Archivi tag: Cormac McCarthy

“Meridiano di sangue” di Cormac McCarthy

Meridiano di sangue è considerato da molti il miglior romanzo di Cormac McCarthy, spesso considerato anche come Grande Romanzo Americano. È il terzo romanzo di McCarthy che leggo e io, per ora, ho preferito gli altri due (che puoi trovare linkati a fine post). È chiaro, siamo sempre nell’ordine dei capolavori, non fraintendiamoci. Mi trovo in difficoltà, perché ho fatto davvero fatica a terminare le 300 pagine di questo libro, sebbene la sua grandezza non sia messa in dubbio. Andiamo per punti.

La trama.
1850, la storia segue le vicende di un giovane quattordicenne che abbandona la propria casa e si unisce a un gruppo di sbandati/giustizieri/portatori di legge in perenne movimento tra Stati Uniti e Messico. Uccidono, stuprano, rapinano e scalpano. In lotta con i nativi – ma non solo – si lasciano alle spalle una scia di sangue e morte. A guidarli, il giudice Holden, obeso e carismatico, che ricorda molto il Kurtz di Marlon Brando.

Ripeto, Meridiano di sangue è scritto in modo magistrale, come solo McCarthy può fare. Ogni pagina è poesia allo stato puro e ti fa immergere totalmente in un contesto di violenza e disperazione. L’obiettivo è quello di mostrare cosa sia stata realmente l’epoca dello scontro tra Indiani e cowboy, e ci riesce. Non ci sono Clint Eastwood qui, solo persone senza cuore e assassini. Sia da una parte (per scelta) che dall’altra (senza scelta). Bambini appesi per le mandibole, vecchi bruciati vivi, ragazze violentate e uccise. La vita non ha nessun valore, una parola sbagliata e sei morto. In assenza di un controllo, l’Uomo si rivela per quello che è: l’animale più brutale e crudele del pianeta. Non a caso questo è stato definito anche come uno dei romanzi più violenti mai scritti.

Io non sono facilmente impressionabile e, infatti, tutta questa violenza non mi ha colpito molto, dal punto di vista psicologico. Forse chi ancora crede che il farwest fosse simile a un film di Sergio Leone dovrebbe leggere questo romanzo, ma io ho trovato esattamente ciò che mi aspettavo: la realtà. Il mondo era già un brutto posto a quei tempi, ben prima del black friday.

Quindi, quanto ti dico che questo è un romanzo pesante non mi riferisco all’impatto emotivo (quello dipende da te, ovviamente), quanto alla sua mancanza di saper coinvolgere il lettore. La trama che hai letto sopra rappresenta esattamente tutto quello che accade nei 23 capitoli, senza grosse sorprese. A dirla tutta, potresti leggere questo libro a capitoli alterni e riuscire comunque a seguirne il filo conduttore. Tradotto: non ti verrà mai voglia di prendere in mano Meridiano di sangue per vedere come procede la storia perché, semplicemente, non procede. Questo romanzo è un bellissimo affresco, un dipinto dettagliato dalle atmosfere perfettamente descritte, ma non è una “storia” nel senso narrativo del termine.

Te lo consiglio? Sì, se ti piace McCarthy non ti deluderà. Se, però, non hai mai letto nulla di suo non iniziare da qui!

Libri che ho letto di Cormac McCarthy:
Meridiano di sangue (1985)
Non è un paese per vecchi (2005)
La strada (2006)

“Non è un paese per vecchi” di Cormac McCarthy

Cazzo, che romanzo.

Non sarà un inizio raffinato, il mio, ma concedimelo.
Non è un paese per vecchi è il secondo libro che leggo di Cormac McCarthy, dopo La strada, e non ho più alcun dubbio: devo leggere tutto quello che ha scritto. Che poi non ha scritto molto, su Wiki ci sono giusto una decina di titoli in quasi novant’anni di vita (McCarthy è del 1933).

Avevo visto il film omonimo dei fratelli Coen (e l’ho  rivisto appena terminato il romanzo) qualche anno fa. Lo ricordavo per la cazzutissima (ci risiamo) interpretazione di Javier Bardem, non tanto per la trama, che non mi aveva colpito. Invece devo amettere che anche la trama segue il romanzo per filo e per segno, quindi da quel punto di vista è stato fatto un lavoro eccezionale. Tuttavia il libro “è meglio”, come si suol dire.

