“Alien Romulus” di Fede Álvarez

Questo sarà un post cattivo, incazzato e stanco (cit. Highway Gunny), te lo dico subito, così lo sai. Ieri sera sono andato a vedere Alien Romulus di Fede Álvarez con grandi aspettative, considerate le recensioni positive, e sono rimasto profondamente deluso. Peraltro, cena (nel poco-più-che-fast-food vicino al cinema) e film totale 40 euro, una cifra esorbitante. Dimmi tu se devo pagare un film 10 euro e una birra 7, siamo alla follia…

Partiamo dalle cose positive (non so perché parlo al plurale che ce n’è una sola), cioè la trama. Diciamolo, tutta la saga di Alien non si è mai distinta per l’intreccio, non ha mai puntato su questo e non è quasi mai stato un problema, perché i film erano, in genere, sostenuti da altri fattori. Romulus in questo non fa differenza. C’è una storia accettabile e dignitosa che non ha nulla di più e nulla di meno di quelle dei suoi predecessori.

Sunto breve breve eh, che se lo vuoi intero su Wiki c’è tutto.
La protagonista è Rain, una ragazza orfana e contrattualmente schiavizzata da una compagnia mineraria – su un pianeta lontano-lontano – che vive con un androide nero e ritardato (e con questo posso salutare definitivamente il politically correct) che rappresenta la sua unica famiglia. I co-protagonisti sono gli amici altrettanto schiavizzati di Rain, che scoprono una nave enorme e abbandonata della Weyland Corp in orbita attorno al pianeta che sta per essere distrutta da un anello di detriti (come possano scoprirlo solo loro e nessun altro dei “poteri forti” rimane un mistero). Sulla nave sono presenti delle capsule di stasi criogeniche, indispensabili al gruppo per affrontare la fuga, lunga anni luce, sotto forma di bastoncini Findus congelati. La chiave per la riuscita del furto e della fuga è proprio Andy, l’androide ritardato, perché può accedere ai sistemi della Weyland. Partono all’avventura e, ovviamente, la nave è piena di facehugger (i famosi ingravidatori orali). Mi fermo.

Questo film doveva strizzare l’occhio alle nuove generazioni, e probabilmente lo fa, ma sceglie quelle brutte, quelle dei trapper, dei maranza e simili, non certo le nuove promesse per il futuro. Ne avevo giusto dietro una decina in sala (di simil-maranza), che hanno fatto un casino bestia, totalmente disinteressati ai pochi momenti di costruzione della trama e parzialmente attenti solo alle scene di azione.
Io ricordo quei film “spaziali” del passato dove l’equipaggio era composto da membri che avevano competenze specifiche definite, come razionalmente dovrebbe essere. Il medico, il militare, il pilota, il tecnico riparatore e via dicendo. Qui no, qui è il tripudio di quelli che non sanno fare un cazzo ma riescono a fare tutto. La festa dei non-studiati. Un po’ come quelli che oggi, sui social, ti spiegano la politica internazionale e la scienza senza aver capito come funziona l’italiano. Ecco, l’equipaggio è questo, a partire da quello che sa usare un’arma multifunzionale perché gioca con i videogiochi. Finiamola: io ho preso tutte le patenti oro di Gran Turismo ma prova a mettermi su una Ferrari che ti faccio vedere come muoio alla prima curva.
Ecco come Alien Romulus strizza l’occhio alle generazioni sbagliate del futuro, ignorando quelle giuste e relegandole ai margini.

I membri dell’equipaggio non sono più divisi per competenza ma per distinzione sociale in stile Netflix. Un sistema che si accartoccia su sé stesso. C’è l’androide nero e ritardato che viene tutelato per tutto il tempo, nonostante sia insito nel suo programma originario di servire la compagnia Weyland, che vorrebbe ibridare gli alieni con l’uomo. Eppure l’unico che vorrebbe vedere il sintetico morto (perché un sintetico gli ha ucciso la madre, mica così, gratis) viene chiaramente malvisto, quasi fosse un nemico della minoranza di turno. Eh, ma non si può certo volere morto un nero ritardato passandola liscia, no? Che poi io mi chiedo, un robot che sarà sempre al servizio di qualcuno – sia essa la compagnia o la stessa Rain – nero? Ma davvero? Forse è perché l’anno costruito i cattivi, che non sono abbastanza furbi da pensare ai problemi relativi alle disuguaglianze. D’altra parte sono troppo impegnati a conquistare l’Universo.

In ogni caso, il film sarebbe finito subito se non fosse che, fortunatamente, gli xenomorfi devono aver firmato qualche contratto con una casa di dentifrici che li costringe a digrignare i denti per dieci minuti prima di ogni attacco, dando così il tempo ai protagonisti di difendersi ogni volta. Che poi, io ricordo quanto ci volesse, nei primi Alien, a far fuori uno di questi cosi dall’alito fetente: tipo mezzo film. Qui no, qui con un fucile in due minuti uccidi dieci mostri. Sarà che bisogna essere bravi con i videogiochi e Sigourney Weaver evidentemente non lo era. O sarà che oggi si ha fretta di vedere le cose accadere, il sangue schizzare, mica si può star lì a costruire la tensione, sai che noia.

Insomma, citazionismo a parte (sempre apprezzato in mood nostalgia amarcord) questo Alien Romulus si piazza appena sopra ai due contro i Predator, che facevano, come noto, proprio schifo.

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