Archivi tag: aids

“Bohemian Rhapsody” di Bryan Singer

The Fairy Feller’s Master Stroke (Il colpo maestro del magico taglialegna).
Ogre battle (La battaglia degli orchi).
’39.
Flick of the Wrist (Colpo di polso).
Was It All Worth It (Ne è valsa la pena).

Ok, mi fermo: era un test.
Questo per dire che se dei Queen conosci solo Somebody to love, We are the champions e, appunto, Bohemian Rapsody, forse è il caso che vai a leggere di questo film da qualche altra parte. Magari poi compri anche un bel cofanetto best of o soundtrack alla moda da sbattere sotto l’albero di Natale, insieme alla tua serie TV preferita. E, mi raccomando, non dimenticarti di fare un bell’applauso a fine proiezione. Si sa mai che Bryan Singer abbia deciso di presenziare in sala nel tuo paesino di provincia nel buco del culo del mondo.

Dopo questo preambolo dirai: «Il film non ti è piaciuto». Non è del tutto esatto. Ci sono tante cose in questo film che non funzionano e altre (poche) che funzionano. Il problema è che le cose che non funzionano so benissimo quali sono, quelle che funzionano non sono certo funzionino grazie al film. Tradotto: c’è qualcosa che potrebbe non funzionare trattandosi di Freddie Mercury? Ri-tradotto: la sua forza artistica non sarebbe così forte da far brillare di luce riflessa anche la carogna di un topo morto da 36 mesi?

Mentre scrivo Bohemian Rhapsody ha raggiunto (momentaneamente) la cifra astronomica di 540 milioni di dollari di incasso. Un record per un film di (questo) genere che, peraltro, è costato solo un decimo dell’importo. Quindi è piaciuto, nonostante Synger non sia proprio un regista sentimentale/drammatico, e che il suo pane siano principalmente i supereroi.
Ma a me ancora non convince.

Partiamo con il dire che quello che viene descritto ovunque come un film sulla storia dei Queen in realtà non lo è. Quelle poche cronologie presenti sulla band vera e propria sono sbagliate e fuorvianti.
[Una sola su tutte: i Queen non si sono mai divisi, anche se la reunion sentimentale fa tanto Rocky che si rialza dal tappeto. Certo, ottima strategia commerciale/narrativa (di quelle che fanno applaudere a luci spente). Soprattutto se ci si rialza al Live Aid nonostante l’Aids (accidenti però, l’Aids arriva nella vita di Freddie DOPO il Live Aid)].
Il film dicevo, è forse un film sulla vita (gay) di Freddie Mercury. Qui storcerai il naso, lo so. Ma allora dimmi: cosa ti viene detto riguardo alle vicende personali di Brian May, Roger Taylor e (tanto per cambiare in ultimo posto) John Deacon? Nulla. E allora c’è qualcosa che non torna, no?

Riflettendoci ora, in tempo reale, ho come l’impressione di trovare solo parecchia superficialità in questa storia. Una superficialità che sfonda lo schermo con la ridicola ed eccessiva protesi dentaria di – Mr. Roboto – Rami Malek. (Pensa un po’ se a Jack Nicholson in Shining avessero messo un naso rosso da pagliaccio: uguale impatto.) Son riusciti a fargli indossare sei metri di denti ma non quei dieci chili in più che lo avrebbero reso più credibile, roba che uno come Christian Bale li mette e li toglie dalla mattina alla sera. Insomma, il dubbio/rimpianto di come ci sarebbe stato Sacha Baron Cohen, nei panni di Freddie, l’avrò per sempre.

Vediamo gli altri membri.
John Deacon… c’era? Qualcuno ha visto John Deacon?
Brian May e Roger Taylor perfetti. May anche nelle movenze, il migliore dei quattro.
Posso dire che qualche dubbio mi viene? Posso dire che il film è stato supervisionato da May e Taylor che da anni si cibano di carcasse? Posso dire che Deacon è sempre stato il mio preferito nell’affrontare il periodo post-Freddie? No? Ok, non lo dico.

