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“In nome del cielo” di Jon Krakauer

Ho conosciuto Jon Krakauer grazie a Nelle terre estreme, ovvero il libro in cui il giornalista e scrittore racconta la storia di Christopher “Supertramp” McCandless. È stato amore a prima lettura, proseguito poi con il racconto della tragedia dell’Everest in Aria sottile. Oltre a In nome del cielo, del quale ti dirò a breve, ho recuperato anche Senza consenso, un libro inchiesta sull’abitudine allo stupro nei campus americani. Dal 2003, infatti, Krakauer, che prima era più conosciuto per storie riguardanti la montagna e l’alpinismo, ha iniziato anche a dedicarsi al giornalismo investigativo.

In nome del cielo utilizza la truculenta storia dei fratelli Lafferty – da noi forse poco conosciuta – come aggancio per poter indagare il mondo della Chiesa di Gesù dei Santi degli Ultimi Giorni e, in particolare, dei mormoni fondamentalisti. È stata una lettura molto interessante anche perché io, di questa religione, non conoscevo molto. Pur essendo un culto molto seguito negli Usa, quello del mormonismo è un fantasy (scusa, non ho resistito) nato relativamente di recente: il suo fondatore ne ha infatti pubblicato l’equivalente della Bibbia, ovvero il Libro di Mormon, nel 1830. I mormoni quindi, a differenza degli altri credenti, non hanno nemmeno la scusante di credere in qualcosa la cui nascita risale agli albori della storia, poiché i fatti che portarono Joseph Smith a scrivere i suoi vaneggiamenti sono ben documentati in epoca recente. D’altro canto bisogna anche tenere conto che, stando al credo di Smith, il mondo sarebbe stato creato seimila anni fa…

Ma cerchiamo di rientrare in carreggiata.

Quello dei fratelli Lafferty è un crimine di natura quasi rituale. Per farla breve, hanno ucciso la cognata (sposa di uno dei fratelli minori) e la nipote neonata perché così era stato indicato loro in una rivelazione. Già, perché mi sono dimenticato di dirti che il mormonismo si basa su queste fantomatiche rivelazioni che possono colpire gli adepti da un momento all’altro. Sembra una cazzata, lo so (ma perché, oggettivamente, lo è). Partendo da questo fatto di cronaca Krakauer, come dicevo, spiega tutta la storia del mormonismo, dalla nascita ai giorni nostri, passando per le relative problematiche che si abbattono su qualsiasi religione venga presa sul serio (in pratica quando i credenti di turno diventano fondamentalisti).

Qui mi fermo di nuovo perché, sebbene io sia notoriamente ateo e questo lo sai, devo comunque spiegarti come la penso sul fondamentalismo religioso (spiegazione non adatta ai credenti standard poiché difficilmente verrà accettata).
Il fondamentalismo religioso, che noi siamo abituati a considerare ovviamente con un’accezione negativa, non è null’altro che il modo coerente e corretto di seguire un culto religioso. In pratica il fondamentalista si attiene per filo e per segno a ciò che il libro di riferimento (il Libro di Mormon, la Bibbia, il Corano e via dicendo) gli ordina di fare. Questo poco si sposa con il credente medio, quello occidentale per capirci, che desidera, nella sua incoerenza e ipocrisia, tenere sempre il piede in due scarpe e non rinunciare a nulla. Prendiamo la nostra religione culturale di riferimento: il Cristianesimo. Il vero cristiano, per dirne solo qualcuna, non tromba se non per concepire (vade retro anticoncezionali) né lo fa prima del matrimonio, ha un’idea ben chiaro di chi sia superiore tra l’uomo e la donna, va a messa tutte le domeniche, non si tatua, e – così per non dimenticarcelo – rispetta rigorosamente tutti e dieci i comandamenti. Non vado avanti, ci siamo capiti anche senza parlare di aborto, pillole, omosessualità e ulteriori gadget. Il vero cristiano è un fondamentalista, con tutte le conseguenze che questo stile di vita comporta. Non è diverso da un fondamentalista mormone o islamico o di quello che crede nei Puffi. Tuttavia il cristiano medio crede anche nel culto della vita occidentale, che comporta la presenza di alcune caratteristiche (sia positive che negative), come l’uguaglianza di genere, il consumismo, i vari diritti, la scarsa propensione a condividere con il prossimo… A questo punto il credente cosa fa? Be’, decide che, insomma, si può fare un misto tra quello in cui crede e quello che gli fa comodo. Se fosse intelligente, rifiuterebbe la religione in toto, poiché scientificamente inammissibile, comprendendo come la sua esistenza sia dovuta storicamente solo al controllo delle masse. Ma che vuoi: l’abitudine, i riti sociali, i contrasti generazionali… è molto più semplice e meno faticoso seguire il gregge, un colpo al cerchio e uno alla botte.

