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“Una geografia delle tenebre” di Davide Camparsi

Ho conosciuto Davide Camparsi attraverso la bella antologia Tra cielo e terra – Racconti fantastici (pubblicata dall’Associazione RiLL), poi l’ho riletto con Tre di nessuno (ed. Il Foglio), un romanzo breve che mi è piaciuto molto. Così, nel vedere ripubblicata da Weird Book un’altra sua antologia – Una geografia delle tenebre, appunto – non ci ho pensato due volte…

Ancora una volta Camparsi mi ha colpito positivamente e mi ha anche sorpreso con tematiche ben diverse da quelle precedenti (o antecedenti, guardando la cronologia di pubblicazione, ma non facciamo i pignoli).

Quello che mi piace di questo autore è lo stile, semplice e immediato, “asciutto”, si direbbe, nel gergo tecnico. Poche parole, sempre efficaci, per far passare i concetti, e nessun inutile orpello. Trovare autori privi di ridondanza non è per niente semplice, specie nell’horror che si presta a descrizioni interminabili e spesso, diciamolo, noiose. Ecco, Camparsi ci sa fare, ti porta nel cuore della situazione, del personaggio, dell’emozione, senza mai farti perdere la strada durante il percorso (in altri termini: senza farti sbadigliare). Questo è molto importante per non compromettere la sospensione dell’incredulità, soprattutto in un genere nel quale, per forza di cose, è messa a dura prova.
E fino a qui tutto regolare, si tratta del Camparsi che già conoscevo…

Tuttavia, rispetto agli altri suoi lavori che ho letto, Una geografia delle tenebre si presenta come una raccolta di racconti estremamente cupa. Con chiare ispirazioni lovecraftiane, parla di un Male che travalica i confini della pagina e invade autore e lettore. È un’oscurita profonda, contagiosa, che proviene da forze antiche, divinità di altre ere. È – concedimi la citazione – un “seme della follia” che lo scrittore pianta nel lettore, come un carpenteriano Sutter Cane (e guarda lì che, in un modo o nell’altro, torniamo a Lovecraft).

In questo periodo, nel quale ho poca voglia di leggere e anche di scrivere, Camparsi è riuscito a far brillare una buia scintilla di tenebra dentro di me. Devo ringraziarlo.
Non posso, però, chiudere questo post senza farti notare la bellezza della copertina, opera di Alessandro Amoruso.

“Terrorea – Materia Corporis” di AA.VV.

Ok, in Terrorea Materia Corporis ci sono dentro anche io. Sarebbe saltato fuori, no? Quindi tanto vale dirtelo subito.
Fatto.
Sarò breve, perché è difficile parlare di un’antologia senza fare spoiler e preferenze tra i racconti – e gli autori – e lo è ancora di più, appunto, quando uno degli autori sei tu.

11 racconti horror accuratamente selezionati dal curatore – Marco Marra, scrittore ed editor – affinché presentino come tema comune quello del “corpo”. Un corpo a volte fisico, altre psicologico, altre ancora quasi teologico.

Edita da Horti di Giano, l’antologia Terrorea è il perfetto esempio di come un progetto possa ben funzionare grazie alla passione. 200 pagine che trasudano, non tanto sangue, quanto amore per il macabro e la scrittura. E, naturalmente, un misto di stili diversi e interessanti.

Sono contento di esserci (il mio racconto si intitola Io so che tu sai che io so) perché fare parte di un volume come questo significa essere stati selezionati per qualcosa di “particolare”. L’edizione è, infatti, curata nei minimi dettagli e la qualità si percepisce in ogni piccola scelta (una su tutte la copertina fighissimamente cronenberghiana di Riccardo D’Ariano).
E se tra queste scelte ci sono anche io, beh, che dire…

“Antologia Delirio – Terni e Narni Horror Fest” AA.VV.

Un po’ di storia (mia, si intende).
Prima di arrivare a pubblicare L’amico giusto partecipavo a diversi concorsi letterari, in prevalenza horror. Essendo l’horror una letteratura “di genere” (e in quanto tale maltrattata) i concorsi a essa dedicati sono pochi e quelli organizzati bene ancora meno. Io ne ho “frequentati” parecchi, tra cui il FiPiLi Horror, l’Esecranda e, appunto, il premio letterario Terni Horror (ora Terni e Narni Horror Fest).
[Momento nostalgia per chi ricorda il Dylan Dog Horror Fest].
Nel 2018 mi è capitato di vincerlo (ex aequo con Roberto Ciardiello), il Terni Horror, motivo per il quale ho tra le mani questa bella antologia che contiene anche il mio racconto.

