminicidio” penso a come, invece di portare uguaglianza, stiamo allargando il concetto che le donne vadano protette come se fossero esseri “speciali”. Dove, però, lo “speciale” sembra indicare implicitamente ancora un’inferiorità.]

Non ci siamo King (padre, figlio e Spirito Santo), nonostante io sia “il tuo ammiratore numero uno”, questo libro è stato uno dei peggiori tuoi libri che abbia letto (cioè tutti). Partiamo col dire che 650 pagine sono troppissime, per quello che succede, 400 sarebbero state sufficienti e abbondanti. Mi sento come quando si finisce una serie televisiva: sono stato intrattenuto a luuungo ma mi ritrovo con un pugno di mosche (o di falene) in mano, esito ben diverso da quando vedo un bel film. Situazioni inutilmente complesse, degne della migliore (per molti, ma non per me) serie diluita in 15.000 episodi, poco attinenti alla storia, molto attinenti al consumo, al consumismo e al vendere libri ai polli.

La prossima volta scriviamo un bel romanzo sui gattini?