Tornando ai mormoni, la religione originaria prevede, ad esempio, la poligamia. Ed è una poligamia bella tosta, dove la donna è convinta di dover sottostare al volere dell’uomo (se fosse paritaria comporterebbe anche la poliandria, non ci sono cazzi al riguardo, l’esclusiva poligamia implica sempre il concetto per cui la donna sia sottomessa all’uomo). Ma capiamoci meglio. Krakauer parla di ragazzine di tredici anni rapite e stuprate che, successivamente, si sposano con lo stupratore. Ragazzine cresciute in un mondo talmente malato per cui sono convinte che, se questo è accaduto, è il volere dell’uomo e di dio. Parla di uomini che sposano donne e poi “sposano” (leggi: pedofilia) le figlie che nascono dal matrimonio. Negli Usa la poligamia è reato, per cui i mormoni si isolano in città nel deserto dove sono “tollerati” dallo Stato. Non solo, lo Stato sovvenziona le donne madri single (perché solo una moglie viene correttamente “registrata” come tale, per non infrangere la legge) fornendo un finanziamento costante alla famiglia mormone. È un susseguirsi di assurdita che è il frutto e la conseguenza di quanto scrivevo sopra, ossia del mondo occidentale che, pur avendo ormai gli strumenti scientifici, sceglie di continuare a credere nell’esistenza del culto dei Barbapapà di turno.

Nel mormonismo fondamentalista, in particolare, qualsiasi legge di Dio (e quindi, ricordiamolo, anche qualsiasi “rivelazione”) è al di sopra della legge dell’uomo. Quindi se Dio dice che si deve uccidere un’infedele, il vero credente agirà di conseguenza. Ti ricorda qualcosa? Qui non si parla, per dire, di essere un tipo ordinato o essere un tipo molto ordinato. Qui si parla di essere un tipo che crede nelle fate o di essere un tipo che crede molto nelle fate. È la follia della follia. Tuttavia, per evolverci come specie, prima o poi dovremmo capire che non c’è un modo corretto in cui credere nelle fate e uno sbagliato. Se credi in una cazzata a metà, ci sarà sempre qualcuno che ci crederà per intero…

Chiariamoci, io non mi oppongo alla ricerca di sé o alla meditazione. Io mi oppongo alle dottrine e agli indottrinamenti. All’elefante rosa che esiste per me e per chi lo vede come me e che tu non vedi solo perché non hai “fede”. Sì, il cazzo. Io non lo vedo perché sono sano di mente, diciamolo. Altrimenti sarà sempre sufficiente un Joseph Smith qualunque per inventarsi un nuovo culto delle sette sfere di DragonBall. E chi non vede le sfere, be’, è perché non ha fede.
Mi fermo qui, tanto hai capito come la penso in generale sui culti religiosi, anche senza che stia a spiegarti che nel mormonismo i bianchi sono ok mentre i neri sono considerati animali (e non nell’accezione positiva per cui, correttamente, siamo tutti animali).

In nome del cielo è stata una bella immersione in qualcosa che non conoscevo bene. Krakauer è molto dettagliato anche per quanto riguarda la storia, non solo per la parte crime. Un libro che consiglio per avere un’idea di cosa sia realmente la religione, non solo il mormonismo. Se proprio dovessi fare una critica, il libro è addirittura troppo lungo e dettagliato, tanto che non sento il bisogno di informarmi oltre sull’argomento, sono state davvero 400 pagine fittissime (è scritto anche parecchio piccolo).

Esiste una serie TV, ovviamente romanzata, con lo stesso titolo e ispirata dai fatti raccontati da Krakauer. Al momento è su Disney+, la guarderò, anche se credo che in questo caso si parli più di intrattenimento che altro, e, come ti dicevo sopra, a questo punto mi va anche bene così.

