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“Le leggi della frontiera” di Javier Cercas

Circa un anno fa ho visto sul temibile (qualitativamente parlando) Netflix il film di Daniel Monzón, Le leggi della frontiera, appunto. Ricordo di essere rimasto sorpreso, come mi accade sempre quando trovo qualcosa di decente su una piattaforma che, ormai, non distribuisce più nulla che non sia serializzato e di scarso spessore (ok, la smetto). Comunque, ho lasciato decantare la cosa finché la trama del film si è annebbiata nella mia memoria, abbastanza da poter leggere con curiosità il romanzo omonimo di Javier Cercas dal quale il film è stato tratto.

Prima parte.
Fine anni 70, fine franchismo, Gerona. In una città divisa in due tra chi ha e chi non ha, si muovono le prime bande giovanili, composte da criminali (reietti, immigrati, emarginati) provenienti dalle baraccopoli al di là del fiume Ter. Ignacio Canas, bravo ragazzo dalla parte “giusta” del confine, rimane affascinato da quello che pare, a tutti gli effetti, essere un capo banda, Zarco, poco più grande di lui e, soprattutto, da Tera, bella ragazza facente parte del giro di Zarco. Per Ignacio comincia un’indimenticabile estate di rapine, fughe, amori e avventure.
Seconda parte.
Vent’anni dopo, Ignacio è diventato un avvocato di successo, uno di quelli che non perde mai. Zarco è in carcere e ha sulle spalle il peso del mito mediatico del primo capobanda del dopofranchismo. Tere è, come sempre, inaffidabile. Ignacio è costretto a rivivere quell’estate di anarchia e scoprire se valga o meno la pena di mettere la sua carriera in gioco per salvare (e scarcerare) quel poco che rimane di Zarco. Soprattutto, scoprire se valga la pena mettere la sua vita in gioco in nome dell’amore (vero/idealizzato) per Tere. Mi fermo.

Il romanzo è raccontato sotto forma di narrazione diretta dello stesso Ignacio (al 90%, con brevi capitoli raccontati da altri personaggi secondari) per un ghost writer che deve scrivere un libro sulla vita del “mito” Zarco. La storia è fortemente divisa in due parti, tanto che il film di Monzón ne racconta solo la prima (che, effettivamente, starebbe in piedi anche da sola). Quindi si può parlare di un romanzo di formazione unito a un dramma carcerario/giudiziario. Se mi conosci, sai già quale parte ho preferito…
L’estate di Ignacio è coinvolgente e narrativamente potente, con tanto di riscatto sociale e fuga da un’esistenza apparentemente dorata ma che nasconde problemi di bullismo (subito) e incomprensioni familiari. Il dramma carcerario, invece, mi è parso un pochino prolisso e ripetitivo, tanto che un taglio del 30/40%, a mio parere, non avrebbe guastato. Sintesi: ho letto in tre giorni le prime 200 pagine e in dieci le restanti 200.

Nonostante questo, Le leggi della frontiera è un romanzo che ti consiglio, senza ombra di dubbio. Il racconto della giovinezza di Ignacio, Tere e Zarco è così forte e comunicativo da mettere in ombra la “normale” vita adulta degli anni successivi. Ma forse è proprio questo che Cercas voleva mettere sul tavolo (anche nei ritmi narrativi): il contrasto tra l’idealizzazione, la giovinezza, e la vita reale che attende dietro l’angolo. Lo scontro tra un futuro incerto e ancora aperto e un’inevitabile esistenza canonica, quasi già scritta.
Mi pare che ci sia riuscito molto bene.