Ora parliamo di un’altra cosa, molto attuale. Non posso non parlarne perché sarebbe impossibile, visto il tenore del film. Cercherò di farti capire quello che penso e spero che tu lo capisca.
Le persone sono PRIMA persone (artisti, cantanti, scrittori e “insieme di interessi”) e solo POI “interessi sessuali”. A me che Freddie fosse gay o meno non me ne è mai importato, perché come prima cosa era un’artista. Tanti omofobi, a mio parere, odiano i gay perché ci sono ALCUNI gay che nella vita sono per PRIMA cosa gay. Roba che se gli sbatte la finestra con la contraria succede perché il vento ce l’ha con loro perché sono gay. Ma non è diverso da altri uomini che sono PRIMA tifosi di una squadra che persone, o donne che sono PRIMA abiti firmati che persone. Insomma, ci sono alcune scelte nella vita, e non mi riferisco alle preferenze sessuali, che ti rendono PRIMA scemo, e POI persona. Se nella vita hai deciso di essere PRIMA gay e POI tutto il resto, il problema non è ovviamente che tu sia gay, ma che tu sia scemo.

Ecco, da questo film esce una immagine di Mercury che, oltre che egocentrico e abbastanza stronzo, sarebbe anche PRIMA gay di qualsiasi altra cosa. Io, però, non ci credo. Non credo che un talento come questo sarebbe potuto uscire da una persona impegnata ad essere gay PRIMA di essere una persona. Lo trovo abbastanza improbabile. Credo che il problema sia nella mente degli altri, in cosa abbiano bisogno di vedere. Voglio dire, nessuno farebbe un film su Mick Jagger puntando il focus della trama sulla sua voglia di far volare le mutandine, perché sarebbero nella gran parte mutandine da donna: tutto normale per una rock star. Invece su Freddie, in quanto gay, il focus è puntato tutto lì. Ma a me cosa me ne frega? Un po’ più di Persona, e meno preferenze sessuali, no?

Certo, è una mia opinione.
Ma nel film ci sarebbe stato più spazio per vedere un’ascesa che, francamente, non si capisce. Non si capisce la reale dimensione dei Queen, se non in 15 (inutili) minuti di Live Aid (che, per dirla tutta, se proprio voglio emozionarmi mi guardo quello vero). Non si capisce il processo artistico.
Da qui ne segue una scarsa empatia, uno scarso coinvolgimento, per chi i Queen li ha vissuti davvero, anche se in differita.

Ed è così che mi rispondo da solo.
Quando guardo saltellare Rami Malek, di spalle, prima di entrare in scena sul palco, quello che mi si muove dentro è qualcosa di mio, e non è figlio di questo film. In questa imitazione, non proprio ben riuscita, si accende un poco quella luce riflessa, che fa emozionare per il film solo chi non ha ben in mente quale sia il confronto.
La mia, invece, è solo nostalgia o, meglio, rimpianto di non aver potuto essere lì.

It’s only a life to be twisted and broken.

“Re del porno” di John Holmes

L’autobiografia del più grande attore hard.

La leggenda narra che, quando nel 1944 venne al mondo John Curtis Holmes (nato Estes), l’ostetrica disse alla madre: «Signora, suo figlio ha due piedi e tre gambe». E fu solo la prima donna, di una lunga serie, che Mr. 32 cm impressionò con le sue particolari doti (lui sostiene di aver avuto più di 20.000 partner).

Ho comprato questo libro per leggere qualcosa di leggero, scorrevole, senza troppo impegno. E invece no, è stata una lettura davvero molto interessante, su più livelli. In 44 anni di vita, Holmes, ha attraversato la storia del cinema hard, dagli inizi fino a poco prima dell’avvento di internet, è stato implicato in uno dei più grossi casi di cronaca nera del tempo, la strage di Wonderland, ed uno dei primi attori porno a contrarre il virus dell’HIV e a morire per l’Aids.

Poteva essere una vita facile quella di Holmes, ma non lo è stata, in gran parte per colpa sua. Tuttavia è sicuramente stata un’esistenza piena, vissuta in ogni singolo minuto. Holmes è passato, concedimi la facile ironia, dalle tope alle topaie, attraverso le sue molteplici dipendenze, quella dal sesso, la sua fortuna, e quella dalle droghe, la sua rovina. Ma andiamo a vedere tutto per punti, che si fa prima.

