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“La conquista del K2” di Ardito Desio

Nel 2024 si è celebrato il 70° anniversario della spedizione italiana che per prima, nel 1954, conquistò la cima del K2. La conquista del K2 è il resoconto che Ardito Desio scrisse all’epoca, ristampato oggi nella collana Exploits di Corbaccio (una collana che ho scoperto da poco ma che presenta un’infinità di titoli interessanti e che quindi frequenterò molto).

La cosa che mi ha colpito, ancor prima di leggere il libro, è stata l’età di Desio all’epoca dei fatti. Classe 1897, Desio aveva 57 anni quando guidò la spedizione. Certo, rimase al campo base e le fatiche più rischiose gravarono sulle spalle di alpinisti più giovani (tra i quali un ventiquattrenne Walter Bonatti), tuttavia fa impressione pensare a quanta energia dovesse avere in corpo un quasi sessantenne in un periodo storico nel quale a sessantanni eri ormai “anziano” (nel dubbio è sufficiente dare un’occhiata alle foto di famiglia e osservare con cura i suoi coetanei di allora). Desio, evidentemente, era fatto di un’altra pasta.

La lettura è molto scorrevole e coinvolgente, non sente per nulla il peso del tempo. È presente anche un interessante inserto fotografico, molto utile per dare un volto ai protagonisti e una fisicità ai luoghi (un paio di foto originali, tuttavia, sono talmente poco definite da risultare inutili, ma questo è più divertente che fastidioso). La ricostruzione di Desio è avvincente – ad esclusione delle ultime pagine dedicate agli scopi scientifici della spedizione – tutta la parte alpinistica scorre che è un piacere. Onestamente non me lo aspettavo, sembra un libro scritto ieri e non settant’anni fa.

Mi fa poi sempre molto riflettere pensare che queste prime ascensioni sugli ottomila venivano tentate con un equipaggiamento tecnico “primitivo”, rispetto agli standard ai quali siamo abituati oggi. Probabilmente un normale escursionista odierno che compie un trekking di medio livello sarebbe molto meglio equipaggiato.

Questa è anche la spedizione della polemica di Bonatti sulla ricostruzione di Desio. Non mi prolungherò sull’argomento (trovi davvero tanto online) ma, principalmente, riguarda un contenzioso sull’utilizzo delle bombole di ossigeno. Il tempo (il tanto tempo, quasi cinquant’anni) ha dato ragione a Bonatti che riteneva ci fosserò alcune, chiamiamole, imprecisioni nel resoconto di Desio e nelle modalità di conquista della vetta da parte di Lino Lacedelli e Achille Compagnoni. Per come sono andate le cose, forse Bonatti si sarebbe meritato più di tutti di arrivare per primo in cima al K2.

Come ti dicevo, ho in mente di recuperare altri titoli della collana Exploits, quindi ci risentiremo presto.

Libri sul genere storie vere/sopravvivenza estrema che ti consiglio perché mi sono piaciuti molto (ecco perché non c’è Walden di Thoreau nell’elenco):
12 anni schiavo di Solomon Northup (1853)
La verità sul Titanic di Archibald Gracie (1913)
Papillon di Henri Charrière (1969)
Tabù di Piers Paul Read (1974)
Verso il Polo con Armaduk di Ambrogio Fogar (1983)
127 ore di Aron Ralston (2004)
Wild di Cheryl Strayed (2012)
Fuga dal Campo 14 di Blaine Harden (2012)

Nella serie Exploits di Corbaccio:
La conquista del K2 di Ardito Desio (1954)
Nelle terre estreme di Jon Krakauer (1996)
Aria sottile di Jon Krakauer (1997)
Z – La città perduta di David Grann (2005)

