“Birdman” di Alejandro González Iñárritu

Nella mia città (che rimane sconosciuta per creare un alone di mistero intorno a chi scrive) Birdman è uscito solo in un piccolo cinema. Si, perchè abbiamo due o tre multisale da 10 schermi, ma la metà erano occupati da l’Italiano medio, che qualche imbecille vuole farmi passare per un nuovo stile comico-ricercato alla Monty Python (dai, dai, vai a cagare!).
Quindi mi sono diretto col cazzo girato ad assaporare il gusto retrò delle poltrone scomode, dei vecchi braccioli alla “guerra di gomito” e della inclinazione assente della platea, il chè significa che se hai davanti uno alto gli conti i bulbi piliferi. Naturalmente, a prezzo moderno, come se fossi alla Warner.
Attento però, non tutto è negativo. Le vagine secche che frequentano questi cinema sono infatti tanto impellicciate quanto silenziose. E’ gente che fa finta di apprezzare il Cinema (soprattutto dopo gli Oscar) e si comporta quindi come ritiene debba comportarsi un intenditore. Quindi niente caramelle o puttanate varie:
Cattiverrimo 1 – rompicazzo 0.

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Il film mi è piaciuto. Te lo dico subito perchè ultimamente sono stato sfigato nelle scelte e quindi sono felice (o non-triste dai, non allarghiamoci troppo). E mi spiego anche perchè sia piaciuto a molti. Birdman si presta a letture su più livelli, dalla superficie allo strato più profondo, così che anche chi non abbia gli strumenti (ossia chi è scemo) possa apprezzarlo come commedia senza scavarci tanto a fondo. Ero preoccupato di questo (falso) unico piano sequenza, che potesse risultare pesante, invece è davvero ben riuscito, ti porta maggiormente nel teatro dove si svolge l’azione, sembra di sentirne l’odore dei muri.

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I temi sono svariati e legati generalmente al mondo dell’arte:
• la trama semplice (quella che appunto tutti comprendono) che è godibile e divertente.
• la relazione tra l’essere famoso e l’avere talento nel fare il proprio mestiere (la giornalista/critica nel film dirà a Keaton una cosa che suona più o meno così: “tu non sei un attore, sei una celebrità, sono due cose diverse”).
• i Social Network (come creatori di celebrità appunto) che sono vittima e carnefice di chi non ha capito quale sia il loro utilizzo corretto, ossia quasi tutti.
• la capacità di riconoscere i propri limiti, e di accettarli o meno (questo è il mio preferito).

Trailer (attenzione, se qualche coglione pensa di andare a vedere il seguito di Batman, resterà deluso, non lo è).

Anche il finale del film (o i finali, perchè Iñárritu continua a proporci la FINE, ma c’è sempre una scena seguente) non ci offre grandi soluzioni. Qui occhio che spoilero di brutto quindi se non hai visto il film cavati dal cazzo.

Serie di domande a cui io non posso dare risposta:
– Keaton ottiene il successo nello spettacolo perchè è bravo? (lo spettacolo non lo vediamo)
– Keaton ottiene il successo perchè è diventato nuovamente famoso su youtube (alias Social) girando in mutande per la città?
– La Stone, che disprezzava Birdman, ora lo apprezza perchè è bravo o perchè si è piegato ai Social che lei ama?
– La giornalista si piega inconsapevolmente ad apprezzare una “nuova arte” solo perchè c’è un quasi morto in sala? E’ una critica all’arte moderna come priva di senso?
– Keaton accetta di essere solo Birdman?
– Norton è un vero attore che segue il metodo Stanislavskij o è solo un viziato?
– La vecchia snob che ho davanti, che cazzo avrà capito?

Iñárritu ti mostra sicuramente come l’arte sia un regno dove domina l’incertezza, la falsità e la soggettività insieme al vero talento.
Si pensa tanto, e questo mi piace. Sono un tipo fuori moda.

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