“A ovest di Roma” di John Fante

Di Fante avevo già letto i quattro romanzi che compongono la saga di Arturo Bandini, il cui più conosciuto è Chiedi alla polvere, grazie alla trasposizione filmica con Colin Farrell (che non ho visto). Conoscevo già il suo stile di scrittura, ma in qualche modo lo avevo dimenticato. Avevo dimenticato la tristezza poetica con cui descrive anche le situazioni più semplici, avevo dimenticato quanto mi piacesse.

Questo A ovest di Roma è stato pubblicato postumo, così come altri suoi libri, dalla moglie Joyce. Due racconti qui: uno lungo, Il mio cane Stupido, e uno corto, L’orgia. Ho preferito il primo, che è poi un breve romanzo, ma anche il secondo non mi è dispiaciuto. Entrambi parlano di contesti familiari scossi da un evento che non fa altro che portare alla luce problematiche già preesistenti.

Il linguaggio è quello di Fante, ironico, a volte volgare e crudo, incredibilmente moderno. Non è chiaro a che anni risalgano questi racconti, essendo postumi, ma ricordo che anche nel leggere Aspetta primavera, Bandini (1938) ero rimasto colpito dall’attualità espressiva, senza alcun filtro. La situazione non cambia nemmeno con questa raccolta.

Bukowski disse che Fante era il suo Dio, e questo dovrebbe bastare a convincerti a leggerlo, se ancora non l’hai fatto.

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