Llewelyn Moss, un reduce del Vietnam texano, sta cacciando antilopi sul confine col Messico quando si trova sulla scena di quello che deve essere stato un regolamento di conti. Pick-up bucherellati, uomini bucherellati, cani bucherellati. Tanta droga e una valigetta con due milioni e mezzo di dollari. Moss prende la valigetta e scappa. Sulle sue tracce Anton Chigurh, psiocopatico folle assassino, che cerca la valigetta armato di una bombola ad aria compressa, un fucile e una moneta. Un uomo che sembra la Morte in persona. E, ancora, dietro loro due, lo sceriffo Bell che ce la mette tutta per trovare Moss e salvarlo dal suo destino.

Un romanzo di polvere, sangue e silenzi. Di dialoghi asciutti(ssimi), rimpianti e scelte. Nessuna anima è priva di sofferenza, qui. Chigurh sembra essere l’opposto esatto di un deus ex machina, l’incarnazione dell’assenza di pietà della vita che ti stritola senza possibilità di fuga. Il suo testa o croce ha il sapore di un cancro che ti becca nel momento in cui tutto sta andando per il meglio.

La storia è intervallata da capitoli nei quali, a cose concluse, lo sceriffo Bell riflette sul passato, sul futuro e sul senso dell’esistenza. Questo si perde molto (non del tutto) nel film, nonostante l’ottimo Tommy Lee Jones. In generale la trasposizione perde un po’ quel senso di solitudine che caratterizza i personaggi nel romanzo. Quella sensazione di essere tutti degli inutili sputi nell’Universo, per capirci.

Cazzo, che romanzo.

“La strada” di Cormac McCarthy

La strada (2006) è un romanzo di Cormac McCarthy, vincitore del James Tait Black Memorial Prize e del Premio Pulitzer. Dal libro è stato tratto lo stupendo The Road, di John Hillcoat (suo anche Lawless, molto bello), con Viggo Mortensen. La strada, così come Cecità di Saramago, è uno di quei romanzi che dovrebbero essere consigliati a scuola (non so se oggi esista qualche insegnante abbastanza illuminato, io ne ho avuti pochi).

In un futuro non troppo lontano, dopo un olocausto nucleare (o la caduta di un asteroide – non è specificato), un padre e un figlio camminano lungo la strada in direzione dell’oceano. Da un flashback si scopre che la madre del bambino non ha retto la situazione venutasi a creare dopo il cambiamento e si è suicidata. L’uomo cerca semplicemente di tirare avanti, è chiaro che il mare sia solo un obiettivo come un altro. Tutto è grigio e cosparso di cenere, il cibo è rarissimo e i sopravvissuti molto pochi. È un mondo in cui è saltata ogni organizzazione sociale, i disperati che non sono morti fisicamente lo sono nell’animo e il cannibalismo è diventato per tanti la soluzione alla fame.

Il livello di disperazione che pervade il romanzo è tale da farti sentire lì, a fianco di questi due personaggi senza nome. Potresti essere tu a tenere una pistola carica, pronto a ucciderti, più che a uccidere, e a porre fine anche alla vita di chi non potrebbe andare avanti da solo. La strada è un’analisi perfettamente lucida di quello che potrebbe essere, di quanto tutto il nostro sistema sia precario e come basterebbe poco per ridurci a uno stadio primitivo. L’unico portatore di bontà, non corrotto dal male dell’età adulta, è il bambino, che cerca sempre di aiutare chi sta peggio anche quando questo può rappresentare un rischio. McCarthy ti trasmette benissimo l’angoscia che vive l’uomo, già dalle primissime pagine visibilmente malconcio (tossisce sangue), conscio che presto dovrà abbandonare il bambino a sé stesso. È un padre che insegna al figlio come si fa a spararsi un colpo in bocca, nel caso gli capitasse di dover evitare una morte atroce (vedi: mangiato).

La strada è un capolavoro, uno dei migliori romanzi che abbia letto ultimamente. Ora mi è venuta voglia di rivedere il film.
Ho scoperto tardi McCarthy, autore, tra gli altri, di Non è un paese per vecchi. Recupererò tutti e dieci i suoi romanzi, puoi starne certo.