Libri che ho letto di Jon Krakauer:
Nelle terre estreme (1996)
Aria sottile (1997)
In nome del cielo (2003)

“Non andateci! Il mistero del Passo Dyatlov” di Svetlana Oss

Un paio di anni fa mi sono imbattuto in un film dell’orrore che si intitolava Il passo del Diavolo. In genere, se guardo un film in terza serata tendo ad addormentarmi, salvo che questo non sia davvero stupido o di bassa qualità. Non so perché accada, ma più fa schifo il film e meno mi viene sonno (è un controsenso, ma non posso farci nulla). The Devil’s pass faceva decisamente parte della categoria horror pecoreccio, motivo per il quale lo vidi tutto. Alla fine venne fuori una simpatica scritta: il film era ispirato agli eventi accaduti al Passo Dyatlov (Urali) nel 1959. Aprii l’enciclopedia che racchiude tutto lo scibile umano (Wikipedia) e caddì nel tunnel del mistero del monte Otorten (traduzione letterale: non andateci).

Ti faccio un riassunto approssimativo, perché il mistero è davvero complesso e contorto e, se ti va, su Wikipedia (e su centinaia di altri siti) c’è descritto tutto nel dettaglio.
Nel 1959 nove studenti universitari si avventurarono sugli Urali per una spedizione escursionistica. Erano preparati, equipaggiati e abbastanza esperti (lì le temperature scendono di parecchio sotto lo zero, non si può improvvisare). Per farla breve, non tornarono, dovettero andare a cercarli e quello che trovarono risultò abbastanza inquietante. I nove erano ovviamente morti, ma in circostanze piuttosto bizzarre. La loro tenda era stata tagliata dall’interno e i ragazzi – meglio, i cadaveri – furono recuperati in tempi diversi, causa congelamento e neve. Erano “distribuiti” nella zona attorno, a gruppi o in solitaria. Alcuni avevano un colore arancione scuro (non da congelamento), a una mancava la lingua, a un altro un occhio, altri ancora erano nudi. Il livor mortis indicava che certi corpi erano stati spostati dopo la morte. Quelli che trovarono vicino a un albero, a parecchia distanza dalla tenda, erano posti su un letto di rami, tagliati dall’albero stesso fino a un’altezza di cinque metri. Sui corpi vennero rilevate radiazioni oltre la norma e, durante quella notte, da diversi punti, vennero osservati forti bagliori nel cielo (bagliori riscontrati anche nei resoconti sui diari dei ragazzi). E poi: costole spezzate, fratture craniche, il tutto senza ematomi esterni. Insomma, ti sei fatto un’idea.

Diamo un volto ai nove, mi sembra empaticamente utile.

Membri del gruppo di Dyatlov
I nove escursionisti morti al Passo Dyatlov (*Yudin: ritirato e rientrato in anticipo).

Prima di andare oltre, devo ricordarti una cosa. Come ti ho già detto quando ti ho parlato di Child 44: «Non ci sono crimini in Paradiso». Questo significa che, nell’Unione Sovietica dell’epoca, il crimine è stato sconfitto, così come il capitalismo, al quale è strettamente legato. È un dogma, punto. Quindi, se qualcosa di brutto avviene, non può che essere una disgrazia, una sciagura non derivante dalla volontà umana.

Preso da morbosa curiosità, ho iniziato a documentarmi e alla fine ho individuato questo libro: Non andateci! Il mistero del Passo Dyatlov, della giornalista Svetlana Oss. Non so perché non l’ho comprato subito, forse il titolo giacobbiano mi ha indotto a pensare (sbagliando) che si trattasse di uno di quei testi da edicola tipo UFO in forma, o cose simili. Non lo è. È un bel riassunto, un dettagliato riepilogo di ciò che si sa (e di ciò che si immagina) riguardo alla tragedia del Passo Dyatlov. La Oss propone una soluzione al mistero molto interessante – che io condivido e che non spoilero – razionale e verosimile.

Negli anni, a proposito di quanto sia potuto accadere al Passo Dyatlov, si è parlato di:
– condizioni climatiche estreme (venti, gelo);
– esperimenti militari (armi nucleari);
– UFO (nel senso più ampio di “oggetti non identificati”);
– KGB;
– yeti;
– tribù locali (Mansi);
– aggressione animale;
– pazzia o isteria di massa;
– presenza di una assassino nel gruppo.

La tenda degli escursionisti
Ritrovamento della tenda degli escursionisti.