Storia del porno.
Holmes inzia a lavorare nel mondo della pornografia per caso, accettando un misero compenso per girare un filmino hard. Le sue peculiarità sono però troppo evidenti per passare inosservate e gli aprono le porte (e le gambe) per il futuro. Holmes ha anche un controllo totale del suo corpo, riesce ad avere erezioni a comando e a decidere quando “finire” il lavoro. È il pornoattore perfetto. I primi filmini a cui partecipa sono illegali, girati in case dalle finestre oscurate per non farsi scoprire dalla polizia. Il porno era infatti pesantemente punito dalla legge, all’epoca. Holmes vive tutte questa fasi storiche, dallo smercio clandestino dei video nei vicoli (dai bagagliai delle auto), fino allo sdoganamento avvenuto con film come Gola profonda e all’avvento delle grosse produzioni, legate anche al mondo dello star-system, alle VHS e ai sex toys.
Non si è mai capito come Holmes abbia contratto l’Aids. La moglie (che ha pubblicato il libro postumo) sostiene persino possa essere stato in qualche modo infettato durante un viaggio a Washington, su ordine di Reagan per dare un duro colpo al cinema porno (siamo in pieno puritanesimo). Del tipo: si è ammalato perché fa le cose brutte.

La dipendenza dalla droga.
Nel libro Holmes affronta senza filtri il problema della dipendenza. La droga è ovunque sui set e sembra impossibile resistere. La sua “fortuna” è quella di avere paura degli aghi, per questo motivo non diventerà mai eroinomane, ma “solo” cocainomane. Arriva a spendere fino a 1500 dollari al giorno in droga. Nella tossicodipendenza diventa come qualsiasi nullità dipendente dalle droghe. Vende tutti i suoi averi (che sono tanti, si parla di di palazzi, negozi, ecc.) e si riduce a frequentare sbandati e a rubare spaccando i finestrini delle auto. La droga è la causa di tutti i suoi mali ed è una cosa incredibile.. Sì, perché con un cazzo da 32 centimetri avrebbe potuto vivere nell’oro fino a 90 anni.

Wonderland.
Non posso star qui a riassumere tutta la vicenda, se no facciamo notte. Ma Holmes racconta la sua versione dei fatti sulla strage di Wonderland, per cui non è ancora stato trovato il vero colpevole. Quattro persone furono trucidate per un regolamento di conti nel mondo dello spaccio di droga. Holmes viveva con queste persone e conosceva bene il presunto mandante, il boss Eddie Nash. Fu Holmes, per sua ammissione, a permettere il colpo a casa del boss lasciando appositamente una finestra aperta. Ma chi fu la mano della vendetta è ignoto. Holmes dichiara di averli trovati già morti. Nash voleva che ad ucciderli fosse lo stesso Holmes. Il caso è irrisolto. È stato tratto anche un film, Wonderland – Massacro a Hollywood con Val Kilmer, che non ho visto e che guarderò stasera.

Vita di John Holmes.
In mezzo a tutto questo Holmes racconta la sua vita, è la parte leggera e divertente del libro, almeno fino a quando non si ammala e muore nel 1988. Una vita di regali, film, occasioni, soldi. Ogni donna lo desidera, è un po’ attore un po’ gigolò di lusso. Tutte vogliono provarlo e lui si concede. Mogli ricche, star. Si parla di regali importanti come auto e appartamenti. È abbastanza chiara la dipendenza dal sesso, Holmes non ha freni, tromba sotto i riflettori per ore e continua nel tempo libero. Poi arriva l’Aids e lui si autodistrugge. Sceglie di morire il prima possibile, evitando tutti i consigli dei medici e sfondandosi di alcool, droga e sigarette (7 pacchetti al giorno).
Il film Boogie Nights – L’altra Hollywod, di Paul Thomas Anderson con Mark Wahlberg, è ispirato alla sua vita, se non l’hai visto te lo consiglio. Non è fedele ma è molto bello.

L’idea che mi sono fatto è quella di una persona bruciata dalla sua stessa fortuna, incapace di gestirla, e forse anche fondamentalmente buona. Holmes lascia casa presto da giovane, circondato da una serie di padri ubriaconi e violenti, ha quella che si potrebbe definire un’infanzia difficile. Però vuole molto bene alla madre e alla moglie. Più che un assassino mi sembra una vittima degli eventi, uno di quei personaggi che si mette nei casini senza accorgersene e che poi rimane fregato.
Un piccolo uomo con un cazzo enorme e, forse, come dice sua moglie, con un cuore ancora più grande.