Sarò piuttosto breve nella recensione di questo film, poiché non necessita di molte parole.
La storia è basata sul libro Amando Pablo, odiando Escobar di Virginia Vallejo, giornalista televisiva amante del noto narcotrafficante colombiano e poi, in extremis, passata dalla parte dei “buoni”. Viene ripercorsa la vita di Escobar, dall’ascesa criminale negli anni Ottanta fino alla morte avvenuta nel 1993, passando attraverso la carriera politica, la presunta lotta per il popolo e la costante corruzione di tutto il sistema che lo circondava.
Come avrai già capito non siamo di fronte a un nuovo Scarface, niente di così emozionante. È un film che si lascia guardare, che riporta molti episodi (ma non tutti) della vita del criminale e invoglia chi, come me, non l’abbia ancora fatto a leggersi una buona biografia. Tutto qui. Se togliamo l’istrionismo di un Bardem imbolsito all’inverosimile non resta poi molto, insomma. La sensazione, alla fine, è che sia successo poco, che in un attimo si sia consumato tutto. E sì che di cose da dire ce ne sarebbero state, anche solo guardando wikipedia, la vita del trafficante sembra ben più articolata di quanto mostrato da Fernando León de Aranoa.
Ora mi cerchero davvero una biografia, così da approfondire l’argomento come si deve. Un dato su tutti (sempre da wiki): il cartello di Medellín, di cui Escobar era a capo, incassava 60 milioni di dollari al giorno. Escobar, secondo Forbes, era il settimo uomo più ricco del mondo.