Strano. Così strano che nella mia città di stronzi era programmato solo per una proiezione one shot, con tanto di dissertazione da salotto intellettuale con un criminologo allegato all’evento pseudoculturale. Ecco come si presenta questo Unsane di Steven Soderbergh.
Girato completamente con un Iphone 7 plus (ci si mette un po’ ad abituarsi), con un trailer fuorviante e un ambientazione al limite del credibile, Unsane può piacere o non piacere, ma difficilmente ti lascerà indifferente. A me è piaciuto.
La trama: Sawyer Valentini, vittima di uno stalker, si sposta in una città a 400 chilometri dalla sua, cambia amici, frequentazioni, lavoro. Però lei lo vede comunque, lo vedo ovunque. L’ossessione, quella psicologica, ha traslocato con lei. Decide quindi di sottoporsi a una visita con uno psicologo dove, vittima delle truffe assicurative, verrà internata per proteggerla da se stessa (sì, negli stati uniti esiste davvero questo tipo di meccanismo, controlla). E qui lui torna, davvero, non per finta.
Il trailer era costruito in modo da farti pensare che non fosse riconoscibile dove finisse l’ossessione e dove cominciasse la realtà, nel film, invece, dopo un quarto d’ora è tutto molto chiaro. Questo è forse un peccato ma, d’altra parte, così il regista si è potuto concentrare meglio sul fenomeno dei “trattamenti sociali obbligatori” all’americana e al problema dello stalking. Sono infatti questi i due temi principali trattati. E forse a fare più paura è il primo.
C’è una bella sequenza in cui vittima e carnefice sono rinchiusi in una cella d’isolamento e lo stalker passa in rassegna tutti i lati psicologici della sua patologia, tra pianti, rassicurazioni e scatti d’ira. Credo sia il momento migliore del film, da solo vale l’intera visione.
E c’è anche qualche scena con uno splatter appena accennato.
Finisco qui perché è tardi e ho sonno. E poi, siamo sinceri, purtroppo questo film non lo guarderà quasi nessuno. Roba da cineforum.