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“Indiana Jones e il quadrante del destino” di James Mangold

Sono andato a vedere l’Indiana Jones semi-apocrifo (poiché l’unico non girato da Spielberg, ma da James Mangold) e devo dire che, tirando le somme, mi è piaciuto.
♫ Nostalgia, nostalgia canaglia… ♪♪
Peraltro una nostalgia da godere e spremere fino all’ultima goccia, perché dubito rivedremo Harrison Ford vestire i panni di Indi, salvo rivisitanzioni come Indiana Jones e la prostata di fuoco.
Ti tolgo subito il dubbio: Indiana Jones e il quadrante del destino è di certo mooolto meglio de Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo (non che ci volesse poi tanto eh).

La trama io non te la racconto, mi rifiuto. Se sei qui significa che la conosci già. C’è un oggetto da recuperare, un mistero da svelare, i nemici nazisti (sebbene il film sia ambientato nel periodo dell’allunaggio) e un po’ di soprannaturale. Insomma, c’è tutto quello che serve a caratterizzare un Indiana Jones degno della trilogia “classica” (e no, niente alieni fortunatamente, questa volta).

Nell’intro e in un paio di flashback la giovinezza di Harrison Ford è ricostruita in computer grafica e devo dire che la cosa non pesa troppo. Anche se la ricostruzione non è proprio eccellente, l’Indi “finto giovane” appare un pochino appesantito e gonfio in viso, come se stesse facendo una leggera cura cortisonica. Chissà perché non sono riusciti a riprodurlo uguale uguale ad allora, mi chiedo, in fondo la tecnologia ormai dovrebbe esserne in grado.

Quello che manca è un po’ di epicità nell’amarcord, anche dove avrebbe potuto esserci. Una scelta voluta? Boh. Non ti corre mai quel brivido lungo la schiena o non ti viene il groppo in gola in stile Top Gun Maverick, per capirci.
Anche nei titoli di testa, dove sarebbe stato facile richiamare l’emotività con il noto lettering arancione o una musica più “pompata”, passa tutto in sordina. Anzi, a dirla tutta, quando il titolo compare sembra più l’inizio di una qualsiasi puntata di MacGyver, tanto la scelta è priva di personalità.

Ford se la cava, non è mai ridicolo, forse grazie al fatto che il suo personaggio sia sempre stato abbastanza autoironico (o forse perché è un attore con i controcazzi come non ne fanno più). Non spinge nemmeno troppo sul pulsante della vecchiaia, errore comune e noioso nelle ultime rivisitazioni di serie note come Arma Letale o Bad Boys.
Mikkelsen è un attore in grado di dare moltissimo e io lo adoro, però qui l’ho trovato un nemico abbastanza anonimo.
Banderas è inutile come in molti dei suoi ultimi film.

Un buon compito per Mangold, ben riuscito. Avrei voluto Spielberg? Ovviamente sì, come chiusura sarebbe stato doveroso. Non mi sono commosso come avrei voluto, ma te lo consiglio lo stesso, non c’è dubbio.

Ti lascio in un modo inconsueto, con la mia personale classifica in ordine di preferenza:
Indiana Jones e l’ultima crociata
Indiana Jones e il tempio maledetto
I predatori dell’arca perduta
Indiana Jones e il quadrante del destino
Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo

“Solo: A Star Wars Story” di Ron Howard

C’è sempre l’amico che ti chiede di accompagnarlo a vedere il “nuovo” film di Star Wars, e alla fine ci vai. Tuttavia ormai i paletti che limitano i registi nella direzione di questi film sono talmente vincolanti che poco cambierebbe se a dirigerlo fosse Lynch (sarebbe comunque un film comprensibile), quindi la direzione di Ron Howard risulta praticamente invisibile.

Il pregio di questo episodio, totalmente indipendente e a se stante, è che sono presenti meno effetti speciali e la trama è più semplice del solito. Insomma, più avventura e meno spade laser che, anzi, sono del tutto assenti. Han Solo scorrazza a destra e a sinistra, conosce Chewbecca e conquista il Millennium Falcon, trova e perde l’amore (una Star Whore di cui in realtà si dimentica abbastanza in fretta) e racconta le sue origini.
Il paragone con Harrison Ford non è nemmeno da fare.

Un film passatempo, niente di più. Ho letto analisi di ogni tipo online ma, sinceramente, non credo proprio siano necessarie. Divertente eh, ma cercare significati o profondità in questa macchina mangiasoldi sarebbe, per citare Michael Corleone, un’offesa alla mia intelligenza.

“Rogue One: A Star Wars Story” di Gareth Edwards

La vicenda penso sia ormai nota a tutti, e per una volta farò una breve sintesi. Mooolto breve. Il film parla di come sia stato scoperto il punto debole della Morte Nera, che verrà distrutta in Star Wars: Una Nuova Speranza, attraverso il furto da parte dei ribelli dei piani di costruzione della macchina-pianeta.

E’ sicuramente un film divertente, come tutti i film della serie di Star Wars (ad eccezione de La minaccia fantasma, che faceva proprio cagare). C’è ritmo, frenesia, non ci si ferma mai. Però. Verrò sicuramente messo in croce per quanto sto per dire, quindi ci tengo anticipatamente a sottolineare che ritengo tutta la saga godibilissima ed unica nel suo genere. Il pregio principale di Star Wars è quello di portarti totalmente in un altro mondo, dove è normale tutto quello che accade. Cioè, si può mettere in dubbio la trama, alcuni personaggi, ecc., ma non si mette mai in dubbio la veridicità di questo universo parallelo costruito benissimo. E questo è grandioso. Ma..

Ma.. Star Wars Rogue One manca, a mio parere, totalmente di empatia, come tutti gli altri episodi. I personaggi sono divertenti, ci si affeziona come ci si affeziona a un bel giocattolo, ma tutto finisce qui. Un esempio: l’umanità del Ford-Deckard è totalmente superiore a quella del Ford-Solo (si, lo so che non c’è Harry in questo episodio!), e di conseguenza anche il coinvolgimento emotivo. Certo non si può avere tutto, Star Wars ha creato un mondo, ed è già moltissimo. Tuttavia, l’estremo fanatismo creato da questa saga lo considero esagerato, nella fantascienza preferirò sempre un Blade Runner, Alien o Interstellar. Potrei forse dire riguardo a Star Wars la temibile frase “visto uno visti tutti”. Che poi sia un piacere vederli tutti è sicuro, ma una volta visto il primo, la novità, l’innovazione, il coinvolgimento, sono da un’altra parte e non certo in tutto quello che è seguito. Diciamo che per me Star Wars equivale ad una serie televisiva ad altissimo costo.

Ah, altro pregio è sicuramente l’operazione vintage/amarcord in cui ci sono ancora superpulsanti giganti sulle astronavi, come nella fantascienza anni ’70. Ed i cattivi cascano come mosche (quelle armature bianche devono proprio valere un cazzo). Insomma, il bello del rivivere un cinema dei tempi andati (con tanto di attori della trilogia originale resuscitati con la computer grafica).

Sarò estremamente sintetico, ed in questa conclusione spoilero, quindi non leggere se devi ancora andare al cinema: alla fine di Rogue One muoiono tutti, solo che non te ne frega un cazzo. Ed in questo c’è qualcosa che non funziona.