Per qualche motivo, il cervello umano tende a scartare le soluzioni più credibili e prendere in considerazione le più bizzarre. Quando, poi, più elementi si mischiano in un’unica situazione, il frullato è assicurato.
Nel caso del Passo Dyatlov, c’era il veto di affermare che potesse esserci stato un crimine (nella Russia degli anni ’50, mai!), unito al coinvolgimento del KGB, incaricato di insabbiare tutto ciò che avrebbe potuto mettere a rischio la “sicurezza nazionale”. Insomma, c’erano tutti gli elementi per far sì che qualsiasi causa non fosse stata identificata come “morte per congelamento” divenisse un mistero. E, poiché quei nove ragazzi è molto improbabile siano morti per congelamento, il mistero si è ingigantito all’inverosimile.

Il libro della Oss propone una soluzione indagando a fondo nelle usanze delle tribù locali, facendoti scoprire gli effetti dell’amanita muscaria e tenendo sempre un occhio aperto sul contesto culturale e politico.
Certo, è solo una possibile soluzione, ma è così ben strutturata e convincente da essere davvero credibile. Secondo il mio parere, potrebbe essere la soluzione.

“I serial killer” di Vincenzo M. Mastronardi e Ruben De Luca

Il fascino del serial killer è qualcosa che subisco da sempre. E’ sufficiente uno di quei programmi in seconda serata sui delitti irrisolti per incatenarmi alla TV senza possibilità di fuga. Conscio di questa mia inclinazione (all’informazione si intende, non all’omicidio) ho deciso di cercare un libro completo ed esaustivo sull’argomento per togliermi tutti i dubbi e le curiosità e avere un quadro generale abbastanza completo. Incredibilmente, al primo colpo, posso dire di averlo trovato.

La ricerca non è stata semplice, tra eBay, Amazon e recensioni varie ho fatto passare tutta l’editoria riguardante questo argomento. Quello che mi ha portato ad acquistare I serial killer sono stati i commenti dei lettori, c’era chi diceva “libro completo ed esaustivo anche dal punto di vista psicologico” e chi scriveva “se avessi saputo che era un libro a carattere universitario non l’avrei acquistato”. Ho capito subito che era un volume non per tutti, e la cosa non ha fatto che convincermi: era quello che cercavo.

Effettivamente un libro per tutti non lo è. C’è moltissima psicologia e l’argomento è trattato in modo assolutamente didattico, con pagine e pagine sulle varie teorie e gli approcci di diverse correnti di pensiero. In poche parole è un libro davvero universitario, talvolta per dare una definizione impiega più pagine vagliando le varie teorie in merito, ma questo non deve spaventare poichè in cambio offre una completezza incredibile. Letto questo volume (sono circa 900 pagine) non ho più alcun dubbio, nessun interrogativo che non sia stato analizzato. Certo, se cerchi qualcosa di cinematografico, è meglio se ti riguardi Il silenzio degli innocenti per la 200° volta.

Gli argomenti trattati sono moltissimi e non limitati ai “classici” nomi quali Bundy, Manson, Chikatilo noti a tutti e in certo modo commerciali. Vengono analizzati anche molti casi sconosciuti al grande pubblico (anche se molto più prolifici, si parla di 500/1000 omicidi per alcuni assassini come il Dr. Shipman) meno risaltanti dal punto di vista scenico (ossia dell’atrocità) ma non da quello psicologico. Passando per tutte le perversioni e deviazioni possibili, tra cui necrofilia, cannibalismo, pedofilia, onnipotenza, satanismo, vengono analizzate le differenze tra i serial killer uomini e quelli donna, tra le diverse aree geografiche e i tentativi (inutili) di cura. Ci sono centinaia di schede dedicate a praticamente tutti i serial killer (pare che per scrivere il testo siano stati analizzati più di 2200 casi) inserite ad hoc all’interno del testo quali esempi degli argomenti trattati. C’è un capitolo bellissimo sui casi nostrani (Girolimoni, compagni di merende, bestie di Satana, Izzo, ecc.). La quantità di informazioni e di spiegazioni è impressionante, è impossibile anche solo farne un riassunto esaustivo.

Che dire, letto questo volume non sento il bisogno di approfondire l’argomento nell’ambito generico, poichè ha soddisfatto tutte le mie curiosità. Non solo. Mi ha fatto venire voglia di approfondire invece le singole tematiche o i singoli casi, stimolando la mia passione. Adesso il difficile sarà riuscire a trovare qualcosa all’altezza di questa lettura che mi ha portato a una vera conoscenza della psicologia del serial killer, sempre troppo esemplificata dal cinema e dalla nostra cultura di massa.