Due parole, veloci, sul Terni e Narni Horror Fest.
Nato dalla passione di pochi amici che amano l’horror, diviene nel giro di cinque/sei anni un punto di riferimento per tutti gli amanti del genere. È una manifestazione che, oltre al concorso letterario, si occupa anche di cinema e di tutto quello che gravita attorno all’orrore. Pur mantenendo le sue radici genuine (e questa a mio parere è la sua forza) attrae a sé nomi importanti: l’anno scorso la presidentessa di giuria era Paola Barbato e prima ancora il mitico, e purtroppo scomparso, Tullio Dobner (tu sai quanto io ami lo Stephen King tradotto magistralmente da Dobner).

L’Antologia Delirio – Terni e Narni Horror Fest, curata da Fabio Mundadori, raccoglie tutti i racconti che si sono piazzati nei primi tre posti dal 2016 al 2019, oltre a tutti i finalisti del 2019. Un totale di 24 racconti, per circa 270 pagine. Siccome sono un esteta e un superficiale devo anche spendere qualche riga per dirti che l’edizione è parecchio curata per quanto riguarda la qualità dei materiali. Questo non è scontato perché spesso i concorsi, causa fondi limitati, si trovano a dover ripiegare su edizioni dall’aspetto economico. Non è questo il caso: carta di pregio, bella copertina, fisicità importante.

Come spesso mi è più volte capitato di notare, anche leggendo antologie di altri concorsi (vedi Trofeo Rill, altro premio fantastico), i racconti hanno quell’originalità che manca alle “normali” raccolte che si trovano in libreria. È come se la necessità degli autori di trovare qualcosa di nuovo da dire li portasse a uscire dai normali canoni di genere per scoprire territori nuovi, inesplorati, che possono solo essere entusiasmanti per chi legge e desidera uscire dai binari. Io poi amo l’alternanza nello stile e nel sottogenere, quindi ho trovato pane per i miei denti. Ti dirò che, pur vestando il mio vracconto il migliove dell’inteva antologia (da leggere con tono da saccente letterato), anche quelli degli altri autori se la cavano piuttosto bene! (Umiltà, il mio più grande pregio).
Scherzi a parte, il livello è alto, leggendo un racconto preso a caso si fa fatica a capire se questo possa essere un vincitore o solo un finalista.

Purtroppo l’anno della vittoria non ho potuto essere presente alla premiazione e, con questo libro tra le mani, mi dispiace ancora di più. Che dire, se hai la passione per la scrittura (horror) il Terni e Narni Horror Fest è una buona occasione, se invece non scrivi… leggi l’antologia!

“Sinistre Presenze – 17 Racconti horror impegnati” di AA.VV.

Sono generalmente poco incline a tutto ciò che provenga dall’Italia, che sia cinema, musica o letteratura. Questo libro tuttavia, mi è stato regalato, e di conseguenza ho provato ad affrontarlo con spirito nuovo, anche se tutti gli autori sono ovviamente italiani. Pensavo peggio.
Per prima cosa non bisognerebbe leggere l’introduzione, infatti dalle prime pagine si ha l’impressione di un libro schierato politicamente (almeno nella narrativa che la politica se ne stia fuori dalle palle), invece è solo un’intro a mio parere mal riuscita. I racconti sono socialmente impegnati, ma un impegno condivisibile di critica alla società, non uno schieramento destra-sinistra da stadio, che ancora è tanto di moda tra chi crede che esista davvero una divisione di questo tipo. Per capirci è un po’ una critica del tipo Zombie di Romero, argomenti di innegabile esistenza riguardo ai difetti del genere umano.

(Scrivo per chi ha già letto più che per chi deve ancora leggere.)
Detto questo i racconti sono altalenanti, alcuni molto coinvolgenti e interessanti, altri terribilmente noiosi. Non sto a farti titoli e nomi, non ne ho voglia. C’è però un ottimo racconto proprio sugli zombie come critica all’omologazione di massa, una divertente e anticlericale (con tanto di copula tra un prete e una suora) rivisitazione di Tremors e un bel racconto finale (questo più che per la trama per lo stile di scrittura) di Danilo Arona sulle pozioni magiche. Come contrappeso un paio di lunghi racconti veramente indigeribili, quello sul libro satanico e quello degli uomini che chiacchierano in osteria, entrambi estremamente pesanti e noiosi.

Metà e metà insomma. L’avrei comprato? Probabilmente no. Ed ora che l’ho letto? Si, qualche racconto vale davvero la pena di leggerlo, diciamo che si potrebbe ridurre a 10/12 racconti e salterebbe fuori proprio un bel libro. D’altra parte, con le raccolte di autori vari non può che essere così.
E’ comunque sicuramente apprezzabile questo intento di voler inserire dell’impegno sociale nell’horror, anche se è davvero molto difficile mantenere il giusto mix tra divertimento e critica, e solo in pochi autori ci riescono..