“Z – La città perduta” di David Grann

C’è stato un tempo in cui l’avventura era Avventura e l’esplorazione era Esplorazione. Un tempo senza satelliti, GPS, elettronica o tecnologia avanzata. Un tempo nel quale chi partiva non sapeva se si sarebbe trovato ad affrontare una montagna, un lago o una pianura. Questo è stato il tempo di Percy Harrison Fawcett, uno degli ultimi veri esploratori della nostra storia, scomparso nel 1925 in Amazzonia e mai più ritrovato (nonostante i tentativi perpetuati fino a, praticamente, i giorni nostri). L’ultimo Indiana Jones, verrebbe da dire, inviato per conto di Sua Maestà e della Royal Geographical Society a ritracciare parte dei confini del Sud America, in una terra misteriosa e terribilmente ostile. Ossessionato dall’idea di trovare la città di El Dorado, Fawcett è tornato in Amazzonia più volte, fino all’ultima, fatale, insieme al figlio ventiduenne Jack, quando sono stati inghiottiti dalla giungla e nessuno ha più saputo nulla di loro (teorie disparate a parte).

Ho scoperto  Z – La città perduta dopo aver visto il film Civiltà perduta di James Gray, ispirato proprio al libro del giornalista David Grann. Grann, peraltro, al momento è particolarmente famoso poiché l’ultimo film di Scorsese, The killers of the flower moon, è tratto da un altra sua opera d’inchiesta. Il giornalista ha ripercorso il tragitto di Fawcett in Amazzonia e, nel frattempo, ha sapientemente ricostruito la vita dell’esploratore recuperando diari e scritti sparsi per il mondo, tra i parenti di Fawcett e le biblioteche. Il libro alterna le due avventure in modo avvincente, senza mai annoiare. Uno dei figli di Fawcett, anni dopo la scomparsa del padre, ha anche pubblicato una sorta di diario dell’esploratore, intitolato Exploration Fawcett, che cercherò di trovare.

Come ti dico sempre, c’è qualcosa che mi affascina e mi calamita in queste storie di sopravvivenza e morte, non so come mai. È interessante perché ho scoperto che Corbaccio ha tutta una collana (Exploits) dedicata a questo genere e peraltro un paio di titoli di Karkauer, Nelle terre estreme e Aria sottile, li ho già letti. Voglio recuperare anche Endurance di Lansing, quindi presto ne riparleremo. In realtà li recupereri tutti, ma si parla di oltre 170 titoli.

Fawcett era una sorta di precursore destinato a fallire, probabilmente non sarebbe riuscito a trovare l’El Dorado nemmeno passandoci sopra, poiché in Amazzonia tutto è estremamente deperibile e i resti di una civiltà di secoli prima sono/sarebbero andati distrutti. Eppure, stando alle ricerche di Grann (e non solo), Fawcett non aveva sbagliato le sue teorie. Nel mezzo del verde, qualcosa di grosso pare esserci stato, prima che gli Indios venissero sterminati dal “civilizzato” uomo europeo e dalle sue malattie.

C’è qualcosa in Percy Fawcett che lo rende unico. Qualcosa che rende la sua vita degna di essere vissuta, più di quella di molti altri che calpestano, o hanno calpestato, inutilmente, questo nostro pianeta. Sarà l’ossessione, sarà il sogno, sarà l’eterna ricerca. La sua fine è avvolta nel mistero, ma la sua esistenza ha di certo avuto un significato.

 

Libri sul genere storie vere/sopravvivenza estrema che ti consiglio perché mi sono piaciuti molto (ecco perché non c’è Walden di Thoreau nell’elenco):

12 anni schiavo di Solomon Northup (1853)
La verità sul Titanic di Archibald Gracie (1913)
Papillon di Henri Charrière (1969)
Tabù di Piers Paul Read (1974)
Verso il Polo con Armaduk di Ambrogio Fogar (1983)
Nelle terre estreme di Jon Krakauer (1996)
Aria sottile di Jon Krakauer (1997)
127 ore di Aron Ralston (2004)
Z – La città perduta di David Grann (2005)
Wild di Cheryl Strayed (2012)
Fuga dal Campo 14 di Blaine Harden (2012)