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“Teddy” di Jason Rekulak

Non credo avrei mai acquistato Teddy di mia spontanea volontà, è andata che me lo sono trovato in un lotto di libri usati che ho ritirato per lavoro e, allora, l’ho letto. Il romanzo di Rekulak ha avuto un vero periodo d’oro, presente in tutte le librerie, superbloggato e instagrammato, c’è stato un momento in cui era ovunque… La verità è che gode di una copertina molto intrigante, anche grazie all’effetto rilievo dei disegni infantili rappresentati.

Teddy racconta – in prima persona, così come va molto oggi – la storia di una babysitter ex tossicodipendente che si trova a prendersi cura di un bambino che disegna, con capacità ben al di sopra dei suoi cinque anni, situazioni inquietanti con soggetti ancora più inquietanti. Teddy, il bambino, pare essere un tramite tra il mondo dei vivi e quello dei morti ed è chiaro che dietro alle sue opere si nasconda qualcosa, a quanto sembra, un delitto.

Ho letto Teddy in quattro giorni, è un libro molto semplice e le sue 400 pagine volano in un attimo, anche grazie ai molti disegni che completano la storia. La trama, come avrai già potuto capire, è più che banale. Sembra di leggere la sceneggiatura di uno dei centinaia di film horror – tutti uguali – che intasano le pay tv. Non a caso da Teddy verrà tratta una serie che sarà trasmessa su Netflix.
È la prima volta che leggo un romanzo di questo tipo – come sai sono abituato a Stephen King che tratta storie molto più complesse – eppure Teddy non mi ha deluso. Forse proprio perché è il primo romanzo in stile cine-horror che leggo, ha rappresentato in qualche modo una novità. Se fosse stato davvero un film, probabilmente avrei spento la tv dopo dieci minuti per l’eccessiva prevedibilità delle situazioni. Invece no. È stato un pò come ascoltare per la prima volta un audiolibro, vedere un film in 3D… un’esperienza nuova, se non nei contenuti, nella forma. Magari da non ripetere, ma certamente da provare.

Credo comunque che libri di questo tipo siano un buon modo per avvicinare alla lettura anche chi non è abituato a leggere. Il famoso grande pubblico.
Ottimo marketing, in ogni caso.

“Birrologia – Comprendere la birra in 100 disegni e schemi” di Pierre / Pham / Denturck

Prosegue la mia istruzione birraria che, per forza di cose, non può limitarsi al solo uso e consumo, anche se sarebbe comunque piacevole. Dopo il corso di degustazione e dopo Birra – Manuale per aspiranti intenditori (del quale ti ho già parlato) mi sono dedicato a questo Birrologia – Comprendere la birra in 100 disegni e schemi scritto e illustrato dalle tre autrici Élisabeth Pierre, Anne-Laure Pham e Mélody Denturck (disegni).

È una guida/manuale molto interessante, che si presta ad essere aperto a una pagina a caso, senza per forza vincolarsi a una fruizione canonica. Potrei tranquillamente definirlo un bigino, nel senso che gli schemi dei quali si parla nel sottotitolo fungono proprio da riassunto per le conoscenze accumulate nel tempo. I 51 capitoli hanno titoli di falsi luoghi comuni a proposito della birra e da questi si parte per spiegare la realtà dei fatti.

I disegni sono divertenti e semplici, aiutano a memorizzare i concetti. Io comunque non memorizzo molto, ma questo è un problema mio… Te lo consiglio se hai già un pochino di cultura a riguardo, altrimenti ti suggerirei di passare prima dal Manuale che ho linkato più sopra che “te la racconta” in modo più discorsivo. Sicuramente un libro che riprenderò in mano anche solo per ri-chiarirmi le idee su quelle cose che faticano a entrarmi nel cervello.

 

Una nota extra-lettura parlando di luoghi comuni: le autrici sono “di parte” (e fanno bene perché la birra è buona), ma ricordati che l’alcool fa male. Questo non lo dico come fosse un disclaimer a fine post, lo dico perché lo dice la scienza. Gli esseri umani, gli italiani in particolare, tendono a voler giustificare le proprie scelte con delle cazzate. Un po’ come quella del bicchiere di vino al giorno che fa bene. Una cazzata, appunto. Una sigaretta al mese difficilmente ti ucciderà, ma le probabilità di morire sono comunque minori se non la fumi. L’alcool è cancerogeno, sempre, senza scappatoie. Io lo bevo, non sempre moderatamente, ma ne accetto i rischi. Le ipocricisie e le incoerenze lasciamole ai deboli e agli idioti e assumiamoci le responsabilità delle nostre scelte, è una cosa che ci rende persone migliori (e più intelligenti). L’alcool fa anche ingrassare, se non ti ammazzi di allenamento come faccio io. Il grasso, sebbene in tv vada molto di moda l’accettazione dell’obesità, non è migliore di una sigaretta (che in tv, invece, non si vede quasi più). Le persone obese soffrono molto di più di problemi cardiovascolari (che sono la principale causa di morte insieme ai tumori). In questa continua sagra del perbenismo che pubblicizza la diseducativa accettazione del corpo in ogni sua volontaria deformazione, ricordiamoci anche questo.