Cupo. Questa è la prima cosa che mi viene in mente parlando di Distanza di sicurezza. La seconda a cui penso è una copertina totalmente azzeccata. Ti dirò, a me non piacciono le fotografie in copertina, preferisco i temi astratti o comunque qualsiasi cosa che non sia una riproduzione del reale. Eppure questa foto funziona, c’è un prato illuminato a giorno ma dietro, tra gli alberi, vedi il buio della notte. Il riflesso nell’acqua antistante poi è freddo, inquietante, come se quell’acqua potesse risucchiarti in una vuota oscurità. Insomma, in una foto sono condensate le emozioni che trasmette questo romanza di Samanta Schweblin, giovane scrittrice argentina.
Un po’ di trama, che ti piace, lo so.
Amanda è in un letto d’ospedale, non sa perché. Al suo fianco c’è un bambino, David, che le pone delle domande. Lei non lo vede, non è ancora del tutto sveglia. Amanda conosce la mamma di David, Carla, e la sua storia. Sa che David ha subito una contaminazione e che la madre è stata costretta a sottoporlo a un rituale per poterlo salvare. Un rituale paranormale, dove l’anima si scinde. Anche Amanda ha una figlia, Nina. Dov’è Nina? Che cos’ha in comune con David?
Mi fermo.
Distanza di sicurezza si legge tutto d’un fiato in un paio d’ore, sono circa 140 pagine a caratteri “generosi”. Il pregio principale è che sia scritto in un modo che non ti fa mai staccare gli occhi dal libro, anche solo per alzarti a bere un bicchiere d’acqua. Sei lì che dici: «Ok dai, mi fermo appena la situazione arriva a un momento morto». Solo che il momento morto non arriva mai, vivi l’ansia che vive Amanda, in attesa costante di sapere cosa sia successo a lei e alla figlia e a tutto quello che le circonda. L’angoscia, l’oscurità e l’insicurezza che pervadono la protagonista ti si attaccano addosso e non ti mollano fino alla fine. Fine dove non riesci comunque a trovare una via di fuga, una vera soluzione, e sei lì che ti chiedi se hai compreso tutto, se non ti sia sfuggito qualcosa e se questa sensazione sia voluta o meno. E forse devo ancora digerirlo questo romanzo, per capire se il senso di incompiutezza che ora ho addosso sia dovuto a una qualche mia insoddisfazione, riportata a galla dal libro, o alla precisa volontà dell’autrice di inquietarmi.