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“Investire for dummies” di Massimo Intropido

Una premessa: d’ora in poi parlerò sul blog anche dei libri che leggerò riguardo a finanza e affini, ma lo farò in modo molto veloce. Non ho intenzione di tediarti con dettagli tecnici o consigli di investimento, vorrei fosse chiaro, non ne avrei nemmeno le capacità. Siccome, però, sto studiando questo settore per motivi personali, terrò una lista qui dei testi letti e un brevissimo riepilogo per quanto riguarda la soddisfazione nell’apprendimento, da neofita totale.

Investire for dummies mi è piaciuto, utile al 100%.
Ho una formazione in campo artistico, quindi di economia me ne intendo poco a livello “scolastico”. Anzi, siccome in Italia la preparazione sul tema è nulla, possiamo dire che non ne sappia proprio niente…
Questo volume descrive tutti i tipi di investimento, dai più semplici ai più complessi, utilizzando un linguaggio molto comprensibile (a prova di idiota, appunto). Azioni, obbligazioni, fondi d’investimento, criptovalute, polizze, ecc. spiegati in modo esaustivo. Sigle come ETF o CFD hanno finalmente smesso di essere dei concetti astratti e acquisito un significato.

Intropido utilizza lo stratagemmo del dialogo con un’aspirante investitrice per porre domande e dare risposte, chiarendo i dubbi più comuni. Molte di queste domande sono le stesse che avrei posto io: la cosa funziona.

C’è poi tutta una parte dedicata alla strategia d’investimento e a un minimo di analisi tecnica, l’ho apprezzata particolarmente. È un settore da approfondire, per quanto mi riguarda, quindi leggerò altro in merito. Ma, ripeto, funziona davvero bene l’elenco degli “strumenti” in mano all’investitore. Investire for dummies, in questo senso, potrebbe essere utilizzato come una sorta di bigino riassuntivo delle varie tipologie disponibili. Lo riprenderò in mano andando avanti con i miei studi, per ricordarmi cosa è (o cosa non è) quel particolare nome o sigla.

Ero scetttico sulla serie For dummies. Sbagliavo.

Libri che ho letto per accrescere le competenze finanziarie:
Padre ricco padre povero di Robert T. Kiyosaki (1997)
Investire for dummies di Massimo Intropido (2020)

“Padre Ricco Padre Povero” di Robert T. Kiyosaki

Eh, da dove iniziare…
Ho ripreso a studiare, sto pensando di investire qualche monetina (di questo si parla, come quantità) in azioni e quindi le mie serate “da sballo” trascorrono tra i libri di economia e di finanza. Niente di troppo tecnico o problematico, solo il necessario per colmare qualche lacuna. Tra le altre cose ho letto parecchi blog, ascoltato podcast, visto vari youtuber… insomma, le solite cose che si fanno oggi quando si inizia ad informarsi su un argomento.
C’è, però, un solo testo che tutti consigliano (ne consigliano molti, ma su uno solo sono tutti d’accordo), ritenuto la Bibbia del cambio di mentalità, l’inizio di qualsiasi percorso economico, il primo gradino di una scala di banconote che porta verso il deposito di Zio Paperone (ok, forse sto esagerando, ma il concetto credo sia chiaro) e questo testo è Padre Ricco Padre Povero di Robert T. Kiyosaki.
Ecco, l’ho letto.

L’autore racconta di essere stato cresciuto da due “padri” (uno naturale – l’altro padre di un suo amico). Il primo, “povero”, istruito secondo il canonico sistema scolastico e votato all’idea della carriera lavorativa da dipendente come sinonimo di sicurezza economica; il secondo, “ricco”, poco fiducioso nell’istruzione canonica, dotato di forte spirito imprenditoriale e sicuro che la scuola non prepari in alcun modo a saper gestire il denaro. Da queste due “fonti” arrivano diversi consigli, sempre in contrasto tra loro. Kiyosaki sceglie di seguire i consigli del padre ricco e diventa milionario, tanto che a 46 anni va in pensione, occupandosi solo di fare congressi per spiegare alle persone come si fa a “pensare da ricchi”.

Sì, lo so, detta così ricorda uno di quei libri dove in copertina c’è un tizio che si sventaglia con dei dollari e che ha un titolo come “I dieci trucchi che ti faranno diventare miliardario”. Eppure penso che Padre Ricco Padre Povero sia comunque un buon punto di partenza. Magari non per me – non del tutto, almeno – ma per molti (moltissimi) potrebbe esserlo.

A chi mi riferisco? A chi ha una mente per nulla puntata verso l’imprenditorialità. A chi spende quanto guadagna (è sufficiente guardarsi intorno, non sono pochi). A chi dopo un mese di pandemia – un esempio a caso – si trova in crisi perché la proprio attività è rimasta senza denaro. A chi fa seguire a un aumento di stipendio un modello nuovo di auto/cellulare/orologio. A chi, insomma, spende il denaro in cose/oggetti/esperienze passive (cioè, per semplificare, in cose che aumentano le uscite) e non lo reinveste con l’obiettivo di aumentare i propri ingressi.

Kiyosaki esprime un concetto abbastanza semplice: il povero e l’appartenente alla classe media comprano l’oggetto di lusso prima di avere i soldi per poterlo acquistare, in una costante gara con il vicino di casa; il ricco compra quando ha già il denaro in tasca.
È vero.
Per come la vedo io, sono poche le cose che hanno una giustificazione per essere rateizzate – probabilmente solo la casa e l’automobile – eppure viviamo in una società di persone “poco oculate” che comprano il telefono a rate o, peggio, vanno in vacanza pagando a rate. Questa è totale incapacità di amministrazione del denaro senza se e senza ma (se il denaro puoi accumularlo dopo, allora puoi accumularlo anche prima, e senza pagare interessi).

La mia lancetta è già puntata in uno stile di pensiero molto simile a quello di Kiyosaki, quindi il benificio tratto dalla lettura è stato ridotto. Mi rendo tuttavia conto di essere una mosca bianca, per cui mi sento di consigliare comunque la lettura a chi ha una visione diversa dalla mia, perché potrebbe essere utile.

E non preoccuparti, sto leggendo anche Ghost di Matheson, tra poco torniamo a parlare di narrativa…