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“La storia infinita” di Michael Ende

Volendo arrivare un minimo preparato a parlarti de La storia infinita (1979) di Michael Ende, ieri sera ho agonizzato per tre ore di fronte al motivo per il quale l’ho letto: il film omonimo di Wolfgang Petersen del 1984. L’ho iniziato alle 23 e l’ho terminato alle 2 di notte (più correttamente mi ha terminato lui, alla T-800). Dura 90 minuti, lo so, ma ho dovuto tornare indietro qualche decina di volte a causa degli attacchi narcolettici (che sono in realtà indipendenti dal film e caratteristici dello spettatore, ultimamente). Ad ogni modo, i miei ricordi erano viziati dall’entusiasmo giovanile e il film è a dir poco terrificante, non mi stupisce che Ende abbia fatto causa (perdendo) per scomparire dai titoli di testa. Bello eh Falkor (che poi nel romanzo si chiama Fucur, vai a capire), ma se togli il Golden Retriever volante non è che del film rimanga molto, probabilmente solo Barret Oliver (volto anche di D.A.R.Y.L. altra pellicola della mia infanzia). Insomma, per definirlo con le parole dello stesso Ende: «Un gigantesco melodramma di kitsch, commercializzazione, pupazzi e plastica».

La trama è nota, proprio grazie alla trasposizione (che però tratta solo la prima metà del romanzo).
Bastiano Baldassarre Bucci, scappando da dei bulli, entra in una libreria, ruba un libro e si rifugia a leggerlo nel sottotetto della sua scuola. Scopre così le avventure di Atreiu, giovane cacciatore del regno di Fantàsia, incaricato dall’Infanta Imperatrice di condurre una missione per salvare lei e lo stesso regno. Il male infatti incombe, sotto forma di un misterioso Nulla che pian piano sta inghiottendo tutta Fantàsia. Atreiu, accompagnato dal drago della fortuna Fucur, si spingerà oltre i confini conosciuti, reso forte dal medaglione Auryn.
Qui in realtà finisce il film di Petersen e entra in scena Bastiano. Non ti dico come, per non spoilerare, ti basti sapere che siamo solo a metà della storia.
Bastiano prende il posto di Atreiu e diventa a tutti gli effetti il protagonista del libro, a sua volta prima incaricato di salvare l’imperatrice e poi di effettuare una ricerca, sia fuori che dentro sé stesso, per poter tornare nel mondo reale (che poi sarebbe il nostro). Questa parte è occupata prevalentemente da un continuo susseguirsi di singole avventure.

Che dire, La storia infinita è una macchina perfetta, della quale è impossibile non riconoscere la grandezza, che però non mi ha entusiasmato troppo. La costruzione dei significati, le metafore e la fantastica trovata del metaromanzo sono qualcosa di insuperabile e questo è più che sufficiente per giustificarne la lettura, tuttavia, soprattutto nella seconda metà, il romanzo è leggermente prolisso e fatica a “trainare”.

La parte che ho preferito di gran lunga è quella centrale. Ti trovi a leggere La storia infinita dove Bastiano sta leggendo La storia infinita nella quale c’è un Vecchio che sta scrivendo La storia infinita. È una cosa geniale. Il protagonista legge la storia mentre viene creata (legge quindi di sé stesso che sta leggendo), perdendo così il concetto di passato, presente e futuro.
I temi trattati sono poi moltissimi e, come dicevo, ogni situazione si presta a una doppia interpretazione. Onnipresente è la questione dell’importanza della fantasia, si può dire che il romanzo ne sia un vero e proprio elogio. Parallelamente, le funzioni della memoria/ricordo e della denominazione vengono ritenute fondamentali per l’esistenza (non solo del regno).

Forse il punto più “debole” de La storia infinita è proprio quello relativo alla lettura superficiale. Se si tolgono sottotesto e metafore, la vicenda rischia di risultare noiosa in alcuni tratti, perlomeno agli occhi di un adulto. Ma forse è questa la grandezza di Ende: l’aver creato una storia che si adatta all’età lettore e che svela i suoi vari strati in base alle competenze acquisite da lui negli anni.

Credo che leggerò anche Momo.
E ora beccati il parrucco di Limahl.

“Donne” di Charles Bukowski

Donne era uno degli ultimi due romanzi che mi mancavano di Charles Bukowski (insieme a Hollywood, Hollywood!). L’altro giorno ero al mercatino dell’usato e me lo sono trovato davanti, alla modica cifra di 3 euro (difficilmente lo si riesce a recuperare a meno di 25 euro). Io del “vecchio sporcaccione” ho letto parecchio (purtroppo prima di aprire questo blog), e ti confermo che continuo a preferire i romanzi ai racconti, come ti avevo già detto quando ti ho parlato di Compagno di sbronze.
[Per dovere di cronaca: le poesie invece non le ho mai lette.]

In Donne lo scrittore sfoggia tutto il suo repertorio, con particolare attenzione al sesso (come se fosse necessario…). Il protagonista è Henry Chinaski, usuale alter ego di Bukowski, che tra una sbronza e l’altra scopa, scopa, scopa. Questo non è sicuramente uno dei romanzi più articolati di Charles, tanto che sarebbe quasi possibile iniziare a leggerlo da una pagina a caso senza sapere cosa sia successo prima. Chinaski descrive la sua vita, trascorsa a correre il lungo e in largo per gli Stati Uniti a fare letture pubbliche organizzate dal suo editore. Viene letteralmente sommerso da donne facili che gli telefonano, scrivono lettere o si presentano alla porta di casa, pronte a concedersi e umiliarsi per poter testare il viril membro dell’artista/poeta. Quanta sia la verità non è dato sapersi, resta inteso che si parla quasi sempre di relitti umani: drogate, alcolizzate, pazze psicotiche, ecc.

Poi lui ogni tanto tira fuori delle perle, eh. Quelle cose che quando le leggi dici: «Cazzo, è proprio così!». E le descrive con una semplicità disarmante. Mi viene in mente un passaggio in cui si lamenta dell’alto volume dello stereo dei vicini, e scrive una cosa tipo (non cito letteralmente): «Chi ascolta lo stereo tiene il volume alto e le finestre aperte, convinto che se quella musica piaccia a lui debba per forza essere interessante anche per tutti gli altri».

Forse non è il romanzo migliore dal quale iniziare, se non hai mai letto Bukowski. Ti consiglierei sicuramente Panino al prosciutto o Pulp, poiché riescono a integrare lo stile indiscusso dello scrittore con una trama più articolata, coinvolgendoti maggiormente. Devo però dire in difesa di questo libro che, nonostante le 300 pagine e la scarsità di argomenti, scorre via comunque veloce. Il linguaggio, spesso volgare ma sempre semplice, ti consente di rilassarti, di conservare un po’ di curiosità su come Chinaski affronterà il prossimo pompino.
Oltre che ubriaco, si intende.